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Cosa si dice nell’isola di Guam delle minacce della Corea del Nord

Corea, Guam

Nell’isola di Guam, territorio americano sul Pacifico a 3.400 chilometri dalla penisola coreana, è stata distribuita una guida. Non illustra le bellezze del posto, peraltro numerose. La brochure è un manuale di sopravvivenza in caso di attacco nucleare. Con istruzioni come, ad esempio, ripararsi sotto la protezione di mura sufficientemente spesse da proteggere dalle radiazioni. Oppure, in caso si fosse sorpresi all’aperto, disporsi distesi, coprendosi la testa con le mani, evitando di guardare il tremendo bagliore dell’esplosione per non rimanere ciechi.

Gli abitanti di Guam hanno risposto con ammirevole distacco alle minacce nucleari della Corea del Nord. Nonostante tutto, hanno proseguito con le abitudini di sempre, andando al mare, splendido, o dilettandosi a cucinare sulla griglia. D’altro canto, ti diranno, che cosa puoi fare quando il tempo stimato perché un missile balistico lanciato da Pyongyang raggiunga l’isola è di 14 minuti? Il panico non serve.

Gli abitanti di Guam hanno una fiducia incrollabile nel governo degli Stati Uniti e nel loro presidente. Non so se facciano bene, di questi tempi. I ministri della difesa e degli esteri ieri hanno scritto un editoriale sul Washington Post in cui ribadiscono il messaggio più volte reiterato da Washington in questi mesi: opzioni militari sono previste per fronteggiare la minaccia rappresentata dal programma nucleare e missilistico del Nord. Tutti sanno, però, che un attacco americano sarebbe la miccia di innesco di una catastrofe mai vista. Che si abbatterebbe sui cittadini della Corea del Sud, ma anche sui pacifici abitanti di Guam.

Il problema, dal punto di vista dell’amministrazione Trump, è che molto presto – e forse già oggi – la Corea del Nord sarà in grado di colpire con armi nucleari anche il continente americano: Anchorage, Los Angeles, forse New York. Non c’è più tempo, dunque, e probabilmente nemmeno una soluzione. Siamo tutti aggrappati alla speranza che un barlume di ragione sia rimasto nella mente perversa di Kim Jong-un. Che il regime cederà alle pressioni diplomatiche, alle sanzioni, forse al timore di una sovversione interna. Gli occhi del mondo sono puntati su un paese la cui leadership, se possiamo definirla tale, ha scelto deliberatamente l’isolamento e le minacce alla Stranamore.

Distribuire guide di sopravvivenza, in queste circostanze, è il minimo sindacale. Dispensare pillole di saggezza sarebbe auspicabile, invece, per risparmiare al mondo questo incubo.

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