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Che cosa fa Macron per dividere i sindacati sullo sciopero contro la riforma del lavoro

Oggi il governo Macron affronterà il suo primo giorno di mobilitazione, organizzato dalla Cgt (Confédération générale du travail). L’oggetto è la riforma del lavoro: cinque ordinanze che promettono alle imprese maggiore flessibilità e che, secondo il premier Edouard Philippe, dovrebbero entrare in vigore da fine settembre. Prima della ratifica del presidente, il 22 settembre è prevista la presentazione in Consiglio dei ministri. Sarà una protesta dalle dimensioni incerte, alcune sigle sindacali sono rimaste fuori e Jean Luc Melenchon ha organizzato una manifestazione distinta, fra undici giorni.

CHI PARTECIPA ALLO SCIOPERO DELLA CGIL FRANCESE

Cgt marcerà con Solidaires, Fsu (Fédération Syndicale Unitaire, il maggiore sindacato della scuola), Unef (Union Nationale des Etudiants de France) e diverse organizzazioni giovanili, in tutta la Francia, per un totale di “oltre 180 manifestazioni” ha detto la scorsa domenica al Parisien il leader di Cgt, Philippe Martinez. Anche alcuni settori di Fo (Force Ouvrière), tra cui trasporti ed energia, e Cfe-Cgc (Confédération française de l’encadrement – Confédération générale des cadres, il sindacato dei quadri) si uniranno alla protesta, nonostante il rifiuto del Fo nazionale e di Cfdt (Confédération française démocratique du travail).

FUORI CFDT E FORZA OPERAIA

Rifiuto di peso, quello di Cfdt. Secondo Libération, a margine della consultazione organizzata sulla riforma del lavoro, Macron ha negoziato con i leader del Cfdt e di Fo, potente sindacato della pubblica amministrazione, per assicurarsi la loro neutralità e cercare di dividere i sindacati che marciavano uniti sin dalla scorsa estate, contro la legge El Khomri, il jobs act firmato Hollande. Pur non partecipando allo sciopero, la Cfdt – che la scorsa estate ha superato per iscritti il Cgt – ribadisce la sua forte contrarietà alla riforma. Il leader, Laurent Berger, lo scorso sabato ha avvertito che non si farà “strumentalizzare” da coloro che li credono “alleati facili, né da quelli che vorrebbero strumentalizzare il mondo del lavoro a fini politici”.

MELENCHON IN PIAZZA MA SENZA I SINDACATI

Dunque sindacati divisi. A questo si aggiunge la confusione sul piano politico. Cgt ha programmato un giorno supplementare di mobilitazione per il 21 settembre, due giorni prima della manifestazione di “France Insoumise” contro Macron e contro “l’”aggressione al Codice del lavoro”, che segna una “nuova tappa della regressione”, dice Jean-Luc Mélenchon. Il segretario della Cgt, Philippe Martinez, non sarà presente. Jean-Luc Mélenchon, che intende rappresentare l’opposizione di sinistra a Macron, dunque va avanti da solo e non sarà presente neppure alla Fête de l’Humanité del Pcf, a conferma della tensione crescente a sinistra. Intanto cresce l’imbarazzo del partito socialista, per aver fatto passare la legge El Khomri, di cui la riforma attuale rappresenta il seguito.

LOTTA DURA VIA TWITTER

Il clima, insomma, è tutt’altro che disteso. Lo scorso venerdì ad Atene, nel secondo giorno del viaggio di Stato in Grecia, Macron ha affermato la sua “assoluta determinazione” a non cedere nulla a “fannulloni, cinici ed estremisti”, frecciata che non è piaciuta agli alleati e ha inasprito gli avversari. “Di chi parla il presidente quando dice che non cederà ai fannulloni? Di milioni di disoccupati e precari?” ha detto Philippe Martinez. “Idioti, cinici e fanulloni, tutti in strada il 12 e 23 settembre!”, galvanizza Mélenchon su Twitter.

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