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Leonardo, ecco sfide e incognite per Finmeccanica tra Fincantieri e Fondo europeo per la Difesa

Leonardo è alle prese con due fronti caldi: dalla Francia e dalla Germania che alleandosi avrebbero la meglio nella spartizione delle risorse previste dal Fondo europeo per la Difesa, e nell’intesa appena siglata tra Fincantieri e Naval Group in Stx sul polo della cantieristica civile e militare. Ecco sfide e incognite del gruppo italiano presieduto da Gianni De Gennaro e guidato da Alessandro Profumo.

LE PREOCCUPAZIONI PER IL FONDO EUROPEO

Ad esprimere preoccupazioni per la decisione di Bruxelles di istituire un veicolo finanziabile con i soldi dei contribuenti per aumentare il livello di protezione dell’Ue sono stati sia i rappresentanti dell’Aiad, l’associazione delle imprese italiane dell’aerospazio che la settimana scorsa è stata ascoltata alla Camera dai deputati della commissione Difesa (qui lo speciale di Formiche.net), sia la commissione Difesa del Senato che ha redatto un documento in cui si sollevano alcuni dubbi. Il meccanismo del Fondo europeo per la Difesa prevede risorse con cui incentivare i finanziamenti nazionali, una dotazione complessiva pari a 500 milioni di euro per il 2019 e il 2020 e di 1 miliardo all’anno per gli anni a seguire.  Secondo Guido Crosetto, presidente di Aiad, una Difesa comune europea “rischia di parlare, visti gli attuali rapporti di forza e visti gli accordi già intercorsi tra Macron e la Merkel, più che altro francese o tedesco. E se le grandi aziende italiane avranno delle difficoltà, ne risentiranno anche quelle piccole, legate inevitabilmente agli affari delle sorelle maggiori”. L’ex sottosegretario alla Difesa nel governo Berlusconi IV ha espresso il timore per “una razionalizzazione dell’industria europea, perché significa sostanzialmente ridurre il numero di prodotti e conseguentemente di produttori, e, se non governata in modo forte da un sistema Paese determinato, rischia di fare della nostra industria di settore il vaso di coccio”.

La commissione Difesa del Senato si è concentrata sull’aspetto del regolamento che istituisce il Fondo e che fissa una soglia minima di due Stati, per un totale di tre aziende coinvolte, al fine di erogare i fondi. Come ha spiegato Gianluca Zapponini su Formiche.net “questo significa che se per esempio Francia e Germania dovessero proporre progetti più convincenti, ciò basterebbe a far prendere alle risorse la strada di Berlino e Parigi. Con l’Italia e dunque il gruppo Leonardo (ex Finmeccanica) presieduto da Gianni De Gennaro e guidato dall’ad, Alessandro Profumo, tagliato fuori”. L’ipotesi, più che plausibile visto che la spesa militare dei due Paesi supera di gran lunga quella italiana, ha portato il Senato a chiedere all’Ue che “il numero minimo di Stati membri partecipanti richiesto per accedere ai finanziamenti del Fondo sia innalzato a tre”.

E poi c’è la questione del capitale. Potranno accedere alle risorse le società dell’aerospazio partecipate da soggetti europei (in molti casi lo Stato) con una quota pari o maggiore al 50%. La commissione Difesa del Senato ha chiesto però di rivedere questo parametro per “fornire maggiore tutela alle aziende ad azionariato diffuso ma controllate da soggetti europei (anche con quote inferiori al 50%)”, come nel caso di Leonardo, controllata al 30% dal Tesoro.

LA PARTITA ITALIA FRANCIA

Numerose preoccupazioni rimangono sul ruolo che il gruppo presieduto da De Gennaro avrà nell’intesa appena siglata tra Fincantieri e Naval Group in Stx sul polo della cantieristica civile e militare. In un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, Pier Francesco Guarguaglini, per tre anni ad di Fincantieri e per nove a capo di Finmeccanica, ha consigliato al governo e all’ad Alessandro Profumo di far in modo che Fincantieri “diventi azionista di certe attività di Leonardo”, permettendo così all’ex Finmeccanica di entrare nell’accordo. Il motivo è il seguente: “I due governi di Roma e Parigi hanno istituito un tavolo per arrivare entro il prossimo giungo a un’alleanza per le navi militari. Da parte francese partecipa la Naval Group, partecipata per un terzo dalla Thales, omologa della nostra Leonardo. Da parte italiana c’è Fincantieri, che fa solo gli scafi, ma non Leonardo”, ha detto l’ex numero uno del Gruppo di piazza Monte Grappa. Prevedendo che l’ex Finmeccanica possa restare fuori dalle forniture che riguardano i sistemi navali e terrestri Guarguaglini ha dichiarato: “Ci sarà una fortissima pressione dei francesi per mettere su queste navi armamenti ed elettronica francesi, tagliano fuori l’industria italiana, non solo Leonardo ma anche decine di aziende dell’indotto”.

“Leonardo-Finmeccanica rischia di essere invischiata con una posizione di debolezza”, ha spiegato Nicolò Tivoli su Formiche.net. “Francia ed Italia sono ferocemente competitive fra loro: i transalpini con Thales e gli italiani con Leonardo-Finmeccanica che offrono prodotti in forte competizione fra loro”. Tivoli ha ricordato inoltre che “la Francia, fra gli Stati europei, ha sempre voluto mantenere una posizione isolata, molto distante da quell’idea di industria europea della difesa di cui ogni tanto si parla. Ne è testimonianza ad esempio il progetto Eurofighter, che coinvolge solo Italia, Germania, Inghilterra e Spagna”.

Sul fatto che dell’azienda italiana della difesa non ci sia traccia nella scrittura finale degli accordi di Lione, una fonte vicina al dossier ha spiegato a Formiche.net che non era la sede e il momento di indicare il gruppo di Piazza Monte Grappa. Per una fonte del settore la Difesa e il gruppo di piazza Monte Grappa hanno preferito che non venisse indicata viste le perplessità che si nutrono in ambienti militari.

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