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Cosa ha stabilito la Bce per le banche fintech

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Non ci sarà alcun canale regolatorio preferenziale per le banche fintech. Anzi, potrebbero avere bisogno di capitali in più. Lo ha chiarito nei giorni scorsi la Bce pubblicando la «Guida per la verifica delle richieste di licenza bancaria provenienti da società del mondo fintech». Il documento riguarda solo le banche fintech, cioè i soggetti fintech la cui attivita` consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto. Si tratta quindi di soggetti che si classificano come enti creditizi, secondo l’articolo 4.1 del Regolamento Ue 575/2013.

Nella guida la Bce innanzitutto chiarisce che alle banche fintech si applicano gli stessi criteri previsti per le strutture tradizionali, in modo da mettere tutti i soggetti regolati sullo stesso piano. Inoltre l’autorità di vigilanza europea prende garbatamente le distanze dal settore, evidenziando alcuni rischi specifici delle banche fintech e segnalando quindi un maggior bisogno di capitalizzazione per fronteggiare presunte maggiori potenziali perdite e un maggior bisogno di liquidità.

È la seconda doccia fredda in tre giorni per le società fintech, dopo le parole pronunciate martedì dal direttore generale di Banca d’Italia Fabio Panetta in occasione dell’inaugurazione del Fintech District a Milano. Come riferito da MF-Milano Finanza, Panetta ha chiarito che «va garantita la parità di condizioni tra operatori tradizionali e nuovi per stimolare una concorrenza sana, basata sul principio secondo cui a rischi uguali si applicano norme uguali. In questo quadro una regolamentazione ad hoc per le fintech non risponderebbe a criteri di efficacia».

Alessandro Lerro, esperto di finanza alternativa, presidente dell’Associazione Italiana Equity Crowdfunding e cofondatore della neonata associazione AssoFintech, commentando il documento ha segnalando che «i criteri indicati dalla Bce per analizzare i rischi sono tipici della banca tradizionale e piuttosto lontani dai modelli che si vanno affermando nel fintech, caratterizzati dall’attenzione ai servizi più che agli impieghi. Peraltro anche le banche tradizionali fanno ampio uso di tecnologia, cloud e servizi in outsourcing e quindi fronteggiano i medesimi rischi delle nuove realtà imprenditoriali». Soprattutto, ha aggiunto Lerro, «il documento della Bce sembra ignorare le conclusioni del Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria, che ha chiaramente delineato nuovi ruoli per gli operatori finanziari disegnando profili quali quello della banca disintermediata o della banca distribuita, senza appiattire i modelli di business delle fintech a una banale evoluzione informatica della banca tradizionale».

La Bce sembra particolarmente preoccupata del fatto che l’avvio di una banca fintech possa fallire e quindi i correntisti devono essere salvaguardati sin dall’inizio, chiedendo alla start-up di dotarsi sin da subito dei capitali necessari a coprire le perdite. In sostanza, la start-up dovrà dimostrare alle autorità di vigilanza di essere dotata di sufficienti capitali a riserva per coprire le perdite fisiologiche legate al lancio del business nei primi tre anni di vita e in alcuni casi anche per coprire i costi relativi a un eventuale piano di uscita dal business che non imponga perdite ai depositanti ma venga tutto condotto attinendo ai fondi propri della banca fintech. A questo fine alle authority andrà fornito un piano industriale che dettagli tutte le perdite previste nei primi tre anni di vita e i flussi finanziari necessari a raggiungere il punto di break-even.

C’è poi la questione del rischio di fuga dei depositi; secondo la Bce, chi deposita risparmi online è per definizione un correntista meno fedele di quello della banca tradizionale e quindi più propenso a chiudere il conto web e riaprirne un altro online se trova una banca fintech concorrente che offre condizioni più interessanti. In sostanza, quindi, i depositi della banca fintech sono più volatili di quelli di una banca tradizionale e quindi la prima dovrebbe dotarsi di un cuscinetto di capitale in più per proteggersi dal rischio di liquidità.

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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