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Jim Bridenstine, chi è (e cosa pensa) il nuovo capo della Nasa nominato da Trump

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Un’altra nomina di Donald Trump a capo di una delle più importanti agenzie federali, un altro passo che nei prossimi giorni si trascinerà dietro una serie di polemiche. Jim Bridenstine, 42 anni, congressman repubblicano dell’Oklahoma con una carriera nell’aviazione militare alle spalle, il 2 settembre è stato nominato dalla nuova amministrazione a capo della NASA. La decisione di Trump non sarà però confermata prima di passare il vaglio del Senato, una platea la cui fedeltà il Tycoon, dopo la batosta dell’Obamacare repeal, non può più dare per scontata.

La scelta di Bridenstine ha già sollevato un polverone fra i democratici, che lo accusano di non avere esperienze in campo scientifico o all’interno dell’agenzia spaziale come i suoi predecessori. Di esperienza ne ha invece l’attuale amministratore, Robert Lightfoot, con una blasonatissima carriera nella NASA iniziata nel 1989. In un comunicato Lightfoot si è detto “compiaciuto di avere il senatore Bridenstine alla guida del nostro team” e di non veder l’ora di “assicurare una transizione morbida”.

Che sia tanto morbida è tutto da vedere, visto che Bridenstine non ha mai fatto mistero di voler cambiare radicalmente il volto della NASA. A partire dall’entrata dei privati nelle spedizioni spaziali, ma anche dalla riforma omnicomprensiva dell’agenzia, da lui proposta e non ancora passata al Congresso, l’”American Space Renaissance Act”.

C’è un’altra accusa bipartisan che grava sul prescelto di Trump: Jim Bridenstine sarebbe un negazionista del cambiamento climatico. Ne è convinto il senatore democratico Bill Nelson, secondo cui “il direttore della NASA dovrebbe essere un professionista dello spazio”. Ma anche il repubblicano Marco Rubio che, forse ancora avvelenato per le bordate di Bridenstine contro la sua candidatura alle presidenziali, ha garantito il suo no al Senato, perché “sarebbe devastante per il programma spaziale”.

L’ombra del negazionismo ambientale è caduta su Bridenstine dopo che nel 2013 ha duramente attaccato Obama per il suo programma di ricerca sul cambiamento climatico da 1 miliardo di dollari: “per questo enorme spreco, gli abitanti dell’Oklahoma si aspettano le scuse del presidente, e io ho intenzione di sottoporre una legge per risolverlo”.

Ma soprattutto dopo un’intervista del 2016 ad Aerospace America, quando ha tagliato corto sul riscaldamento globale: “Si il clima sta cambiando. È sempre cambiato. Ci sono stati tempi ben prima del motore a combustione in cui la Terra era molto più calda di adesso”. A discapito delle accuse, Bridenstine ha in più occasione dato prova di avere un pollice verde, ad esempio mostrandosi sensibile all’emergenza dei detriti nell’orbita terrestre, un problema “assolutamente enorme, che non può più essere ignorato”.

Per quanto privo di riconoscimenti in campo scientifico, il suo curriculum vitae è di tutto rispetto. Laureatosi alla Rice University e ottenuto un master alla prestigiosa Cornell University, è entrato nell’aviazione navale dove ha servito per 9 anni combattendo con un F-18 Hornet in Iraq e Afghanistan per un totale di 1900 ore di volo. Nel 2012 è divenuto tenente comandante della riserva della marina statunitense, coordinando le operazioni di volo in America centrale e meridionale contro il narcotraffico.

Lasciato l’esercito, diviene direttore del Museo e Planetario dell’aria e dello spazio di Tulsa. Sempre nel 2012 entra nel Congresso per il primo distretto dell’Oklahoma. Alle presidenziali del 2016 il suo primo endorsement è per Ted Cruz, ma fin da quando Trump viene designato come candidato repubblicano la sua fedeltà per l’attuale presidente non viene mai meno, neanche quando si deve schierare contro i compagni di partito. Twittava infatti il 12 ottobre contro lo speaker della Camera: “Data la portata di questa elezione, se Paul Ryan non è per Trump, allora io non sono per Paul Ryan”.

Con Trump condivide tutta una serie di battaglie: difende la prigione cubana di Guantanamo e la detenzione di armi da parte di privati, sbraita contro la risoluzione ONU contro lo Stato di Israele e contro i franchi tiratori repubblicani che tengono in vita l’Obamacare.

Passato l’esame del Senato, avrà via libera per i suoi piani di grandeur per la NASA. Tra i primi passi da n. 1 dell’agenzia spaziale ci sarà l’impegno per tornare sulla Luna, un vero chiodo fisso per Bridenstine, accantonando in parte le spedizioni su Marte dell’era Obama. Ma soprattutto dominerà l’agenda il coinvolgimento di compagnie private come Space X e Blue Origin nelle esplorazioni spaziali.

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