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Che cosa si dice in Francia del governo e dei programmi macroniani

“Un esercito di sconosciuti”. Così “Le Figaro” definisce la squadra di governo di Emmanuel Macron. Stando a un sondaggio commissionato dal quotidiano a “Odoxa”, solo sette membri del governo su diciannove sono conosciuti dalla metà dei francesi. I numeri sono impietosi: al Paese i ministri sembrano una squadra di tecnici chiamati da Macron a gestire la cosa pubblica, un po’ come successo nel 2012 in Italia con il governo di Mario Monti. Tranne Nicolas Hulot (apprezzato dal 47%), Laura Flessel (45%) e Édouard Philippe (42%), non c’è molto feeling con la popolazione. Non stupisce che siano loro tre i più riconoscibili e riconosciuti: Philippe è il primo ministro, Flessel è una plurimedagliata olimpica nella scherma (e infatti ha la delega allo sport) e Hulot è un giornalista e ambientalista. Il primo ministro Philippe inoltre, per guadagnare un po’ di consenso, ha copiato da Renzi il “vizio” delle dirette Facebook per rispondere alle domande dei cittadini e apparire connesso con la realtà, virtuale o meno.

IL 59% NON E’ CONTENTO DELL’OPERATO DEL GOVERNO

Dopo di loro, poco altro, secondo i francesi. Ma c’è anche chi appare come un “signor nessuno” per il grande pubblico. Nicole Belloubet (giustizia) è sconosciuta dal 72% dei cittadini, Frédérique Vidal (ricerca e innovazione) dal 75% e addirittura il ministro alla coesione territoriale Jacques Mézard è sconosciuto dal 79%. Non è famoso neanche il portavoce Christophe Castaner, prossimo sostituto di Macron alla guida del movimento “En Marche”. Negativo anche il giudizio complessivo sull’operato del Governo nei primi sei mesi. Il 40% non è soddisfatto, il 19% non lo è per niente, mentre il 37% è piuttosto soddisfatto e il 4% lo è molto. “È un invito all’umiltà”, ha commentato “Le Figaro” presentando il sondaggio. La pensa però così anche “Le Monde”. Questo è veramente un governo di sconosciuti e Macron è un “tecnocrate al potere”. E al deputato socialista Gilles Savary ricorda tanto il centrosinistra di Romano Prodi. “Sono quei governi tecnici che lasciano il segno, ma non durano a lungo”.

IL BILANCIO DEI PRIMI SEI MESI

Macron, nel frattempo, è finito in copertina sul “Time”. “Il prossimo leader dell’Europa, se solo sapesse guidare la Francia”, è la “carezza in un pugno” che gli ha dato il celebre settimanale americano. Per diventare un’alternativa ad Angela Merkel, deve prima convincere i suoi connazionali. “Le Parisien” è andato oltre, passando in rassegna le cose fatte e quelle non realizzate nei primi sei mesi di “macronie”. Accanto alle innumerevoli promesse in agenda non ancora affrontate, il giornale riconosce alcuni passi in avanti: la parità di genere negli incarichi, la volontà di ricercare proposte maggioritarie, il mantenimento del budget per la cultura, l’impegno per modernizzare l’aeroporto di Notre-Dame-des-Lande, l’aver riportato le classi bilingue, le sezioni europee, il latino e greco nelle scuole (tutte cose abolite da Hollande), il limite di un anno per il distacco di un lavoratore, l’essere rimasto sotto il limite sul deficit del 3%, la trasformazione dell’Isf (l’imposta di solidarietà sui redditi) nell’imposta sulla rendita immobiliare e l’interdizione dei parlamentari che fanno lavorare i parenti (dopo il caso Fillon). Il fact checking de “Le Parisien” individua ben 50 dossier. Apprezzabile il bonus cultura da 500 euro per i 18enni (ma qua lo pagano gli anziani, diversamente da quello di Renzi) e le proposte ora sul tavolo: il piano d’investimenti da 50 miliardi di euro, l’aumento delle sigarette a 10 euro, i tagli al budget della Difesa, l’apertura delle biblioteche nelle ore serali e nei weekend, l’abbassamento dell’imposta sulle imprese dal 33,3% al 25% e l’impegno contro le polveri sottili. Molto più lapidario, invece, il giudizio della sua principale antagonista Marine Le Pen: «In questi primi sei mesi io avrei fatto tutto il contrario».

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