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Ecco come i vescovi degli Stati Uniti discutono di Amoris Laetitia

Nella storia recente della Chiesa ci sono stati vari documenti che hanno presentato pensieri discontinui rispetto al sentire diffuso, tra alcuni fedeli e in direzioni diverse, e che in conseguenza di ciò sono stati ricordati anche per le discussioni che ne sono seguite. È accaduto con l’Humanae Vitae di Paolo VI (sulla quale è previsto alla fine di ottobre un incontro a Roma, organizzato da esponenti del mondo conservatore, a cui parteciperà anche uno dei firmatari dei Dubia, Walter Brandmüller), e sicuramente accadrà con Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica post-sinodale di papa Francesco sul tema dell’amore nella famiglia, le cui dichiarazioni presenti al cap. 8 – e in particolare in una piccole nota a piè di pagina, la n. 351  (secondo alcuni messa lì volutamente dallo stesso Bergoglio) – hanno scatenato le contestazioni dei “tradizionalisti”. Che da parte loro rivendicano, oltre a una presunta distorsione della dottrina cattolica, la presa d’atto di difficoltà e confusioni all’interno degli episcopati dei vari Paesi, fino ad arrivare a quelle delle singole diocesi e ai rapporti dei parroci con i fedeli, che invece di semplificarsi si complicherebbero.

L’EVENTO AL BOSTON COLLEGE SULL’AMORIS LAETITIA

Uno dei Paesi dove c’è maggiore polarizzazione tra i vescovi, e di conseguenza però anche maggiore dibattito, sono gli Stati Uniti. Più volte quotidiani statunitensi e internazionali hanno denunciato questa frattura, interrogandosi su come evolverà in futuro la struttura di tutta la Chiesa cattolica. Sarà più simile a quella anglicana, si chiedono, o si arriverà persino a una sorta di “democraticizzazione”? Cosa che, a detta di alcuni osservatori internazionali, si sta già in parte verificando con l’opera di “decentralizzazione” di Francesco, divisa tra il lavoro di “inculturazione” del Vangelo nelle varie tradizioni e le lacerazioni invece createsi, frutto delle diverse “interpretazioni”, che rischiano di gettare un’ombra sulla condizione e sul futuro del cattolicesimo. Per questo, ci si chiede: come si sta recependo negli Usa Amoris Laetitia, l’oggetto centrale dello scontro di Bergoglio con le opposizioni interne? È ciò di cui cardinali, vescovi e teologi hanno discusso nelle giornate del 5 e 6 ottobre al Boston College, in Massachusetts, in un evento il cui titolo ha ritratto l’esortazione con una nota incentrata sulla speranza, come cioè “un nuovo momento per la formazione morale e la pratica pastorale”, con al centro, ha spiegato il teologo gesuita James Keenan, “la possibilità per i vescovi locali di rinnovare le loro pratiche pastorali verso le famiglie” (qui la copertura degli eventi, dal 4 al 10 ottobre, effettuata dal National Catholic Reporter).

L’INTERVENTO DEL CARDINALE KEVIN FARREL

Il cardinale irlandese Kevin Farrell (nella foto), prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita e fino al 2016 vescovo di Dallas, spiegando che l’esortazione si rivolge anche alle difficoltà che hanno le culture occidentali nel rapportarsi alle strutture di autorità, ha affermato che “implicitamente, il Papa prevede in prospettiva un rinnovamento anche più ampio”, e “ciò che fa procedere in avanti è il recupero creativo della sinodalità, dell’ascolto, dell’accompagnamento e del discernimento”. Farrell ha così precisato che il Papa chiede ai pastori di impegnarsi sempre di più nel dialogo con i laici, per comprenderne richieste ed esigenze: “Dobbiamo dare al nostro popolo un tempo di qualità, nel dialogo”, e “non possiamo farlo con tutte le risposte già segnate in un libro di testo”. “Dobbiamo sviluppare un’abitudine di dare importanza all’altra persona”, “mostrando affetto e preoccupazione”, ha insistito: “Non possiamo dialogare con le persone se conosciamo già tutte le risposte ai loro problemi”.

LE DICHIARAZIONI SU SACERDOTI E PREPARAZIONE AL MATRIMONIO E IL CONFRONTO DI BERGOGLIO CON RATZINGER E WOJTYLA

Il porporato ha poi aggiunto, in maniera inaspettata, che “la preparazione e l’accompagnamento del matrimonio non dovrebbero essere fatti dai sacerdoti”. “Sono fermamente convinto di questo”, ha affermato: “I sacerdoti non hanno credibilità, non hanno mai vissuto nella realtà delle situazioni di cui parlano, e pertanto risulta per loro molto difficile farlo”. Perciò sono i laici che “dovrebbero essere formati per fare questo tipo di lavoro”, e che “possono accompagnare meglio le coppie sposate in momenti di difficoltà”. Confrontando l’azione di Francesco con i suoi precedenti, Farrell ha aggiunto che Giovanni Paolo II “voleva codificare tutto” e che Benedetto XVI “voleva descrivere perché noi crediamo in ciò in cui crediamo”. Mentre Bergoglio “lavora instancabilmente ogni giorno per non codificare, non spiegare ciò in cui crediamo, ma come invece viviamo quello che crediamo”. Insieme i tre formano “un trittico”, ha specificato Farrell. E Amoris Laetitia può contribuire a creare una cultura più sana negli Stati Uniti, dove questa è “spesso vista come partigiana e polarizzata, priva di eroi e ideali, e dove il sé trionfa sul noi”. Ma che è la stessa dove le persone “si aiutano a vicenda in innumerevoli modi, e dove chi rischia la vita per l’altro viene onorato”. “Dialogo significa anche ascoltare attentamente ciò che la cultura dice su come l’insegnamento cattolico viene distorto”, ha concluso il porporato.

GLI INTERVENTI DEI VESCOVI ALLA CONFERENZA

Per l’arcivescovo di Chicago Blase Cupich, al contrario di quanto si possa sostenere, Francesco vede la famiglia come “luogo privilegiato” in cui Dio è presente e opera nel mondo, “a partire dalla Genesi”. E che perciò “non la tratta come un laboratorio in cui fare pratica pastorale o teologica, ma come luogo in cui vedere attiva la grazia di Dio”. A questo il vescovo di San Diego Robert McElroy ha aggiunto che il processo del Sinodo, dove tra i delegati della sua diocesi vi era un laico per ogni parrocchia, “ha insegnato ai vescovi come gli uomini e le donne affrontano le questioni che i sacerdoti trattano”, e che lo ha affascinato come “pensano le cose in maniera molto diversa da come immaginavo”. Questo ha portato ad applicazioni pratiche “per aiutare le parrocchie e le loro famiglie”, ha detto McElroy, al punto che teologi ispanici e africani sostengono che “le idee del documento risuonano nelle loro comunità”. All’evento è intervenuto anche l’arcivescovo di Malta Charles Scicluna, uno dei primi ad aver elaborato le linee guida di Amoris Laetitia (secondo alcuni “a modo suo”), che ha raccontato che il principio teologico ad averlo maggiormente stimolato è stato quello “della collegialità affettiva e della comunione con il Santo Padre”. “Le nostre interpretazioni seguono la lente di tutta la tradizione della Chiesa”, ha spiegato Scicluna, e “non ci sono letture adeguate senza tener conto del messaggio misericordioso del Vangelo, delle intuizioni di Tommaso d’Aquino, del Concilio Vaticano II e degli insegnamenti dei Papi recenti. Il quadro pastorale delle nostre linee guida riflette una continuità ermeneutica, e non un’ermeneutica della rottura”.

LE INTERPRETAZIONI DIFFERENTI DI AMORIS LAETITIA

Le posizioni dei vescovi maltesi affermano infatti che una persona divorziata ma animata da una fede salda, consapevole e scandita dalla preghiera, “non può essere esclusa dalla partecipazioni ai sacramenti”. Nel settembre 2016 un gruppo di vescovi argentini ha sostenuto lo stesso principio, che cioè, nei casi in cui la responsabilità del soggetto cattolico di fronte all’evento del divorzio sia limitata, la lettera apre a questa possibilità. Ma ci sono anche vescovi che la pensano diversamente, come l’arcivescovo di Philadelfia Charles Joseph Chaput, che nel luglio 2016 ha invece pubblicato le sue di linee guida, in cui afferma che i risposati dovrebbero “astenersi dall’intimità sessuale in caso volessero prendere l’Eucaristia”. In tutto questo, scrive il giornalista del NCR Michael Sean, all’evento non si è sentita la voce ufficiale della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti: “Hanno inviato un messaggio, ma perché non ci sono state sponsorizzazioni su un aperto approfondimento di Amoris Laetitia, come è stato fatto in questo evento, con i migliori teologi dalla varie regioni  che promuovono l’attuazione del documento e l’inizio del compito di conversione pastorale? Altre conferenze episcopali lo hanno fatto, perché noi no?”. “Tutti conosciamo la risposta”, ha risposto Sean: “Troppi vescovi negli Stati Uniti considerano tutto questo pontificato come un po’ di maltempo, e non fanno altro che aspettare che passi”.

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