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Tutte le frottole di Vladimir Putin nell’intervista (intervista?) di Oliver Stone

israele, VLADIMIR PUTIN

Diciamolo subito: di interviste come quella di David Frost a Richard Nixon capita di vederne poche nella vita. Con lo sviluppo della comunicazione e i rischi derivati dalla moltiplicazione dei media, dove si concordano persino le virgole e le inquadrature, riuscire carpire qualcosa a personaggi del calibro del presidente di una potenza mondiale è praticamente impossibile.

Se poi dall’altra parte c’è un genio del male come Vladimir Putin, va a finire che l’intervista si trasforma prima in un’intervista in ginocchio e successivamente in una specie di testamento spirituale, insomma come il presidente russo vorrà essere ricordato quando lascerà le scene della politica internazionale. Cosa che non sembra comunque intenzionato a fare a breve.

Non so se l’intento di Oliver Stone fosse quello di metterlo alle strette, ma decisamente ha ottenuto l’effetto contrario, lasciando al numero uno del Cremlino non solo la scena, ma anche la facoltà di condurre il gioco come meglio riteneva.

Il ritratto che ne esce è molto diverso da quello che siamo abituati a conoscere e non è un’esagerazione dire che sia in buona parte anche una mistificazione della realtà. La versione di Putin, insomma. Il presidente ha mentito spudoratamente su temi diversi, dalla politica estera della Russia, alla sua strategia internazionale, dal funzionamento degli apparati di sicurezza, alla condizione della minoranza musulmana in Russia.

Il “fantastico mondo di Vladimir” potrebbe essere il sottotitolo di quella che è sembrata la parodia di un’intervista, con Oliver Stone fin troppo empatico con l’intervistato, tanto da pendere in molti momenti dalle sue labbra. Il carisma del presidente russo è fuori discussione, così anche la sua capacità di mettere l’interlocutore in soggezione. Ma con lo svolgersi dei vari momenti dell’intervista Stone ha cercato sempre di più il contatto con il “Putin essere umano”. Gli fa vedere persino il Dottor Stranamore. Putin sta al gioco, ma in cambio si prende licenze su molti argomenti, certo che l’intervistatore se ne guarderà bene dal contraddirlo.

Evidenzia i limiti di Gorbaciov, critica la politica Usa a più riprese, è riuscito a farli passare dalla parte del torto persino sul caso Snowden, parla delle sue riforme, anzi avvalla le lodi che Stone gli tesse soprattutto all’inizio. Alla fine, se qualcuno non sapesse chi sia e che cosa abbia fatto negli ultimi 20 anni, finirebbe quasi per risultare simpatico. L’unico momento di rispetto sembra essere stato quello nei confronti di Ronald Reagan, un “uomo felice”, che però, ha fatto capire il numero uno del Cremlino, ha potuto gestire il suo potere in modo più rilassato di quanto abbia potuto fare lui, che quel potere sembra quasi averlo assunto per spirito di responsabilità nei confronti del suo Paese. Uno po’ statista, un po’ uomo della Provvidenza, un po’ guida della nazione un po’ (un po’ tanto) uomo che si compiace del consenso. Ma di fondo sempre Vladimir Putin.

E così Stone si trova, si spera suo malgrado, a dare vita a un perfetto esempio di verità traslata, pericolosa in un periodo come questo, dove i mezzi di informazione governano con sempre maggiori difficoltà i flussi delle notizie e dove il mito dell’uomo forte al comando è più forte che mai.

Una cosa va detta: Putin è bravo. Maledettamente bravo. Rimane il dubbio e, ci rimarrà sempre, se sia così bravo perché bravo davvero o perché dall’altra parte il benchmark è sempre stato drammaticamente basso. Stone non ci aiuta certo a capirlo, anzi, viene da pensare che forse davanti a Putin sarebbe stato meglio mandarci David Frost ai tempi dell’intervista a Nixon. Viene da pensare che certe interviste così, a personaggi così controversi, sarebbe meglio non farle proprio.

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