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Perché è importante seguire i passaggi della riforma sanitaria americana

Domani, martedì 26 settembre, i due senatori repubblicani che si sono occupati di rivedere la riforma sanitaria renderanno pubblica la bozza definitiva e rivista della loro proposta. Ci sono state modifiche per renderla più digeribile a tutti in modo da ottenere l’agognata maggioranza in Senato. I senatori vivono mesi sensibili, a novembre del 2018 ci saranno le elezioni di conferma del mandato, e sanno che ogni genere di taglio o privazione percepita nei propri stati può significare voti in meno alle mid-term. A diversi congressisti della Camera alta non piacciono i contenuti tanto quanto il blitz last-minute per l’approvazione.

IL CONTEGGIO, AL MOMENTO

Per questo al momento la riforma con cui i conservatori intendono abolire l’Obamacare – secondo un mantra ripetuto da anni su cui l’attuale presidente Donald Trump ha giocato in campagna elettorale – si trova sul filo. I Rep hanno 52 seggi al Senato, possono far passare la riforma a maggioranza semplice fino al 30 settembre, e ad oggi, 25/09, possono contare su 50 voti ipotetici: si scrive “ipotetici” perché non è chiaro cosa faranno due senatrici decisive che già a luglio contribuirono con il loro “no” a seccare il voto su un’altra proposta di riforma sanitaria non troppo diversa dall’attuale. La revisione che i due promotori della legge, Lindsey Graham e Bill Cassidy, presenteranno domani si propone di concedere più fondi statali ad Alaska, Arizona, Kentucky e Maine, a fronte di una riduzione dei sussidi federali. La modifica è più politica che tecnica, perché da quegli stati vengono il super conservatore Rand Paul (Kentucky), il primo a opporsi pubblicamente alla riforma; Lisa Murkowski (Alaska) e Susan Collins (Maine), le due senatrici repubblicane ancora indecise, ma molto scettiche (a luglio avevano già votato contro la riforma); John McCain (Arizona), icona dei repubblicani che ha già detto che non voterà il decreto.

IL RUOLO, CENTRALE, DI MCCAIN

McCain la scorsa settimana è uscito pubblicamente contro la riforma che dovrebbe obliterare gran parte dell’Obamacare, e lo ha fatto in un momento in cui la sua figura è particolarmente apprezzata, e questo dà un valore aggiunto. A luglio è stato operato per un cancro al cervello, e con un recupero record ha permesso di portare la legge sanitaria al voto per poi votare contro platealmente, davanti a tutta l’aula e in pluri-diretta televisiva. Una mossa che gli ha fatto raccogliere anche il plauso dei democratici, anche se lui è considerato un falco repubblicano. McCain, che ha 81 anni, qualche giorno fa è stato intervistato da Jack Tapper (che conduce uno show molto seguito per la CNN) e ha lasciato una specie di messaggio di addio. Al giornalista che gli ha chiesto il modo in cui vorrebbe essere ricordato dagli americani, mentre scherzavano sul se quella sarebbe stata la sua ultima intervista, il senatore ha risposto di voler esser ricordato come uno che “ha servito il suo paese e non sempre ha fatto la cosa giusta. Ha fatto molti errori. Ha fatto molti errori, ma ha servito il suo paese. E spero che possano aggiungere con onore” – “Certamente con onore” ha risposto Tapper.

SE LA RIFORMA NON PASSA

Al momento il “no” alla riforma di McCain è considerato importante al punto che, è possibile, che i repubblicani decidano di non portare al voto in aula la legge. Attenzione: questa che si racconta non è una questione puramente politica o interna agli Stati Uniti. Se il Congresso fallisse sulla sanità, Trump si metterebbe in una posizione ancora più aspra rispetto al partito che lo ha sostenuto. Casa Bianca e Gop sono entità divise, e il presidente sta sfruttando la fase delle elezioni di metà mandato per cambiare il partito – andare contro l’establishment, anche dei repubblicani, è un suo classico claim – e appoggiare nella lotta all’interno dei singoli stati candidati outsider, di rottura, più allineati sulle sue visioni meno classiche della politica di desta americana. Questa situazione sta mandando in tilt i finanziatori repubblicani, che sono la macchina che dà movimento alla politica negli Stati Uniti e che ha in mano il potere. Cambiamenti nei conservatori significherebbero cambiamenti nel partito che appoggia il presidente e dunque cambiamenti nella linea politica generale dell’amministrazione, che soprattutto negli ultimi mesi è stata normalizzati da elementi interni che invece cercano di portare il presidente sul solco più classico del conservatorismo del Gop.

 

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