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Gli 8 grandi mali del mondo del lavoro secondo padre Occhetta (Civiltà Cattolica)

“Come Chiesa stiamo lottando contro una cultura imperniata da otto grandi mali, che condizionano anche il mondo del lavoro: investimenti senza progettualità, finanza senza responsabilità, tenori di vita senza sobrietà, tecnica senza coscienza, politica senza società, rendite senza redistribuzione, crescita senza occupazione, risultati senza sacrificio”.

LA TAVOLA ROTONDA AL MEETING SU GIOVANI, LAVORO E DIGNITÀ

Con quest’analisi scandita per punti padre Francesco Occhetta (nella foto), firma de La Civiltà Cattolica, ha riscosso gli applausi del pubblico del Meeting di Rimini nel corso dell’incontro dedicato a “Giovani, lavoro e dignità della persona umana”, che si è svolto martedì 22 agosto. Occhetta ha denunciato un aumento di lavori disumani legati a caporalato, gioco d’azzardo, pornografia, tutti elementi “che umiliano la nostra dignità e aumentano il conflitto sociale”. Ma la Chiesa, ha spiegato il gesuita, per mano di Leone XIII ha fatto nascere la Dottrina sociale della Chiesa “proprio per difendere i lavoratori che non avevano voce”. E oggi un elemento di preoccupazione è dato dal fatto che “le aziende mancano della relazione spirituale, dell’idea che l’altro è sempre un punto di arrivo e mai l’uso e l’abuso dei miei interessi”.

L’INTERVENTO DEL GESUITA PADRE FRANCESCO OCCHETTA

I dati elencati dal gesuita parlano di una società in trasformazione ma soprattutto in difficoltà: “Il 65% dei lavori che faranno i nostri nipoti non esistono ancora, gli italiani emigrati all’estero sono 250 mila, su quattro lavoratori italiani tre sono pensionati, su dieci uno è immigrato. E di fronte al 40% di disoccupazione ci sono 258 mila giovani non assunti per mancanza di competenze fornite dalla scuola”. E anche se “per i giovani sono cambiate le categorie cognitive, sono creativi e flessibili, mentre per la nostra generazione il posto doveva essere sicuro”, uno dei problemi emergenti dello smart working è che “stanno nascendo lavori non tutelati”. “La nostra tradizione non è statalista, l’uomo diventa persona nella società, nella famiglia, in movimenti come il vostro – rivolgendosi al pubblico del Meeting-. Dove ci si conosce, ci si sopporta e si costruisce insieme il futuro. Sono le comunità l’antidoto alle spinte populistiche”.

LE DICHIARAZIONI DI MONS. SANTORO: “NON VOGLIAMO SCHIERARCI”

Nette le dichiarazioni dell’arcivescovo di Taranto Mons. Filippo Santoro, che oltre a lavoro, politica e giovani, ha parlato delle posizioni di CL, lanciando un invito a tutto il mondo cattolico: “Ciò che noi esattamente vogliamo è non schierarci di qua o di là, ma manifestare un’originalità che ci contraddistingue. Questa è la prima contestazione umana e politica”, ha affermato. “È necessario mettere insieme i vari soggetti del mondo cattolico non per farne un nuovo partito ma un elemento profetico in tutta la nostra società, che contesta, propone e fa andare avanti. Quindi un’origine recuperata nella nostra esperienza e rivissuta nell’oggi, nella guida dei movimenti del nostro presente, e che metta insieme le varie presenze”, ha aggiunto.

L’ARCIVESCOVO: “CATTOLICI E SINDACATI SIANO ORIGINALI RISPETTO AI PARTITI”

Rispondendo a una domanda sulle parole di Gentiloni al Meeting, Mons. Santoro si è soffermato sul “bisogno che i sindacati abbiano qualcosa di originale rispetto ai partiti: ci vuole un’altra origine, un punto di partenza, che è nella centralità del lavoro e nella sua qualità”. Che renda cioè possibile la ricerca delle “ragioni grandi della vita, per innestare una conversione culturale”. Il presule ha così raccontato di un suo invito rivolto alla Cisl “a riprendere in mano la propria origine, con le parrocchie, con i movimenti e le associazioni che curano e amano la persona”. Per questo “è importante farsi promotori di una conversione personale, che ha influsso in ogni gesto, e di conseguenza in quello del lavoro e della sua creazione, dando alle imprese un contesto più umano”.

L’ANALISI DEL SOCIOLOGO ED ECONOMISTA MAURO MAGATTI

Analisi condivisa dall’editorialista del Corriere della Sera Mauro Magatti, sociologo ed economista, che nel suo intervento ha spiegato che “l’Italia deve ripensare il lavoro in prospettiva storica, evitando il conflitto tra le generazioni e costruendo una nuova alleanza”, perché “siamo un paese che ha smesso di pensare al futuro, rinunciando all’idea che la ricchezza va prima creata”. Per l’economista infatti bisogna “fare investimenti produttivi scommettendo sulle persone, non vivendo a debito sulla ricchezza che già abbiamo”, e con “delle leggi, e con una fiscalità, che riconoscano la centralità di trasferire risorse a favore delle nuove generazioni”. Contro tutti gli altri utilizzi erronei che vengono fatti, perché “troppi estraggono risorse e pochi le mettono a disposizione”, ha concluso: “il lavoro non è tutto uguale, c’è buono e cattivo, che genera ricchezza o no. La sua quantità sta in relazione con la qualità”.

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