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Perché la Banca Popolare di Bari non è la Popolare di Vicenza. Parla Boccia (Pd)

Non si possono mischiare le mele con le pere. E neppure le banche con “le banchette” sennò qualcuno si fa idee strane e pensa di andare a fare acquisti nel Mezzogiorno d’Italia. Francesco Boccia, deputato pugliese del Partito democratico, non ci sta a sentire accostamenti fra la Popolare di Bari e la Popolare di Vicenza oppure – e in questo caso ancor meno – Banca Etruria e Banca Marche.

NO A PARAGONI AZZARDATI TRA BANCHE E “BANCHETTE”

Nel momento in cui si riapre l’inchiesta su Popolare di Bari – per cui sono indagati tra gli altri il presidente Marco Jacobini e l’ex direttore generale Vincenzo De Bustis, come svelato dal quotidiano la Repubblica – il presidente della commissione Bilancio della Camera mette in guardia da chi fa paragoni “inappropriati”, peraltro alla vigilia dell’insediamento della commissione d’inchiesta sulle banche. “Quando si parla di aziende come gli istituti di credito si parla di aziende che non hanno un modello come le imprese ordinarie. Hanno un’autorità indipendente, Banca d’Italia, deputata al controllo tramite ispezioni per verificarne il funzionamento. Via Nazionale non si sostituisce alla magistratura ma ha strumenti che incidono anche sulla governance bancaria. Detto questo, non commento un’inchiesta. Bisogna invece aspettare che faccia il suo corso e che si esprimano coloro che hanno il diritto di difendersi”. Però, avverte Boccia, “puntare alla tenuta dell’azienda è scorretto, accostare la Popolare di Bari alla Popolare di Vicenza è di una gravità inaudita perché la Popolare di Bari è una banca solida mentre l’altra è stata saccheggiata e prima di essere acquisita da Intesa Sanpaolo veniva da una crisi lunghissima. A maggior ragione neppure si può accostare Bari alle quattro ‘banchette’ (ovvero Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti. Il riferimento è a Matteo Renzi che minimizzò i problemi di Etruria parlando di ‘due-tre banchette toscane’, ndr): si tratta di un paragone del tutto fuori luogo. La Popolare di Bari fino al 2014-2015 ha distribuito dividendi, poi è stata fatta l’acquisizione di Tercas con l’obbligo di una digestione immediata quando invece sarebbe servito più tempo e ciò ha provocato alcune fibrillazioni”.

NO ALLO SHOPPING AL SUD

Ora non c’è altro da fare, secondo Boccia: “Aspettiamo di capire se l’inchiesta riguarda anche la governance dell’istituto ma se nel frattempo si passa a una discussione astratta fino ad arrivare al parallelo Bari-Vicenza io – che sono un parlamentare pugliese – devo dire ‘occhio’ perché parliamo di una banca solida e gli acquirenti ci sono. E potrebbero farsi idee strane. Lo dico oggi per domani. Lo shopping al Sud è finito. Già abbiamo dovuto rinunciare al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia per la scellerata gestione che ne è stata fatta e anche a causa della classe politica che ne ha consentito la svendita”. Il timore, inoltre, è che nel frattempo si scateni il panico tra i risparmiatori e inizi la corsa allo sportello come accadde – ad esempio – con Monte dei Paschi.

LA RIFORMA DELLE POPOLARI

Su tutto aleggia la riforma delle popolari, fortemente voluta dal governo Renzi e fortemente contrastata da Boccia. “La riforma di fatto è completata ma c’è il problema del diritto di recesso per Credito Valtellinese e Popolare di Bari per cui tutto è nelle mani dei ricorsi, di cui aspettiamo l’esito. Io non avrei messo il sistema in questa situazione e avrei applicato l’obbligo di trasformazione solo per le popolari con attivo da 30 miliardi in su, secondo le regole Bce. L’ho ribadito varie volte ma sono sempre in minoranza nel mio partito”.

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