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Vi racconto che cosa (non) ha fatto Trump in 8 mesi. Parla l’economista Dominick Salvatore

Rispetto all’ultima conversazione con Formiche.net all’inizio dell’estate, Dominick Salvatore, economista di fama internazionale e professore della Fordham University, ha un tono diverso, disilluso, quando parla del presidente americano Donald Trump, una sua conoscenza personale. A latere della presentazione al Centro Studi Americani del rapporto di IsmeaL’America First di Trump“, gli abbiamo chiesto un bilancio di politica economica dei primi otto mesi di Trump alla Casa Bianca. Ecco la sua conversazione con Formiche.net.

Professor Salvatore, un bilancio dei primi otto mesi di politica economica della nuova amministrazione Usa. Trump è riuscito ad imporre il suo “America First”?

Purtroppo non è riuscito a far molto. Un po’ la colpa è sua. Un po’ è del partito che non l’ha appoggiato. Per sette anni il partito repubblicano ha detto che l’Obamacare andava cambiato perché era fatto molto male. Adesso che sono al potere, su 52 senatori 49 hanno votato si e 3 no. Se 50 avessero votato si, il voto del vicepresidente del Senato avrebbe permesso di ottenere la maggioranza.

Perché i repubblicani non sono riusciti ad affossare l’Obamacare di Obama?

I repubblicani non riescono a mettersi d’accordo. I democratici hanno fatto la riforma di Obama con 51 senatori senza dover interpellare nessuno. Jonathan Gruber, che ha fatto la riforma, è stato ripreso in tv senza saperlo mentre diceva “gli americani sono stupidi, faremo quello che vogliamo”. Quando Nancy Pelosi, la leader dei democratici alla Camera, gli ha chiesto: “Ma lei ha letto queste 2500 pagine”? Lui ha risposto: “No, le leggiamo dopo che l’abbiamo approvata”.

Saltato l’Obamacare repeal sono saltate anche le coperture per il resto delle riforme?

Diventa più difficile fare la riforma fiscale senza l’Obamacare repeal. Soprattutto per lo scoraggiamento: adesso Trump non può dire di aver fatto molto in otto mesi, la priorità era l’abrogazione dell’Obamacare e non ne è stato capace.

Per la riforma fiscale si voterà quest’autunno. Trump ce la fa ad abbassare la corporate tax al 15%?

Lui ci proverà. Potrebbe arrivare al 20-23%, anche perché la riforma sanitaria, che è strettamente legata a quella fiscale, non permette di andare oltre. Le coperture non si trovano perché ci sono più di 4 trilioni di dollari di profitti da investimenti americani che rimangono in Europa, e soprattutto in Irlanda dove l’aliquota è 12,5%.Con una corporate tax al 15% non tutto il capitale ritornerà, ma una gran parte.

Pensa ancora che le accuse di protezionismo a Trump siano esagerate?

Io credo che il protezionismo debba essere combattuto perché non ci permette di crescere nei settori in cui siamo all’avanguardia per creare alti salari e posti di lavoro. Trump non vuole seguire le regole del Wto perché secondo lui ci vuole troppo tempo per arrivare alle loro decisioni. Ma né lui né i suoi collaboratori ed economisti hanno capito una cosa.

Sarebbe?

Che il problema del deficit insostenibile degli Stati Uniti non dipende dal protezionismo altrui, ma dalle spese interne che eccedono il reddito e la produzione. Anche se il protezionismo altrui sparisse il deficit commerciale americano rimarrebbe finché gli Stati Uniti spendono più di quel che producono.

Perché allora Washington continua a usare il pugno duro con Pechino?

Perché la Cina trae vantaggio da benefici sleali e non rispetta nessuna delle regole. Il problema non è la moneta cinese, che adesso non è più svalutata. Il problema è che le grandi aziende cinesi sono quasi tutte para-governative, e quando devono competere riescono a prendere sottobanco sussidi dal 20% al 40% di cui nessuno sa nulla.

Che ostacoli incontrano gli investitori americani che fanno affari in Cina?

Prima di tutto, per crescere e vendere in Cina le aziende straniere devono fare delle joint ventures. Le imprese in concorrenza l’una con l’altra danno ai cinesi tutta la loro tecnologia gratis. Questo è sleale, le regole del Wto parlano chiaro: non puoi pretendere che io ti dia la mia tecnologia come condizione per farmi esportare.

Un esempio di aziende costrette a cedere know-how?

La Cina vuole produrre le automobili elettriche, ma non ha la tecnologia necessaria. Adesso Ford e Volkswagen vogliono investire in Cina, ma la condizione è che mettano a disposizione la loro tecnologia. Non accadrebbe se le multinazionali si mettessero d’accordo rifiutandosi di cedere la tecnologia e limitandosi a produrre in Cina, invece concorrono a vicenda e cedono tutto.

A proposito di commercio, l’amministrazione Trump sta per rinegoziare il North American Free Trade Agreement (Nafta). Adesso il Trans-Pacific Partnership (Tpp) rischia di tornare dalla finestra?

Si spera, perché quello è il più grave danno che Trump potesse fare. Prima che assumesse la presidenza mi hanno chiesto un parere sul Tpp e io ho risposto: “bisogna assolutamente firmare quel trattato”. La Cina inizialmente era esclusa dall’accordo, avremmo potuto stabilire le regole del gioco. La prima cosa che Trump ha fatto da presidente è stato disdirlo. Non che Trump debba ascoltare i miei suggerimenti, non ascolta comunque nessuno, è inutile parlare con lui.

E Trump cosa intende fare del Nafta?

Per quanto riguarda il Nafta, io facevo parte di quel trattato. Nel testo originale c’era scritto che dopo 20 anni l’accordo si sarebbe potuto rinegoziare. Il Messico era disposto a farlo, non era necessario che Trump minacciasse i messicani dicendo di voler abolire il Nafta. Vede, metà delle cose che dice Trump sono sbagliate, l’altra metà sono giuste ma le dice nel modo sbagliato. Ad ogni modo non lo abbandonerà, ci sarà una riforma del trattato.

E dell’accordo di Parigi sul clima? In questi giorni si parla di restare dentro dettando le condizioni..

Sull’accordo di Parigi qui in Europa vi raccontano cose incredibili. Vi dicono che la Cina può continuare a inquinare il doppio degli Stati Uniti e che saranno gli Stati Uniti a pagare per l’antinquinamento. Gli Usa hanno inquinato in passato e ora stanno riducendo le emissioni molto di più della Cina e di qualsiasi altro paese usando il gas, che inquina molto meno del carbone.

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