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Le Grand Monet

Un bagliore di luce su una roccia, uno specchio d’acqua frastagliato e quei fiori altissimi, bianchi, rossi, viola. L’occhio di Monet sapeva cogliere ogni movimento, ogni esplosione della Natura, dal batter d’ali fuggevole di un insetto alla luce crepuscolare che scivola via sulla facciata di una cattedrale. Non tralasciava neppure le città, metropoli nascenti, con i loro fumi, lo stridere dei treni nelle stazioni e l’umanità brulicante della Ville Lùmiere.

Le sue opere sono fotografie spirituali e al tempo stesso reali, immediate. Sono la rivoluzione, uno schiaffo ai dettami accademici, l’impulso ad un sentire autentico, il trionfo della luce e del colore. Siamo ancora oggi, nell’epoca che ha fatto della fotografia un mezzo di comunicazione quotidiano e di semplice utilizzo, abbagliati dalla sapienza con cui Claude Monet sia riuscito a rendere vivide ed efficaci le diverse sfumature di colore e di luce; il suo modo di immortalarle su una tela, nonostante il loro susseguirsi sia tanto rapido da vanificare ogni sforzo dell’occhio umano nel coglierle.

Negli ultimi anni della sua vita ha dipinto con estrema devozione quelle ninfee oggi tanto famose dall’essere diventate, anche per i profani della materia, il simbolo stesso dell’impressionismo.

Il prossimo ottobre a Roma, nello splendido scenario del Complesso del Vittoriano, avremmo la possibilità di ammirare circa sessanta opere del padre dell’impressionismo, provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi. L’esposizione, curata da Marianne Mathieu, sarà un tuffo nel percorso artistico e nella vita stessa dell’artista.

Verranno esposte le opere che Monet conservava nell’ultima dimora di Giverny e che il figlio Michel donò al museo; dai primi lavori, passando per i paesaggi urbani e agricoli di Parigi, Londra, Pourville, fino ai ritratti dei figli e alle tele consacrate agli amati fiori. Un viaggio intenso e coinvolgente nella mente e nel cuore di uno dei più grandi artisti del XIX secolo.

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