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Il Papa, gli accordi di Parigi, i migranti e il capitalismo. Parla padre Robert Sirico

“Quando il Papa dice “questa economia uccide”, dobbiamo chiederci quale. Perché è evidente, durante gli ultimi due secoli è successo qualcosa di diverso nella storia, nel mondo dell’economia: è cambiato totalmente. In generale non per il male, piuttosto invece per il bene. I poveri in termini assoluti sono meno, il livello di povertà è minore, la popolazione è cresciuta. La vita è migliore in tanti sensi”. Parola di padre Robert Sirico, nato a New York ma con doppia cittadinanza, americana e italiana, sostenitore del libero mercato: nel 1990, preoccupato che le comunità religiose non fossero consapevoli delle questioni economiche alla base dei problemi sociali di oggi, ha confondato l’Acton Institute for the Study of Religion and Liberty.

A margine della presentazione a Roma del suo ultimo libro, “A difesa del mercato: le ragioni morali della libertà economica” (Cantagalli), ha parlato con Formiche.net della situazione attuale della Chiesa, di economia, di ambiente (“È costoso implementare tutti gli accordi di Parigi. Non ero un sostenitore di Trump alle presidenziali, e nemmeno della Clinton. Ma su questo punto mi sembra che Trump abbia buon senso”) e immigrazione (“Specialmente in Italia, in un’economia che in questo momento è molto vulnerabile, si deve pensare con grande saggezza quale politica sulle migrazioni adottare, chi può essere accettato e come lo si può integrare nella società, per il bene di loro stessi e del Paese”). Ecco la conversazione integrale.

Padre, partiamo subito dalle questioni che animano le maggiori controversie: pensa che il Papa ecceda troppo nella cosiddetta “criminalizzazione del denaro”, come nel discorso ai movimenti popolari? Eppure Francesco non sostiene mica che bisogna essere tutti poveri, ma condanna l’idolatria del denaro, di chi lo mette al primo posto rispetto alla persona umana.

Io non sono sicuro che il Papa voglia criminalizzare il denaro, che è generalmente un mezzo di scambio. Certamente non si vuole criminalizzare un mezzo che serve per conoscere il valore economico di una cosa, di un prodotto. Se lui vuole dire che il denaro, o il sistema economico, può essere manipolato da certe persone, sono totalmente d’accordo con lui. Ma chi sono questi? I politici, in cooperazione con gli affaristi. Questa collaborazione non è frutto del mercato libero, e nemmeno del capitalismo. Che poi la parola stessa, che è di origine marxista, non è la mia preferita. È invece il risultato di un crony capitalism, un capitalismo clientelare. E su questo non si può non essere d’accordo.

Questa economia uccide?

Quando il Papa dice “questa economia uccide”, dobbiamo chiederci quale. Perché è evidente, durante gli ultimi due secoli è successo qualcosa di diverso nella storia, nel mondo dell’economia: è cambiato totalmente. In generale non per il male, piuttosto invece per il bene. I poveri in termini assoluti sono meno, il livello di povertà è minore, la popolazione è cresciuta. La vita è migliore in tanti sensi.

Tutto bene dunque? Nessun problema…?

Ci sono dei problemi, senza dubbio. Ma quale economia uccide? È quella che è manipolata dai politici, dalla burocrazia, dall’avarizia degli uomini. Ma come possiamo curarla? Non è l’economia libera o industriale che ha inventato questo problema, ma esiste nel cuore dell’uomo. Per questo dobbiamo convertire i nostri cuori.

Parlando agli operai dell’Ilva di Genova, Bergoglio ha citato una magnifica frase di Luigi Einaudi, sulla vocazione naturale degli uomini al lavoro, mettendo in guardia dagli speculatori e aggiungendo che “non c’è buona economia senza buon imprenditore”.

Quando sento il Santo Padre parlare con gli uomini di affari, in molte occasioni, mi sembra che lui faccia spesso riferimento a cattive esperienze. Ma dove sono accadute? In Argentina, spesso. Questo io lo posso capire, perché il sistema in Argentina non è un sistema di mercato libero, ma esattamente l’opposto, una forma di mercantilismo. E i pensieri di tanti sacerdoti diventano confusi quando vedono qualcuno che sembra un uomo di affari ma non ha raccolto i soldi dal mercato, ma dai favori dei politici. Questa è l’incomprensione.

Anche con i politici il Papa è stato molto duro in passato, e forse questo può aiutare a spronarli.

Sì. Ma qual è la soluzione, creare uno Stato ancora più potente e ipertrofico? Dobbiamo trovare un modo di combinare le virtù del Vangelo e la tecnica del mercato. La religiosità non è sufficiente per creare un grande capitale, l’intenzione non è sufficiente per creare una fabbrica che produce il pane per i poveri. Per questo serve anche la tecnica, ma anch’ella però non è sufficiente per avere una buona società. Dobbiamo avere una società che sia allo stesso tempo libera e virtuosa, insieme. Questa sarebbe una società degna dell’uomo.

Sul tema delle migrazioni, Francesco spinge continuamente sull’accoglienza, nonostante abbia ribadito in molte occasioni “entro certi limiti”, mentre il cardinale Sarah in Polonia ha specificato che “ogni Stato ha il diritto di distinguere tra rifugiati e migranti economici”. Quale posizione, se così possiamo chiamarle, la convince di più?

Il cardinal Sarah ha qui soltanto richiamato il Catechismo. Certamente dobbiamo avere un senso di accoglienza, io stesso sono nipote di migranti dall’Italia agli Stati Uniti (tutti i quattro nonni di padre Robert erano campani, ndr). Ma quando il sistema di immigrazione diventa un mezzo per la strumentalizzazione dei politici, la situazione cambia. Troppo spesso i politici manipolano questo tema, e i migranti diventano così uno strumento ideologico. Specialmente in Italia, in un’economia che in questo momento è molto vulnerabile, si deve pensare con grande saggezza quale politica sulle migrazioni adottare, chi può essere accettato e come lo si può integrare nella società, per il bene di loro stessi e del Paese.

Cosa pensa della Laudato Sì, quella che viene definita – a ragione o a torto – “l’enciclica ecologica” del Papa? Il Vaticano ha ripetutamente attaccato il presidente americano Trump sui cambiamenti climatici e sugli accordi di Parigi.

Ne ho parlato nella nuova introduzione del mio libro, perché quando l’ho cominciato il Papa era ancora Ratzinger. Devo ammettere che non ho letto tutti gli accordi di Parigi, ma ho letto tanti commenti, abbastanza per avere dubbi su questi accordi. Perché mi sembra che favoriscano le nazioni del mondo sviluppato, invece che quelle più povere. È costoso implementare tutti gli accordi di Parigi. Non ero un sostenitore di Trump alle presidenziali, e nemmeno della Clinton. Ma su questo punto mi sembra che Trump abbia buon senso.

E sulla condanna delle armi?

Questo è fuori dall’economia. Le armi vengono sempre usate dagli uomini, che hanno ragione e volontà. Io credo in Sant’Agostino, nei princìpi della guerra giusta.

Centrando molte predicazioni su alcuni temi sociali, pensa che ci sia il rischio, per la Chiesa, che dall’idolatria del denaro si finisca col passare a un’ideologizzazione della carità sociale? Mi sembra fosse San Paolo che diceva, e si può leggere in più modi, che non bastano tutte le ricchezze di questo mondo per arrivare a Dio. 

Io spero soltanto che il Santo Padre possa avere un buono e autentico dialogo con le persone che praticano la fede, uomini e donne di fede, ma che agiscono anche nel mercato. E che ascolti loro, e i loro bisogni, come ascolta anche altre persone. Perché hanno una consapevolezza dei loro obiettivi, che sono quelli di avere un mercato veramente libero in una società che dà speranza agli imprenditori e ai giovani.

Il filosofo Martin Buber ad esempio spiegava bene che la persona trova realizzazione nella società a seconda della propria vocazione, che è sempre intima e personale. Insomma, se ci fosse una sola via di realizzazione del messaggio di Gesù, quello cristiano non sarebbe un Dio-amore ma un tiranno.

È il punto del Concilio Vaticano II: il ruolo dei laici non è quello di essere vicino all’altare, di celebrare la Santa Messa come i sacerdoti, ma di agire nel mondo per essere un lievito nel mondo. Specialmente negli affari. Non solo, ma in modo particolare negli affari. Per santificare il mondo. Quando celebriamo la Santa Messa offriamo a Dio i doni creati con le mani dell’uomo, “frutto della terra e del nostro lavoro”, e chiediamo a Dio un dono che noi non possiamo creare: questa è la vocazione all’inizio della Creazione, questa è la realtà dell’incarnazione di Gesù Cristo, questa è la vita sacramentale della Chiesa, questa è la Santa Messa, per rafforzare noi deboli di fronte agli errori del mondo.

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