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Cosa pensano le imprese del referendum sull’autonomia in Lombardia e Veneto

Domenica prossima i cittadini di Lombardia e Veneto saranno chiamati alle urne per il referendum sull’autonomia. Un voto meramente consultivo che però servirà a tastare il terreno su un tema da sempre molto sentito nel Nord Italia. Specie dal mondo degli imprenditori tra i quali è maggiormente diffuso un sentimento di disagio nei confronti dello Stato centrale e delle sue inefficienze e lungaggini. “Tra le aziende c’è grande interesse per questa consultazione“, dice in questa conversazione con Formiche.net l’ex amministratore delegato di Ibm Italia e attuale vicepresidente di Be Pooler Nicola Ciniero che in queste settimane si sta spendendo in prima persona affinché prevalgano i Sì.

IL TOUR DI CINIERO

Come testimonial della regione Lombardia sul referendum, Ciniero ha raccontato di aver visitato finora 72 imprese e di aver incontrato 2500 tra dirigenti e quadri d’impresa per spiegare nel dettaglio cosa prevede il referendum e perché, a suo avviso, è fondamentale che la proposta ottenga la maggioranza dei voti dei cittadini. “Non c’entra niente con quanto sta accadendo in Catalogna: qui la questione è esclusivamente fiscale e, soprattutto, si tratta di una consultazione ammessa dalla Consulta che mira a rendere più effettivo quanto già disposto dalla Costituzione“, ha spiegato in apertura di intervista Ciniero. Che ha ribadito in più di un’occasione come il referendum attenga a questioni economiche le quali nulla hanno a che vedere con il tema della sovranità sollevato invece da Barcellona.

PERCHE’ SI’

Motivo per cui – ha osservato Ciniero – gli imprenditori nella maggior parte dei casi si stanno dimostrando assai interessati all’argomento, se non direttamente dichiarando pronti a votare sì: “Nella maggior parte dei casi le imprese lo vedono come uno strumento per rendere il sistema più veloce, dinamico e pronto a rispondere alle richieste e sollecitazioni che arrivano dal mondo produttivo“. Cui aggiungere la questione fiscale, per far sì che la ricchezza prodotta in Lombardia e Veneto sia spesa sempre di più nei territori di provenienza. Ma è la lentezza delle decisioni e delle procedure a livello centrale il problema più avvertito: “Per portare avanti un progetto ci vogliono mesi se non addirittura anni. Con più autonomia potrebbero invece occuparsene direttamente le regioni con una tempistica molto più accelerata“.

PROPAGANDA O CAMBIAMENTO REALE?

Trattandosi, però, di un referendum consultivo, la domanda sorge spontanea: l’eventuale vittoria dei Sì cambierà effettivamente qualcosa oppure si tratta, in fin dei conti, di una consultazione di carattere sostanzialmente propagandistico? “Capisco l’obiezione ma sarebbe un segnale molto importante che i cittadini si pronunciassero positivamente“, risponde Ciniero. Che poi ha ricordato come l’eventuale voto favorevole servirà, in particolare, a rendere più stringente la richiesta di maggiore autonomia che le regioni già possono formulare ai sensi dell’articolo 116 ultimo comma della Costituzione. Il quale prevede che in determinate materie possano essere attribuite con una legge dello Stato ulteriori forme di autonomia alle regioni che ne facciano apposita richiesta: “Ma negli ultimi dieci anni, ad esempio, la Lombardia ha già chiesto per tre volte più autonomia senza, però, che arrivasse neppure una risposta dallo Stato“. In questo senso, dunque, il Sì dei cittadini servirebbe a dare maggiore potere negoziale alle rispettive regioni nella richiesta di più poteri su specifiche materie.

IL FRONTE DEL SI’

Un referendum che, almeno politicamente parlando, è sembrato essere in qualche modo disinnescato o comunque smorzato dall’ampia convergenza sul Sì registratasi nelle ultime settimane. Sì, Matteo Renzi lo ha definito inutile ma è pur vero che molti esponenti di primo piano del Partito Democratico si stiano invece dichiarando a favore. E’ il caso, ad esempio, del sindaco di Milano Beppe Sala e di quello di Bergamo Giorgio Gori che si accinge, peraltro, a candidarsi la prossima primavera a governatore della Lombardia. Con la conseguenza che il referendum – voluto all’inizio soprattutto dalla Lega e, nello specifico, da Luca Zaia e Roberto Maroni – sia sostenuto oggi da un ampio fronte che comprende tutto il centrodestra, ampi pezzi del centrosinistra e, forse, pure il MoVimento 5 Stelle. “E’ un fatto che ritengo positivo“, ha tagliato corto Ciniero, per il quale a contare sono invece le motivazioni della consultazione e il risultato che potrà scaturirne.

PIU’ STATO O PIU’ AUTONOMIA?

D’altro canto si deve anche ricordare che, neppure un anno fa, gli italiani furono chiamati alle urne per il referendum sulla riforma costituzionale, la quale prevedeva, tra le altre cose, anche la riduzione degli spazi di autonomia delle regioni e il riassorbimento da parte dello Stato di tutta una serie di competenze: “Dal mio punto di vista quell’impostazione era completamente sbagliata: oggi sappiamo con certezza che in molti casi il potere centrale non è in grado di intervenire tempestivamente, soprattutto in presenza di decisioni di carattere economico da assumere in modo immediato“.

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