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Il devastante uragano Harvey è anche una prova politica per Trump

La furia dell’uragano Harvey non si ferma, e per le prossime ore si teme per le conseguenze dell’arrivo della perturbazione in Lousiana (New Orleans fu una delle città più colpite dal devastante Katrina nel 2005, ferita aperta davanti a certe situazioni, anche se i meteorologi dicono che l’intensità di Harvey sarà molto minore). Mentre è stato già firmato il decreto che dichiara in “stato d’emergenza” anche la Lousiana (dunque migliore accesso agli aiuti, e ai fondi, federali), oggi, martedì 29 agosto, il presidente Donald Trump sarà in Texas insieme alla First Lady, in un primo contatto on the ground per segnare la propria vicinanza alle vittime e ai soccorritori.

La visita è stata gestita in modo tale da non intralciare i soccorsi: Trump e Melania saranno a Corpus Christi e poi a Austin, ma non andranno a Houston, la zona più colpita – e colpita due volte, perché un giorno fa la tempesta sembrava aver rallentato, allontanandosi, per poi tornare indietro. La città più popolosa del Texas è circondata da un sistema di dighe su canalizzazioni antropiche per l’approvvigionamento irriguo: un bedrock perfetto per gli allagamenti.

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Grafico: Washington Post

Ci sono centinaia di abitazioni allagate, aree senza corrente elettrica, gran parte delle attività sono ferme, gli aeroporti chiusi. Una città isolata. Si stimano 30 mila sfollati – i morti accertati sono nove al momento, ma il numero è destinato ad aumentare e la paura è su ciò che il ritiro delle acque si lascerà dietro. Le condizioni meteorologiche rendono i soccorsi complicatissimi; non bastano i riservisti della Guardia nazionale chiamati dal governatore repubblicano Greg Abbott in soccorso.

Il National Weather Service stima che su Houston sia caduta in due giorni la quantità d’acqua che normalmente piove in un anno, una situazione “senza precedenti”, per citare la Fema, l’agenzia che gestisce le emergenze il cui capo ha dichiarato che “lo Stato del Texas sta per sottoporsi a una delle più grandi missioni di assistenza agli sfollati che la nazione abbia mai visto” (e ne ha stimati 450 mila). Il punto è che attualmente la scala dei danni è talmente alta, e in evoluzione, che è difficile misurarli, spiega il New York Times.

La catastrofe naturale si spalma sulla delicata presidenza Trump. Ricorda giustamente Mattia Ferraresi sul Foglio, che la gestione di Katrina “ha contribuito al declino finale della popolarità di George W. Bush quanto la guerra al Terrore”. Avrà imparato qualcosa dal suo predecessore? Si chiede il Christian Science Monitor.

Trump è impegnatissimo nel trasmettere fiducia alla popolazione – ciò che serve in questo momento, di fatto – e contemporaneamente nel passare tra la gente come il migliore dei leader davanti a situazioni del genere – che va tutto nell’ambito della continua campagna elettorale su cui il presidente ha impostato la sua azione di governo. Sembra in gara per chi ce l’ha più grosso, il disastro naturale: “Wow. Ora gli esperti stanno definendo #Harvey un’inondazione cinquecentennale! Abbiamo tutto lo sforzo in corso, stiamo andando bene!”, ha scritto in un tweet (i 500 anni sono un termine di paragone idrogeologico per definire le dimensione di un’alluvione).

Per il momento sta gestendo l’emergenza, e giocando bene le sue carte: cerca di far uscire all’esterno l’immagine di un commander-in-chief puntuale, che incoraggia i soccorritori e sottolinea la grande reazione delle popolazioni colpite. È un’occasione ottima per rinvigorire il consenso per una presidenza in perenne crisi, e per confutare coloro che continuano a incalzare la Casa Bianca con la tesi dell’inadeguatezza. Ancora però l’approval stalla: il 27, domenica, nonostante la pioggia di tweet, ha recuperato un solo punto dal minimo del 34 per cento segnato dal più matematico Gallup, mentre anche il più benevolo Rasmussen lo dà fermo sul suo fondo storico, al 42 per cento – il gradimento di Bush precipitò dopo Katrina, quello di Barack Obama fece lo stesso dopo il disastro petrolifero nel Golfo del Messico. Non è una lettura cinica, come fa notare Julia Pace dell’Associated Press: Harvey, oltre ai danni e alle lacrime, lascerà sul Texas un forte segnale politico.

(Foto: White House Photo, Trump a Camp David, durante una videoconferenza con i centri di soccorso locali)

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