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Che cosa è successo davvero fra Bersani, Errani e Pisapia alla festa dell’Unità

Di Giovanni Ricci

Il colpo d’occhio è quello dei tempi migliori: in 500 affollano la fin troppo piccola sala dell’Almagià, ex fabbrica di zolfo di Ravenna. Di prim’acchito sembra un raduno di ex, ex di tutto: del Pd-Ds-Pds-Pci, di Rifondazione comunista, di Sel prima e dopo la scissione, di grillini delusi. E sul palco non sono da meno, in quanto a ex: Pierluigi Bersani e Vasco Errani, ex Pd, ecc, ecc, e oggi MdP, Giuliano Pisapia, ex parlamentare indipendente di Rifondazione comunista, ma come va di moda dire oggi, solo ex sindaco di Milano per il centrosinistra.

Sembra di essere a una vecchia Festa dell’Unità, una di quelle dove erano facili le adunate quando arrivava il Capo. E, in fondo, Bersani si cala benissimo nella parte: entra dal portone principale anche se qualche addetto alla sicurezza gli consiglia una porta laterale, tanto per evitare la folla. Ma lui vive di folle e masse, quindi si infila nel corridoio centrale e stringe mani e abbraccia anziani militanti.

E’ così, infatti, l’età media dei 500 è alta. Più prosaicamente Pisapia ed Errani scelgono la porta laterale, lontano da sguardi, e raggiungono il retro del palco. L’applauso per loro arriva quando salgono gli scalini per dirigersi verso le sedie del dibattito. Ma la serata fatica a carburare. C’è qualcosa che non va, come canta Vasco Rossi.

E dire che aprendo il dibattito, la giovanissima Federica degli Esposti aveva lanciato una sorta di ammonimento che svelava il perché di tutta quella gente. Usa le parole pronunciate da una “compagna”, sollecitata a partecipare alla kermesse: “Giovedì sera vengo, ma che sia la volta buona”.

Ecco perché sono in tanti: vogliono la data del matrimonio, vogliono sapere quando potranno mettere piede “nella casa della sinistra”. In fondo Mdp e Pisapia-Campo progressista non sono lì per questo? Errani però sembra impacciato alla prima domanda. Bersani la mette in politica, parla di giovani disoccupati e sanità che non funziona Questa volta l’ex segretario Pd e ora a capo di MdP non ce l’ha con i leopardi da smacchiare ma butta là un “non cerchiamo il freddo nel letto” con la platea che si interroga sul significato della frase.

L’atmosfera si rianima quando prende la parola l’ex sindaco di Milano. Pisapia parla “di una grande casa della sinistra”, di “valori comuni” e di “essere stato il primo a battere le destre a Milano dopo 20 anni”. Ma la data del matrimonio con Mdp non la dice e i presenti ci restano male. Parla di un progetto in 6 punti da sottoporre “a una vasta platea” che comprende gli scissionisti, prima di Sel e ora del Pd, i grillini delusi, “quelli che vogliono una sinistra unita”.

Non c’è una data, manca concretezza. Non siamo più alle Feste dell’Unità di 30 anni fa: il pubblico è cambiato e non applaude. Allora dal palco rispolverano gli slogan contro Renzi, contro il governo Gentiloni, contro Trump, contro Lega e Forza Italia, contro “i fascisti di Casa Pound”, contro Verdini. E qui torna anche qualche applauso.

Niente, rispetto alle vecchie Feste dell’Unità. Il clima è cambiato a sinistra, se ne sono accorti in sala, sul palco resta qualche dubbio.

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