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Tutti i sassolini che Tajani e Letta si sono tolti dalle scarpe al Meeting di Rimini

Ci sono stati 60 minuti di applausi scroscianti per l’ex premier Enrico Letta e il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani al Meeting di Rimini. Due beniamini del movimento di Comunione e Liberazione (CL), vecchie conoscenze della convention riminese che da trent’anni attira il mondo politico nel capoluogo romagnolo. A differenza dell’incontro il giorno precedente con il premier Paolo Gentiloni, lunedì non una sola sedia è rimasta vuota quando Letta e Tajani (per lui è la nona volta) sono saliti sul palco, assieme al fondatore della Compagnia delle Opere Giorgio Vittadini, a raccontare le loro idee per riformare l’Europa dal basso.

COSA HA DETTO TAJANI

Niente toni “politically correct” nell’intervento di Tajani, che sembra non aver mandato giù le bordate tirate all’Europarlamento dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, quando il 4 luglio i deputati di Strasburgo hanno dato forfait alla seduta plenaria sull’emergenza migratoria. Dopo aver ricordato di essere alla guida dell’ “unica istituzione europea democraticamente eletta da tutti i cittadini”, a differenza dei “grigi uffici di Bruxelles”, che danno solo “norme spesso non di grande utilità”, ha avuto parole poco docili per la Commissione, pur senza citare mai il presidente lussemburghese. “Contano troppo certi funzionari di Bruxelles che prendono decisioni per conto non si sa di chi” ha rimarcato il forzista, “quando la politica è assente la burocrazia si trasforma in politica e non fa quello che deve fare, cioè mandare avanti in maniera efficiente la macchina”.

LE PROPOSTE

Poi la ricetta per riformare l’UE a partire dalle sfide più urgenti: terrorismo, immigrazione, lavoro. Quanto al primo, Tajani avanza la proposta di “una sorta di FBI europeo”, un servizio di intelligence condiviso fra i Paesi membri. Ma è una strada in salita, perché rimane la reticenza dei servizi segreti nazionali. “Ci sono troppe piccole gelosie: chi se ne importa se un segreto che detiene un servizio di intelligence di un Paese lo concede a un altro, sono piccinerie burocratiche”.

IUS SOLI E ONG 

Sul tema immigrazione, che “non possiamo risolvere con dieci motovedette”, ci hanno i pensato i giornalisti a punzecchiare Tajani nella conferenza stampa a lui dedicata (Letta ha preferito farsi un giro nel padiglione delle mostre). Sullo Ius soli spera di “arrivare a una normativa europea”, anche se in Italia è “prematuro affrontare il tema in questa stagione, in un clima da campagna elettorale”. Nessun dubbio invece sui buoni intenti che si celano dietro all’operato delle ong nel Mediterraneo. Il giudizio sul codice di Minniti invece, che pure ha contribuito allo stop temporaneo delle attività di alcune fra le ong, è positivo. Il berlusconiano è infatti certo che “vada nella giusta direzione, e i primi risultati lo confermano”.

I CASI FINCANTIERI E FCA

C’è stato tempo infine per rispolverare, raccogliendo un boato dalla platea, il tasto dolente per l’Italia del caso Stx-Fincantieri. “Sono stato critico sulla vicenda dei cantieri navali con la Francia” ammette Tajani, perché “abbiamo bisogno di campioni europei in grado di competere con i campioni cinesi e russi”. Critiche sono piovute anche sull’ipotesi, adombrata lunedì dal Financial Times, di un acquisto di FCA da parte dei cinesi di Great Wall Motors: “sarebbe un clamoroso errore politico, non possiamo cedere la più grande industria italiana ad altri”.

BAGNO DI FOLLA PER LETTA

Un vero bagno di folla anche per Enrico Letta, che in questi tre anni ha chiarito a più riprese di non voler tornare in politica e che pure non pochi ciellini vorrebbero rivedere in campo. Inizia dicendosi “felice di essere qui con Antonio”, e poi si accoda al presidente del Parlamento Europeo nell’appello a un’Europa decentralizzata, un’Europa “delle capitali e delle regioni” che venga “debrussellizzata”, perché “non funziona se c’è un unico centro”.

LE PAROLE DELL’EX PREMIER

L’intervento del decano di Sciences Po è sobrio: invita a lavorare per “un mondo con un ambiente pulito”, ispirato alla Laudato si’ di Bergoglio, “Il primo papa non europeo della storia che in questo tempo ci richiama alla responsabilità come europei”, piuttosto che un mondo dove “in cui le regole le fanno Trump e i cinesi”.

LE STILETTATE INDIRETTE A RENZI

Ma c’è spazio sul finire per una velata critica della gestione dei rapporti con Bruxelles da parte italiana nell’ultimo anno, e in particolare dell’approccio frontale di Matteo Renzi nei suoi ultimi mesi a Palazzo Chigi: “Io penso che sia il tempo di lasciare da parte le divisioni e i personalismi e scegliere la strada dell’unità. Non è questo il tempo di perseguire personalismi divisivi”.

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