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Cerberus, che cosa fa il fondo Usa che punta su Alitalia

Chi salverà Alitalia? Secondo il Financial Times, alla fine a vincere la corsa, anche se al momento fuori gara perché non ha presentato un’offerta vincolante, potrebbe essere Cerberus Capital Management, una delle maggiori case di investimento al mondo (in Europa è il managing director è Emanuele Rosetti Zannoni, nella foto). Per la precisione un private equity, fondato nel 1992 e specializzato in investimenti distressed, ovvero nell’acquisto – al fine di ristruttararle e rivenderle sul mercato rivalutate – aziende in difficoltà o sull’orlo del fallimento, da cui tutti si tengono alla larga. Una descrizione in cui Alitalia rientra perfettamente.

I PRECEDENTI

Non si può dire che a Cerberus manchi il coraggio: come quello che la portò a comprare Chrysler e GMAC, il braccio finanziario di General Motors, quando erano al picco, per dirne una – una esperienza fallimentare, anche se per un periodo l’opinione pubblica Usa sperava che fosse il private equity a salvare Detroit.
Cerberus e le sue affiliate gestiscono oltre 30 miliardi di dollari, che arrivano per lo più da fondi istituzionali, fondi pensione e compagnie di assicurazione, family offices, fondi sovrani e high net worth individuals.

I DETTAGLI

L’headquarter è basato a New York, ma Cerberus ha sedi in tutti gli Stati degli Usa, in Europa e Asia. In Cerberus lavorano come presidente di Cerberus Global Investments, l’ex vice presidente degli Usa, il repubblicano Dan Quayle, e l’ex segretario del Tesoro John W. Snow presidente della capogruppo. Insieme a 150 professionisti, tutti con una storia media di almeno un decennio. Professionisti che arrivano dal mondo del top management, non semplicemente investitori.

LA PARABOLA DI FEINBERG

Una squadra molto singolare, come singolare è il profilo e la storia di Stephen A. Feinberg cofondatore, insieme a William L. Ritcher, e CEO del gruppo. Cresciuto nel Bronx e poi a Spring Valley in una famiglia ebrea americana, papà venditore di acciaio, si è laureato in politica a Princeton nel 1982 e, dopo aver lavorato in due case di investimenti, Drexel Burnham Lambert e Gruntal & Co., a 32 anni ha fondato la sua. Un uomo molto riservato, un anti Gordon Gekko, come viene definito nella prima e probabilmente unica intervista on the record che abbia rilasciato, senza consentire di farsi fotografare, al New York Times. In cui afferma che avrebbe potuto vivere anche in una piccola città e che si sarebbe sentito più a suo agio in una scuola pubblica. Un personaggio strano, che ha fatto campagna elettorale per Donald Trump, donando 1,5 milioni tra settembre e novembre 2016, e che è stato consigliere economico del presidente magnate quando era candidato.

I RAPPORTI CON TRUMP 

Lo scorso febbraio, secondo quanto riportato dal New York Times e ripreso anche dai giornali italiani come Il Sole 24 ore, Donald Trump lo scelse per dare un un nuovo assetto alle agenzie governative statunitensi, Cia, Nsa e Fbi. Un manager della sicurezza che come unica competenza sul tema poteva vantare la quota di partecipazione in Freedom Group, “il produttore di armi da cui Cerberus è uscito quando si è saputo che aveva prodotto il fucile d’assalto Bushmaster usato per la strage del 14 dicembre 2012 alla Sandy Hook School di Newton nel Connecticut”, riporta il Sole. In realtà a febbraio 2017, secondo un’altra fonte, Cerberus contrariamente a quanto dichiarato ufficialmente sarebbe stata ancora investita nella fabbrica di armi.

COSA VUOLE DI ALITALIA

Ma vediamo i dettagli dell’interessamento di Feinberg e del suo fondo per la compagnia di bandiera italiana. Secondo Il Corriere, “Cerberus avrebbe ribadito il suo interesse per l’acquisto dell’ex compagnia di bandiera, pur non essendo tra i sette soggetti che hanno presentato una formale e vincolante proposta, come prevede la procedura gestita dai tre commissari nominati dal governo”. Il fondo era entrato in gara fin dall’inizio per poi uscirne per via di termini troppo restrittivi. Poi è tornato in pista perché sarebbe interessato a comprare l’intera Alitalia, mentre altre offerte, come quelle di Lufthansa e Easy Jet prevedevano uno spezzatino non gradito al governo italiano.

I CONCORRENTI

Ma questo interessamento si finalizzerà in un acquisto solo se “la gara tra i sette dovesse fallire, cioè se i commissari ritenessero inadeguate tutte le offerte vincolanti presentate; oppure se il fondo si unisse, strada facendo, a uno dei sette concorrenti. Va infine ricordato che Cerberus pone due condizioni per concretizzare il suo interessamento ad Alitalia: che ci sia una ristrutturazione della compagnia e che ci sia una partecipazione dello Stato nel capitale”. In quel caso, scrive Repubblica, sul piatto ci sarebbero “tra i 100 e i 400 per il quotidiano inglese, per ottenere il controllo di tutto il business, sia le attività di volo che quelle di terra a patto di poter avviare una “ristrutturazione” seria di tutto il perimetro societario”. E vendere per monetizzare, com’è nella natura di un fondo speculativo.

NEL MIRINO DEGLI AMERICANI
Nel settore aeronautico, Cerberus ha già partecipato alla ristrutturazione di Air Canada – tagliando il 24% dei dipendenti ha rimesso in ordine i conti e ridotto il debito da 13 a 5 miliardi – e alla gara per la privatizzazione della portoghese Tap. Mentre guarda all’Italia soprattutto per gli NPL di cui sono ancora gonfie le nostre banche: è in lista per rilevare il portafoglio da 10,3 miliardi di mutui e rate non pagate di Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti, Cariferrara e guarda alle sofferenze anche di Intesa Sanpaolo, Bpm e Carige.

LO SCENARIO ALITALIA

Di Alitalia Cerberus può acquisire il 49% e il suo progetto prevede il coinvolgimento dei dipendenti nell’azionariato e anche la permanenza dello Stato, con l’obiettivo finale di salvare la compagnia e i posti di lavoro. Ma il governo ha rimandato ad aprile, al nuovo esecutivo la decisione. Concedendo intanto ad Alitalia altri 300 milioni oltre ai 600 del prestito ponte per arrivare senza problemi alla scadenza.

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