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Ricordando De Gasperi

Tra le diverse ragioni che ci inducono a commemorare De Gasperi (scomparso il 19 agosto 1954) e a fare tesoro del suo esempio appaiono particolarmente attuali due componenti del suo insegnamento: la sana passione politica ed il sogno di una Europa unita. Sul primo aspetto qualche tempo fa la figlia dello statista, Maria Romana, ha rilevato: “La storia recente del nostro Paese viene studiata poco nelle scuole. Ci siamo dimenticati della passione politica che avevano gli uomini come mio padre, la passione di costruire qualcosa di nuovo e che andrebbe trasferita ai nostri ragazzi. I giovani di oggi come quelli di ieri, sono sempre pronti all’entusiasmo, il nostro compito è quello di trasmetterglielo”. Non incoraggia questa sana esortazione tutta la foga antipolitica di oggi a cui si associano con toni demolitori presentatori televisivi, commentatori, formazioni politiche. La corruzione e la sprovvedutezza vanno sempre duramente combattute, specie in politica. Ma alla denuncia vanno anche aggiunti stimoli costruttivi perché, specie i giovani,  possano trovare un collegamento alle positive potenzialità che pure sussistono nella società ed anche nella  classe politica.

Quanto all’Europa,  niente di più lontano dai progetti di De Gasperi, Adenauer e Schuman si rivelano gli odierni egoismi e meschinità di cui si rendono protagonisti taluni paesi della UE. È inimmaginabile che ci si trinceri dietro interessi grettamente nazionalistici o che si attuino sgambetti tra partner europei dove invece occorrerebbe una costruttiva e comune linea di azione, come nei rapporti con la Libia. La speranza, che deve diventare stimolo per l’azione di tutti e specie dei giovani,  non può essere mortificata ma deve  riposare su una rinascita politica europea non accecata  dall’interesse nazionale immediato, dell’oggi, ma protesa, per il vantaggio di tutti,  verso  ampi orizzonti, come sollecitava De Gasperi.

Non sono mancati contatti con le Marche, per lo più mediati da uomini politici di estrazione picena. Uno di  questi fu Umberto Tupini, oriundo di Muccia, molto vicino ad Alcide De Gasperi,  e ministro dei lavori pubblici nel quarto e quinto governo dello statista trentino (1947-1950). Le Marche debbono molto della loro ricostruzione ai governi De Gasperi. E, proprio all’amico Alcide,  Tupini  ha dedicato un libro –  come ricorda in un  articolo del luglio 1992 Nello Ajello   (De Gasperi, una testimonianza, pagg. 307). Non è un saggio storico-politico. Si tratta, piuttosto, di una sorta di diario postumo per interposta persona.

La decennale confidenza con il leader democristiano – precisa Ajello – da un lato abbaglia ed “edifica” il giovane collaboratore marchigiano, dall’ altro gli fornisce una serie di indiscrezioni di prima mano (appunti manoscritti che De Gasperi gli lasciava alla fine di giornate faticose e a volte decisive,  registrazioni di sfoghi estemporanei) che integrano la biografia di un uomo tutt’ altro che espansivo. Alla domanda  di quello che, secondo lui,  fu un miracolo (politico) di De Gasperi, Tupini rispose: “Il modo in cui riuscì a portare l’Italia dalla monarchia alla repubblica. Senza traumi, senza spargimento di sangue. In quei giorni del giugno 1946 riuscì a diventare il fiduciario e il garante delle due fazioni politiche avverse.  Nenni gli chiedeva di assumere senz’ altro le funzioni di capo provvisorio dello Stato senza sentire neanche il re, rompendo ogni indugio, perché la Repubblica aveva vinto. Lui invece fu tollerante, quasi paterno, con il “re di maggio”. Finché non dové far valere il verdetto popolare.  ‘Riservate al Re il migliore aereo disponibile’  (per recarsi in esilio), ordinò De Gasperi  chiudendo una fase storica con espressione “energica e gentile”.

Ma la grande amicizia non faceva velo a De Gasperi per l’adozione delle decisioni più opportune per i Paese, anche se non fossero di gradimento di coloro cui era più legato. Il piano-case, ad esempio, noto come il famoso “Piano Fanfani”,  riguardava una immensa mobilitazione di risorse per opere pubbliche – documenta Augusto D’angelo nel volume “Fanfani e la casa” –  e veniva di fatto a collocarsi in un dicastero diverso dai Lavori pubblici (retto da Tupini) con la motivazione di essere stato elaborato per combattere la disoccupazione. Conflitti di competenze e forti contrapposizioni  incombevano. E Tupini, con l’appoggio peraltro di Merzagora, cercò in seno al Consiglio dei Ministri di far valere le sue ragioni. Ma la propensione del presidente De Gasperi fu  decisamente per Fanfani, ministro del lavoro. Puntualizza il verbale della seduta: “Il Presidente è del parere che i Lavori Pubblici abbiano  una procedura assai lenta. Non vuole ritardi e complicazioni in una iniziativa che deve essere dinamicissima”. Prevalse Fanfani. Per De Gasperi, l’interesse generale, veniva sempre prima degli “amici”.

Giorgio Girelli, Coordinatore Centro Studi Sociali “A. De Gasperi”

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