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Ecco come Google, Facebook e Twitter faranno la guerra al terrorismo

Minniti, foreign fighter

Internet è la frontiera del presente e del futuro nella lotta al terrorismo ed è lì che bisogna intervenire per limitare la diffusione dell’ideologia jihadista. Una collaborazione degli Stati con le più grandi aziende che operano sul web, insieme con una più stretta collaborazione tra i vari organismi antiterrorismo, come previsto è stata la conclusione del vertice del G7 dei ministri dell’Interno a Ischia.

Lotta al terrorismo su Internet

Oltre a ministri dell’Interno di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno partecipato il Commissario europeo per gli Affari interni, Dimitris Avramopoulos, il Commissario europeo per la Sicurezza, Julian King, il segretario generale dell’Interpol, Jurgen Stock, e i rappresentanti di Google, Microsoft, Facebook e Twitter. Nel documento congiunto diffuso al termine, si stabilisce che le società di Internet “garantiranno un’azione decisiva finalizzata a rendere le loro piattaforme più ostili al terrorismo e sosterranno azioni volte a potenziare l’empowerment (inteso come responsabilizzazione, ndr) dei partner della società civile nello sviluppo di narrative alternative online”. Sono quattro le aree di intervento: tecnologie automatizzate per rilevare e rimuovere rapidamente i contenuti terroristici, prevenendo così l’ulteriore diffusione; condivisione delle migliori prassi e tecnologie per migliorare la resilienza delle società più piccole; maggiore ricerca e sviluppo per aumentare la conoscenza; “potenziamento dell’empowerment dei partner della società civile per sviluppare narrative alternative”. E’ stato anche deciso di assegnare un ruolo significativo al Global Internet Forum to Counter Terrorism che ha deciso di creare una rete di ricerca globale con esperti e docenti universitari per sviluppare l’analisi dell’uso delle tecnologie da parte dei terroristi.

I rischi e la prevenzione

Il ministro Marco Minniti ha parlato di “grande alleanza” tra governi e i colossi di Internet a conferma che “è possibile avere un principio di sicurezza senza rinunciare a principi fondamentali di libertà”. Nel “nuovo modello mondiale per contrastare il terrorismo” cui punta il francese Gerard Collomb “Internet svolge un ruolo capitale”. L’intenzione di dare una svolta alla diffusione del jihad sul web è confermata anche dal ministro inglese, Amber Rudd, che ha anticipato l’intenzione del suo governo di modificare la legge per prevedere una condanna a 15 anni per chi semplicemente visualizza contenuti jihadisti. E’ chiaro, infatti, che la loro immediata rimozione è un punto centrale nella lotta al terrorismo.

La questione foreign fighter

Da quando l’Isis è stato sconfitto a Raqqa la paura dell’antiterrorismo di mezzo mondo è dove andranno a finire i tanti combattenti stranieri. Per evitare quella che Minniti ha definito “un’invasione”, nel vertice è stato deciso un forte coordinamento per la raccolta e la condivisione delle informazioni, nota dolente degli ultimi anni. Raqqa diventerà “una straordinaria miniera di informazioni per le nostre intelligence”, ha commentato il ministro. Oltre a evitare che i foreign fighters arrivino in Europa, l’altro rischio è che si creino aree dove i terroristi in fuga si concentrino: Minniti ammette che “è lecito pensare che tenteranno di spostarsi in altri territori di crisi” e quindi vanno evitate “zone franche in altre parti del mondo”. A Ischia non se n’è fatto cenno, ma questo ragionamento dovrebbe riguardare anche l’Afghanistan dove non sono ancora definite le intenzioni americane.

Collaborazione Italia-Usa

Minniti e il segretario del dipartimento della Sicurezza interna statunitense, Elaine Duke, hanno firmato un accordo per lo scambio dei dati dattiloscopici in modo che le strutture dei due Paesi possano accedere alle rispettive banche dati. Ciò servirà a verificare l’identità dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati per accertare se tra di loro ci siano terroristi o criminali. Più in generale, la Duke ha insistito sulla necessità di una maggiore collaborazione perché gli aerei sono sempre più nel mirino dei terroristi: “Ci sono più attacchi rispetto al passato nel settore dell’aviazione” ha detto sottintendendo evidentemente una specifica prevenzione in merito e gli Stati Uniti stanno per varare nuove misure per proteggere i voli.

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