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Intesa Sanpaolo, ecco sfide e timori su Fintech

Carlo Messina e Gian Maria Gros-Pietro

Il Fintech spaventa Intesa Sanpaolo. Non troppo, ma quanto basta. D’altronde la tecnologia applicata alla finanza (qui un focus di Formiche.net) non è certamente immune da rischi per la collettività e per le stesse banche. La commissione Finanze della Camera ha avviato sua indagine conoscitiva (a breve toccherà a Borsa Italiana e Consob essere sentite) per predisporre un documento che faccia di base alla prima legge sul Fintech. Questa mattina è intervenuto il presidente di Intesa Gian Maria Gros-Pietro.

RISCHIO CYBERSECURITY

Partendo proprio dai rischi, a Intesa Sanpaolo temono soprattutto per la sicurezza dei correntisti. Trasportare il mercato bancario in una nuova dimensione, è il messaggio del presidente, può avere un costo. “Il percorso verso l’open banking non è privo di pericoli. L’apertura delle banche incrementa rischi di varia natura, a cominciare da quelli di cybersecurity, sia per il maggiore numero di player coinvolti sia per l’incremento dei punti di potenziale compromissione”, è scritto nelle slide depositate per l’audizione.

NUOVA EPOCA, VECCHIE MANIERE

Dal gruppo guidato dall’amministratore delegato Carlo Messina si sottolinea un concetto: va bene il Fintech, le app per la gestione del risparmio e la concorrenza, ma le banche non devono perdere il contatto diretto con i propri clienti. “I servizi finanziari saranno sempre più il risultato di una catena del valore modificata, in cui le banche potranno giocare diversi ruoli, ma dovranno prestare attenzione a conservare il più possibile una relazione diretta con la clientela”.

IL FATTORE REGOLE

C’è però qualcosa che più di tutto preoccupa Intesa. Sul tema del Fintech, insieme con Gros-Pietro, è intervenuto anche Stefano Barrese, responsabile Banca dei Territori di Intesa. Secondo Barrese il problema, in assenza di regole certe per chi presterà denaro pur non essendo una vera banca, come già accade con alcune società del Fintech, si chiama “asimmetria con i grandi operatori non bancari”, la quale sarà “ancora più forte con il prossimo cambio generazionale. Il rischio paventato è “consegnare il business finanziario alle grandi tech:  bisogna ripensare il concetto di abuso di posizione dominante”. Più in generale per le banche la sfida con i  player del fintech secondo Barrese “è un potenziale grandissimo problema: gli investimenti per l’innovazione tecnologica che possono mettere in campo questi player che  non hanno gli obblighi regolamentari delle banche trovano un  limite solo nella capacità di generare profitti”.

GIOCARE ALLA PARI

Un tema, quello normativo, condiviso anche da Gros-Pietro. “Per tutelare la posizione dei consumatori e il funzionamento concorrenziale del mercato è necessario che le Fintech siano destinatarie delle stesse regole a cui sono sottoposti altri soggetti, come le banche, laddove le prime offrano servizi sostanzialmente identici a quelli prestati da queste ultime”.

CHI NON SOPRAVVIVERA’ AL FINTECH

La tesi di Intesa è che c’è una buona fetta di banche che rischia seriamente di essere tagliata fuori dal mercato proprio a causa del Fintech. Quelle banche che navigando in cattive acque non hanno la possibilità di adeguare la propria struttura e la disponibilità per innovarsi. Sempre secondo Barrese “In Italia, dove c’è una fascia di banche in sofferenza che dovranno investire una quota significativa per  temi regolamentari e di controllo, sarà difficile tenere il  passo” e sviluppare app per soddisfare le nuove esigenze  dei clienti nativi digitali.

(L’INDAGINE CONOSCITIVA DELLA COMMISSIONE FINNZE DELLA CAMERA)

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