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L’unico sconfitto in Germania è Martin Schulz. Parla Veronica De Romanis

All’indomani delle elezioni in Germania, che hanno visto un notevole calo di consensi dei partiti di governo come la CDU di Angela Merkel e soprattutto la SPD di Martin Schulz, e un aumento vertiginoso dei voti dei liberali della FDP e degli ultraconservatori dell’AFD, Formiche.net ha chiesto a Veronica De Romanis, economista e biografa della Merkel, un bilancio sul voto e una previsione sull’impatto che avrà per l’Italia e per l’Europa.

Chi è il vero sconfitto delle elezioni in Germania?

La SPD. Perché ha avuto un crollo con il cambio della guardia e il nuovo candidato Martin Schulz. Il cosiddetto “effetto Schulz”, che aveva fatto recuperare i socialdemocratici nei sondaggi dal 20% al 30%, è durato molto poco.

Che errori ha commesso Schulz per registrare un risultato così deludente?

Prima di tutto Schulz era un candidato che non è mai stato nella scena politica nazionale perché è sempre stato in Europa. Poi ha sbagliato campagna elettorale, scegliendo un tema come la giustizia sociale che non ha molto interessato quelli che votano normalmente la CDU, a cui avrebbe dovuto strappare voti. Infine non è stato convincente quando ha parlato delle riforme del mercato del lavoro che il suo partito ha fatto negli anni 2000.

La sua SPD ha pagato il prezzo di aver supportato le politiche neo-liberali in Europa?

No, la SPD ha pagato perché la Merkel è stata bravissima a “cannibalizzare” i suoi avversari. Lo aveva già fatto con i liberali col suo secondo mandato e con la SPD durante il primo. Basti pensare che per alcune delle riforme volute in questi anni proprio dalla SPD come il salario minimo o i matrimoni gay è stata la Merkel a metterci la faccia, nonostante siano battaglie tipicamente dei socialdemocratici.

Arriviamo ad Angela Merkel e la sua CDU, che resta il primo partito ma con un calo dell’8,6%. La Cancelliera ha scontato il prezzo delle politiche sull’immigrazione?

Farei una premessa più generale: tutti i partiti di governo pagano. Lei sta al governo da 12 anni e aveva detto che questa sarebbe stata la campagna più difficile di sempre. È chiaro che nel 2015 ha sottovalutato la gestione di quasi un milione di siriani che sono arrivati e questo ha impaurito i tedeschi. Ma ha fatto valere i suoi valori, legati al suo passato sotto un regime comunista e al fatto di essere figlia di un pastore protestante.

È su questo terreno che il partito ultraconservatore dell’AFD le ha strappato voti?

I voti che sono andati alla AFD e molti di quelli guadagnati dalla CSU sono molto eterogenei. L’AFD nasce come partito anti-euro fondato da professori di economia, dunque quasi un partito borghese. Quando Merkel ha annunciato la politica delle porte aperte hanno capito che bisognava cavalcare quel malcontento e c’è stato un cambio della guardia: è arriva Frauke Petry e ha cominciato a premere contro gli immigrati. Nel momento in cui la Cancelliera ha aggiustato il tiro sull’immigrazione capendo il suo errore, c’è stato un terzo cambio ai vertici nell’AFD: è arrivata la coppia Gauland-Weidel con toni più xenofobi e anti-Islam.

Chi sono gli elettori che hanno votato AFD per protesta contro la Merkel?

L’AFD ha ottenuto oltre il 20% dei consensi nei land dell’ex DDR e fra gli elettori più avanzati nell’età. La strategia vincente dell’AFD è stata quella di usare il tema della crisi finanziaria prima e poi dell’immigrazione e del terrorismo come catalizzatori del malcontento. Gauland è un vecchio politico, la Weidel è una giovane manager, omosessuale dichiarata: sono stati bravi a offrire una ricetta per tutti, ma non esistono ricette semplici per problemi complessi come l’immigrazione, il terrorismo, le disuguaglianze sociali.

Quanto ha pesato il tema dell’austerity nella perdita di voti della CDU? Merkel è accusata di aver usato la manica larga con il Sud Europa?

Le politiche di austerity non sono decise dalla Merkel, sono rese inevitabili dai comportamenti dei governi nazionali. Si applicano delle regole che tutti noi abbiamo sottoscritto. Il partito della Merkel ha sempre votato i diversi pacchetti di salvataggio in questi anni, la posizione è sempre stata di solidarietà nella responsabilità. Il tema dell’austerity è stato scippato dai liberali, che ora dicono quel che all’epoca diceva il leader dell’AFD Bernd Lucke: “basta dare i soldi agli spendaccioni del Sud”.

Sembra che la coalizione più probabile sia la cosiddetta “Jamaica” con la CDU, i liberali e i verdi, partiti con notevoli divergenze programmatiche…

Sicuramente una coalizione così potrebbe essere complicata, lo vedremo da quanto tempo ci mettono a scrivere un programma di governo. Confido nella capacità di mediazione della Merkel, che ha già governato con i liberali nel 2009, cioè durante il mandato della crisi europea. Lì i liberali spesso votarono contro le misure di solidarietà ma la Merkel riuscì a trovare un compromesso.

Se i liberali entrano nel governo con la Merkel, l’Italia deve aspettarsi una Germania che chiede più austerity europea?

Se ci sarà un governo con i liberali la Merkel dovrà mediare con più difficoltà. L’Italia è il paese che ha ottenuto ad oggi più flessibilità fiscale. Ora il governo lo ha messo nero su bianco nella nota di aggiornamento: il disavanzo nostro è dell’1,6% invece che dell’1,2% come previsto nel Def di aprile. I liberali tedeschi non vogliono questo tipo di concessioni, ma è la Commissione che decide, non la Germania.

Con una coalizione di questo tipo c’è da aspettarsi l’uscita di Wolfgang Schäuble dalla scena politica?

Schäuble è uno dei più longevi politici tedeschi e il suo rapporto con la Merkel è molto solido, è prematuro rispondere sul suo futuro.

Se Schäuble si facesse da parte, ci sarebbe più spazio per le riforme europee chieste da Emmanuel Macron?

Dipende da cosa vogliono i liberali. Schäuble ha una visione diversa da Macron sul ministro delle Finanze unico, sulla trasformazione dell’Esm in un Fondo Monetario Europeo. Macron vuole un budget unico da subito, Schäuble ha una visione più tecnica e trova che la Commissione abbia avuto un ruolo troppo politico in questi anni. A mio parere ci sono riforme più importanti da terminare, come la garanzia unica dei depositi. Abbiamo fatto due pilastri dell’UE, ora manca l’unione bancaria.

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