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Sputnik, Breitbart e le fake news. Parla Kip Knight

Da alcuni anni tra i termini più inflazionati del linguaggio politico e giornalistico è entrato a pieno titolo quello di “fake news”, le notizie false del web, talvolta diffuse per un’informazione distorta o parziale, più spesso studiate a tavolino per precisi scopi politici.

È un tema che trova sempre più spazio non solo negli Stati Uniti, dove ogni giorno il presidente Donald Trump punta il dito contro i “fake news media” a suon di tweet al vetriolo. Ma anche in Italia, dove il dibattito sui presunti pericoli dei vaccini divide politici (Laura Boldrini in prima linea) e opinionisti sull’opportunità di introdurre dei paletti per evitare la diffusione di fake news. Formiche.net ne ha parlato con Kip Knight, esperto di comunicazione di fama internazionale con una lunga carriera nel mondo del marketing (Ebay, Google, Pepsi, Taco Bell per citarne alcuni) e nel Dipartimento di Stato americano. Ecco la sua conversazione con Formiche.net.

Il focus sulle fake news in America ha a che fare con la presidenza Trump o ha radici più profonde?

Credo che le fake news siano arrivate da tempo in Europa e negli Stati Uniti, esistono da ben prima di internet, ma probabilmente dovremmo risalire a secoli fa per trovare i primi esempi. Oggi il problema di internet è che da la possibilità a chiunque di andare in giro a dire qualsiasi cosa desideri, le persone ti credono. Non è un fenomeno che ha che fare con un Paese o una contingenza storica particolare, ma dovremo trovare dei modi per contrastarlo, o ci saranno serie conseguenze.

Quanto hanno pesato le fake news sulla campagna elettorale Usa?

Questo è un bilancio che ancora non è stato fatto. Ci sono molti dettagli di cui ancora non sappiamo, da privato cittadino mi auguro che gli esperti che ci stanno lavorando tornino a dirci cosa è stato scoperto. Il loro lavoro è estremamente importante: se scoprono che le fake news hanno interferito con la campagna presidenziale, potremo imparare la lezione e studiare un nuovo modo per evitare che accada in futuro.

Secondo lei ci sono prove a sufficienza che dimostrino un’interferenza dei russi?

Da quel che ho letto e studiato, la maggior parte delle agenzie internet e cyber sono sicure che i russi abbiano interferito con la campagna elettorale. Dobbiamo ora capire fino a che punto, se ci sono leggi che sono state infrante, ma le indagini sono ancora in corso, fra un anno a questa parte sapremo molto di più.

Le fake news provengono solo dai media inattendibili o politicizzati, o anche da quelli più blasonati?

Le fake news nascono assolutamente anche all’interno di fonti governative o dei giornali più accreditati. Questo è il problema: se ci fosse una sola sorgente, potremmo sopprimerla e risolvere il caso. Non appena un sito di fake news viene chiuso, ce ne sono dieci altri pronti ad entrare in azione.

Ad esempio quest’anno tre giornalisti della CNN sono stati licenziati per aver diffuso informazioni false sul Russiagate.

Credo che tutti i giornali commettano degli errori, a macchine organizzative delle dimensioni della CNN può accadere spesso. L’importante è che vengano riconosciuti per tempo e si chieda formalmente scusa. Non mi piacciono le condanne: anche se un grande giornale sbaglia, bisogna perdonarlo e andare avanti. Diverso è per le organizzazioni che hanno il deliberato scopo di diffondere informazioni false per scopi politici: in quel caso devono essere combattute.

È il caso di Breitbart News di Steve Bannon, ex capo della comunicazione di Trump?

Breitbart è un’organizzazione ultra-conservatrice, e non ho nulla contro di questo, è un diritto per gli americani avere un sito che rispecchi la propria filosofia. Ma dall’esperienza che ho con organizzazioni come questa, posso dirti che spesso prendono informazioni e le pubblicano in modo da dare al lettore un’impressione distorta, e soprattutto non hanno la cultura del dissenso.

E fra i media russi quali sono quelli da evitare?

Sputnik news è uno di questi, un altro sito russo di fake news di dimensioni preoccupanti è il sito “Internet Research Agency”. Dobbiamo educare le persone ad essere scettici nei confronti di alcune fonti di informazione.

Come distinguere i media “sani”?

Credo che la ricetta sia racchiusa nel motto del Washington Post: “La democrazia muore nell’oscurità”. Il ruolo dei media di rispetto è assicurare che i cittadini possano discutere di quel che vogliono senza temere ripercussioni, è così che funziona la democrazia.

Si leggono più fake news sui giornali cartacei o sulle testate online?

Non credo che fra un giornale online o cartaceo ci sia differenza. La vera domanda è: come assicurarsi di non prendere le fake news per vere? Ci sono diversi rimedi: controllare la sorgente, usarne sempre più di una, e soprattutto riconoscere l’errore in tempo.

In Italia la presidente della Camera Laura Boldrini propone da tempo di regolamentare il web per fermare la diffusione di fake news. Qual è secondo lei la linea rossa che divide la regolamentazione dalla censura?

Per me è molto semplice. Censurare vuol dire non permettere all’altro di pensare o dire qualcosa. Una fake news è una deliberata menzogna. Intervenire regolando vuol dire creare un ambiente che permetta alle persone di farsi una propria opinione basata su fatti reali. Su questo io ho guidato una crociata: diffondere fake news è come mettere del veleno in un pozzo: anche se l’acqua nel pozzo è purissima, le persone che vi si abbeverano rischiano di morire.

Cosa pensa del dibattito italiano sui vaccini e i loro presunti rischi?

Io sono un genitore, i miei figli ormai sono cresciuti. Ma credo sia estremamente pericoloso per una famiglia credere di non dover vaccinare i propri figli perché teme che i vaccini causino determinate malattie. È provato scientificamente che ci sono in giro malattie orribili che possono uccidere o cambiare in peggio la vita, e un genitore non dovrebbe prendersi il rischio di esporre i suoi figli a qualcosa del genere.

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