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Porti, cosa cambia (e quando salperà) la riforma Delrio

“Massima apertura per le integrazioni che si riterranno opportune, ma siamo vicini alla meta di una riforma di questo settore che ha subito una crisi profondissima e che negli ultimi tre anni invece ho avuto una ripresa”. Il ministro alle Infrastrutture Graziano Delrio ha suonato la carica davanti alla Commissione dei Lavori Pubblici al Senato. La riforma dei porti, attesa da oltre vent’anni, oramai è salpata e non si torna più indietro. D’altra parte anche le ultime nomine fatte dal ministro per le nuove Autorità portuali (Francesco Russo per Gioia Tauro, Pasqualino Monti per Palermo e Massimo Deiana per la Sardegna) hanno completato il quadro.

AUDIZIONE AL SENATO

L’ultimo scoglio è rappresentato dalla revisione del codice della nautica, ma anche su questo Delrio davanti ai senatori si è detto fiducioso e collaborativo: “abbiamo introdotto semplificazioni nei documenti di bordo dei superyacht, immatricolazione a cura dell’utilizzatore in leasing, noleggio occasionale e domicilio amministrativo di proprietà residenti all’estero, dichiarazione di armatore, anagrafe delle patenti nautiche”. Insomma si è messo mano ad un settore che per troppo tempo era stato abbandonato e dove adesso si intende regolamentare per fare dell’Italia “un vero e proprio hub del Mediterraneo”. Per questo il Ministro ha insistito perché è importante coordinare il disegno di legge con il procedimento sull’attuazione del sistema telematico centrale: “sarà prevista nel Codice della nautica una norma di richiamo al Siste, ovvero al sistema telematico centrale, e allo Sted, lo sportello telematico del diportista, in maniera da avere un coordinamento tra i due elementi regolamentari”. In particolare nel disegno di legge correttivo Delrio ha ricordato come “con le nuove norme si è riusciti a superare il regime attualmente in vigore che fa riferimento a criteri e caratteristiche dimensionali, tipologiche, funzionali dei porti per la classificazione: adesso si tiene conto del riparto di competenze, appunto, tra Stato e Regioni, prevedendo una netta distinzione tra porti nazionali e scali regionali e creando quindi una netta semplificazione”.

COSA PREVEDE LA RIFORMA

Il ministro ha ricordato come “i porti di rilevanza nazionale sono in tutto 57 i e vengono riorganizzati nelle nuove 15 Autorità di Sistema Portuale”, centri decisionali strategici con sedi nelle realtà maggiori, ovvero nei porti definiti ‘core’ dalla Comunità Europea. In particolare le Autorità di sistema portuale sono relative agli ambiti: Mar Ligure Occidentale, Mar Ligure Orientale, Mar Tirreno Settentrionale, Mar Tirreno Centrale, Mar Tirreno Meridionale Jonio e dello Stretto, Mare di Sardegna, Mare di Sicilia Occidentale, Mare di Sicilia Orientale, Mare Adriatico Meridionale, Mar Jonio, Mare Adriatico Centrale, Mar Adriatico Centro Settentrionale, Mare Adriatico Settentrionale, Mare Adriatico Orientale. Alle 15 Autorità di Sistema Portuale viene affidato un ruolo strategico di indirizzo, programmazione e coordinamento del sistema dei porti della propria area. Avrà funzioni di attrazione degli investimenti sui diversi scali e di raccordo delle amministrazioni pubbliche. Stretta la relazione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare per il Piano Regolatore di Sistema Portuale e i programmi infrastrutturali con contributi nazionali o comunitari. Le Regioni possono chiedere l’inserimento nelle Autorità di Sistema di ulteriori porti di rilevanza regionale.

FONDAMENTALE LA RIOGANIZZAZIONE DELLA GOVERNANCE

L’Autorità di Sistema Portuale sarà guidata – è questa la grande novità – finalmente da un board snello, ristretto a pochi manager, da 3 a 5, e dal “Comitato di gestione” con il ruolo di decisore pubblico istituzionale. Il Comitato di gestione è guidato da un presidente manager, di comprovata esperienza nell’economia dei trasporti e portuale e con ampi poteri decisionali. Si passa in pratica da circa 336 membri a livello nazionale a 70 persone che dovrebbero agire con più efficacia. I rappresentanti degli operatori e delle imprese faranno parte, invece, degli “Organismi di partenariato della Risorsa Mare con funzioni consultive: potranno partecipare al processo decisionale, non potranno più votare atti amministrativi. Per garantire la coerenza con la strategia nazionale verrà istituita una “Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale”, istituzionalizzata e presieduta dal ministro, vi sarà una programmazione nazionale delle scelte strategiche e infrastrutturali, fino a definire un Piano regolatore portuale nazionale.

LA SVOLTA È NELLA SEMPLIFICAZIONE

La riforma è stata accolta bene dai vari attori economici che operano nei nostri porti e quello che è stato apprezzato di più è senza dubbio la semplificazione che potrebbe davvero rilanciare gli scali italiani sia per il traffico passeggeri che per quello delle merci. Non a caso qualche giorno fa era stato il presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè a lanciare l’allarme in un forum del settore svoltosi a Cernobbio: “La burocrazia anziché accelerare quanto fatto dalla riforma dei porti avviata dal ministro Delrio che va nella direzione giusta fa muro e tutto ciò sta producendo un rallentamento complessivo nel traffico merci in Italia. Le autorità portuali non colgono appieno le possibilità offerte dalla riforma. Lo strumento per semplificare le procedure è già previsto nel codice appalti ma il problema è che i presidenti delle autorità portuali non colgono questa opportunità e così si rischia di mandare i fondi europei indietro perché non riusciamo a spenderli, soprattutto per quanto riguarda i porti del sud”.

LA LOGISTICA SALVERÀ I NOSTRI PORTI

Un problema ben presente nella testa del ministro Delrio che è fiducioso che con una gestionale manageriale e centralizzata delle nuove autorità portuali sarà più semplice organizzare la funzionalità dei nostri scali. Non a caso lo stesso ministro ha ricordato recentemente: “Non abbiamo fatto la riforma dei porti per il gusto di essere nuovi, a noi il nuovismo non interessa. Ci interessa avere porti che funzionano”. In Italia servono interventi, sia in termini di investimenti che in termini normativi. “Qualcuno parla di 20 miliardi, qualcuno di 40. Non mi interessa – ha proseguito – so solo che sono tanti soldi. Ma so anche che la logistica fa la differenza”. “Un esempio – ha concluso – la Cina è pronta a portare le sue merci via mare nei porti italiani, ma ci chiede: per favore, non venite con sette delegazioni da Ancona, con altrettante da Trieste. Venite magari una sola volta a presentarvi, e fatelo come Italia. Possiamo noi non prendere in considerazione una richiesta del genere?”.

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