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Tutti i dettagli sulle accuse di corruzione contro Airbus

Fondi neri, corruzione e frode. Sono queste le accuse che, ormai da mesi, piovono da mezza Europa su Airbus, il colosso franco-tedesco dell’aviazione civile e militare. La scorsa settimana, in una lettera ai dipendenti riportata dalla Reuters, il ceo Tom Enders (in foto) ha preannunciato “tempi duri” legati alle “possibili pesanti conseguenze, incluse consistenti multe per l’azienda”, che potrebbero derivare dalle diverse inchieste aperte. Secondo la stampa, le sanzioni potrebbero arrivare a 1 miliardo di euro.

IL CONTRATTO EUROFIGHTER DEL 2003

Da ultima, come riportato quotidiano tedesco Handelsblatt, è stata la procura di Monaco di Baviera ad aver recentemente annunciato di essere vicina alla chiusura dell’indagine (sponda tedesca) sull’ipotesi di corruzione nella vendita da 2 miliardi di euro di 18 Eurofighter (poi ridotti a 15) all’Austria, nel 2003. All’epoca del maxi ordine (in cui il Typhoon ebbe la meglio sul Gripen di Saab), Airbus si chiamava European Aeronautic, Defense and Space Company (Eads) ed Enders ne guidava la divisione Difesa.

L’INCHIESTA AUSTRICA

Sulla stessa commessa indaga da mesi anche Vienna, con un’inchiesta che coinvolgerebbe direttamente l’attuale ceo. A febbraio, era stato addirittura il ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil a illustrare alla stampa la denuncia, avanzata insieme all’Ufficio del Pubblico ministero di Vienna, per sospetto di frode nei confronti di Airbus Defence and Space e del consorzio Eurofighter. Secondo le autorità austriache, le due società avrebbero consapevolmente ingannato la controparte sul reale prezzo di acquisto, sulla capacità di consegna degli aerei e sul loro equipaggiamento: “Il rapporto che ho ricevuto – aveva detto il ministro – afferma chiaramente che senza le azioni fraudolente e ingannevoli di Airbus Defence and Space e di Eurofighter Jadgflugzeug, la Repubblica d’Austria non avrebbe scelto l’Eurofighter nel 2003”. È “mio dovere – aveva aggiunto – segnalare questioni penali che vengano alla mia attenzione e chiedere un risarcimento per i danni inflitti ai contribuenti austriaci; e questo è quello che abbiamo fatto oggi”. A luglio, lo stesso Doskozil ha poi annunciato la possibile dismissione anticipata (nel 2020 invece che nel 2037, come previsto) degli stessi velivoli EFA.

LE INDAGINI IN FRANCIA E REGNO UNITO

Ad agosto 2016, era stato il Serious Fraud Office (Sfo) britannico ad annunciare l’apertura di un’inchiesta per frode, tangenti e corruzione sul civil aviation business di Airbus Group, legata a presunte irregolarità nei rapporti con intermediari e terze parti, per il cui pagamento potrebbero essere stati usati fondi neri ad hoc. A marzo di quest’anno, è stato invece Parquet National Financier (Pnf) francese – tribunale ideato per perseguire i grandi evasori – ad aver dato notizia di un’indagine preliminare sulla stessa materia, in collaborazione proprio con il Sfo del Regno Unito. “Airbus coopererà pienamente con entrambe le autorità”, ha affermato il gruppo.

LA RISPOSTA DI ENDERS

Pochi giorni fa, il cda ha rinnovato la fiducia a Enders, il quale all’Handelsblatt ha mostrato una certa serenità: “Potete stare tranquilli: quando non sarò più parte della soluzione, e spero di rendermene conto quanto accadrà, trarrò le conseguenze (e lascerò). Ma per ora, non credo che siamo a questo punto”. Eppure, quello che emerge è un quadro a tinte foschissime che da una parte getta una luce inquietante sulla governance di questo campione europeo.

LA DISPUTA CON BOEING

A tutto questo si somma l’eterna disputa su aiuti di Stato con il competitor d’oltreoceano Boeing. Per quanto complessa, la situazione è stata ben riassunta dal professor Gregory Alegi sul numero di settembre di Airpress: “Da un decennio Unione europea e Stati Uniti si scontrano al Wto per conto di Airbus e Boeing sulla questione degli aiuti di Stato, per un valore di 100 miliardi di dollari (secondo gli europei) e 22 miliardi (secondo Boeing). La disputa, avviata dagli americani, comprende oggi i tre casi DS 316 (Usa contro Ue, che ha perso), 353 (Ue contro Usa, che hanno perso ma forse meno) e 487 (Ue contro Usa, vincitori in appello). Il più recente episodio del braccio di ferro ha visto Boeing prevalere nel DS 487, ormai inappellabile. In precedenza il gruppo statunitense aveva avuto ragione anche nel DS 316, nel quale i rivali europei erano stati condannati a restituire 22 miliardi. Anche questa decisione è ormai inappellabile, ma ha avuto una coda perché il Wto ha stabilito che l’Ue non ha adempiuto all’obbligo di riparare i danni commerciali causati a Boeing. Per quanto riguarda il DS 353, nel giugno 2017, alla vigilia del salone aerospaziale di Parigi, il Wto aveva dato ragione all’Ue, dichiarando che gli Stati Uniti non avevano rimosso o mitigato tutti i provvedimenti contestati”.

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