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Che cosa resterà (purtroppo) della guerra di Matteo Renzi a Ignazio Visco

Dove porta la guerra dei due Mattei (Renzi e Orfini) contro Ignazio Visco e Banca d’Italia? In un vicolo cieco. Poco, ma sicuro. Comprensibile è lo scorno appena subito, visto che il governatore è stato confermato. Ma francamente si poteva evitare di teorizzare che la decorrenza del nuovo incarico dovesse essere retrodata per toglierselo di torno, nel più breve tempo possibile. Ancora una volta si sono confusi i piani: quello personale con i profili istituzionali. Vecchio vizio, che ha segnato l’intera vicenda fin dai suoi inizi.

Era giustificato? Non si direbbe, considerando le posizioni assunte dall’Istituto. Era stato lo stesso Ignazio Visco, nelle sue ultime Considerazioni generali, all’assemblea dello scorso maggio, a fornire un formidabile avallo alle tesi del segretario del Pd, nella sua critica nei confronti dell’Europa. Certo nessun attacco a testa bassa, ma spesso la coerenza interna del ragionamento può fare più male di qualsiasi aggressione. “Dal 2008 -aveva detto – l’incremento del rapporto tra debito e Pil è stato essenzialmente determinato dalla dinamica sfavorevole di quest’ultimo. Se il prodotto fosse cresciuto in termini reali al tasso medio, pur contenuto, degli anni compresi tra l’avvio dell’Unione economica e monetaria e l’inizio della crisi finanziaria e se l’aumento del deflatore fosse stato in linea con l’obiettivo di inflazione della Bce, per il solo effetto di un denominatore più elevato il rapporto tra debito e prodotto sarebbe oggi analogo a quello del 2007″.

Decriptato, il ragionamento risulta abbastanza evidente: le politiche di austerità, a causa del Fiscal compact, non solo hanno depresso l’economia italiana, ma aggravato tutti i problemi della finanza pubblica. A partire dal rapporto debito-Pil. Non c’era, quindi, ragione per un’ostilità così forte e determinata. Se non per cavalcare un po’ di populismo a favore dei risparmiatori coinvolti nel crack delle banche. Sempre che Renzi non avesse in testa un proprio candidato alla carica di governatore. Un outsider, fuori dal perimetro di Via Nazionale. Un sospetto che spiegherebbe la dura reazione del presidente della Repubblica. Comunque un calcolo sbagliato.

All’indomani di questa vicenda, restano, comunque, solo macerie. Ignazio Visco tornerà a sedersi sullo scranno più alto di Palazzo Koch. Resterà, tuttavia, segnato, nel corpo e nello spirito, da questa battaglia. Un prezzo che l’Italia pagherà a livello internazionale. Specie quando si tratterà di discutere, in Europa, delle nuove regole sulla governance bancaria e in particolare del regime dei non performing loan.

Questo significa forse assolvere la Vigilanza della Banca? Non è nostra intenzione. Tanto più che è lo stesso responsabile, Carmelo Barbagallo, a metterne in luce alcune criticità. Ma su questo punto occorre essere chiari. Non dimenticando che le Sparkassen – le casse di risparmio tedesche – per volontà di Angela Merkel sono state poste al riparo dai rigori della Vigilanza europea. Quindi tutto il mondo è Paese. Una cosa, tuttavia, si può fare. Obbligare anche i responsabili della Vigilanza a un periodo sabbatico, prima di essere assunti presso il resto del sistema bancario in posti apicali.

Il principio vale per gli esponenti di governo. A maggior ragione dovrebbe applicarsi per le banche, al fine di eliminare il sospetto di possibili collusioni. Considerato che sono proprio i banchieri che rischiano di produrre, per un numero più o meno elevato di risparmiatori, i danni maggiori.

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