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Cedolare secca sulle locazioni, cosa succede e perché ci sono polemiche

Carlo Sangalli

All’orizzonte del sistema fiscale italiano si scorge una nuova tassa piatta, o meglio la rivisitazione di una già esistente, la cedolare secca sulle locazioni.

Proprio in queste ore infatti il dibattito politico ha puntato i fari su una proposta avanzata già da tempo da CONFEDILIZIA e dal suo presidente Giorgio Spaziani Testa che sottolinea la necessità di ampliare l’ambito applicativo della cedolare secca anche per negozi, uffici e capannoni.

La cedolare secca, introdotta dall’ultimo governo Berlusconi, è un regime di tassazione alternativo all’IRPEF che permette ai proprietari di immobili abitativi locati di pagare un’imposta sostitutiva pari al 21% del canone annuale (10% per contratti a canone concordato) invece tassare il reddito da locazione con la propria aliquota marginale IRPEF, un beneficio sicuramente considerevole e che vede appunto escluso tutto il settore degli immobili commerciali.

CONFEDILIZIA non manca di rimarcare come negli ultimi anni la tassazione stia danneggiando il mercato immobiliare, soprattutto quello commerciale, alla luce anche dei dati OMI che evidenziano la forte svalutazione di uffici -3,4% rispetto l’anno precedente, negozi -2,4% e capannoni -2%.

A certificare ulteriormente la notevole tassazione che grava sul mattone anche il TAX POLICY REFORM 2017 pubblicato dall’OCSE che descrive un notevole incremento della tassazione nell’ultimo quinquennio, ovviamente segnato dall’introduzione dell’IMU.

E’ dunque chiaro che l’ampliamento dell’ambito applicativo della cedolare secca rappresenterebbe di certo una boccata d’aria per il settore degli immobili commerciali, tartassati dalle imposte e danneggiati dall’iniquo trattamento che ad oggi li esclude anche dal beneficio della tassa piatta, e darebbe anche nuova linfa alle compravendite attribuendo nuovamente appeal a beni che, ad oggi, sono in continua e costante svalutazione.

Sbagliato però è pensare che questa sia la soluzione a tutti i problemi del settore.

A differenza di quanto sostengono CONFEDILIA e CONFCOMMERCIO infatti, non è assolutamente detto una riduzione delle imposte dei proprietari degli immobili si tramuti automaticamente una riduzione del prezzo della locazione, con beneficio per i commercianti devastati dalla crisi economica e che stanno chiudendo le proprie attività sommersi di tasse e costi che non possono più sostenere.

Altro punto di dubbio impatto è la riduzione del tax gap, ovvero l’evasione sulle locazione, anche questo sostenuto dalle associazioni di categoria.

Il DEF ha da poco sottolineato lo strabiliante risultato della cedolare secca in relazione alla propensione all’evasione sull’abitativo ridotta di oltre il 40% dal 2012, grazie proprio al beneficio di una riduzione delle imposte che ha reso “più conveniente” dichiarare imponibile.

Questo dato non è per nulla detto che si replichi nel commerciale, anzi.

A differenza di quanto accade nell’abitativo infatti, per negozi uffici e capannoni l’evasione è estremamente ridotta, quasi inesistente, vista l’esigenza per gli affittuari di avere un contratto di locazione registrato che gli permetta la deduzione dei costi, la possibilità di effettuare le volture e di richiedere le abilitazioni amministrative alle autorità interessate.

Come ogni nuovo provvedimento i risultati dunque non sono né certi né tantomeno automatici anche se ogni eventuale riduzione delle imposte sul mattone, anche minima, non può che portare benefici.

Inutile dire che l’ampliamento dell’ambito oggettivo di applicazione della cedolare farà storcere il naso molti esperti del diritto tributario poiché si sottrae nuovamente imponibile all’IRPEF e per una tassa flat ma, ad oggi, in attesa di una riforma generale del sistema fiscale, questa pare purtroppo essere l’unica risposta trovata della politica alla necessità di ridurre le imposte nel nostro paese.

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