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Tutti i perché del mancato accordo in Germania fra Cdu, Csu, Fdp e Verdi

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E adesso di Angela Merkel che ne sarà? Ieri, poco prima di mezzanotte, è arrivata la notizia: dopo quattro settimane di intensi colloqui esplorativi, è saltata l’ipotesi di una coalizione a quattro, cioè tra Cdu, Csu (Unione), Verdi e liberali dell’Fdp.

Tra i primi a uscire allo scoperto e a parlare con i giornalisti è stato il capo dei liberali Christian Lindner. Purtroppo, faceva sapere, troppi punti erano rimasti in sospeso, troppo poco si era parlato di una visione comune e futura del Paese, troppo poca la fiducia reciproca. Una fiducia che pare essere venuta meno man mano che ci si confrontava. Questo è stato il sentire dei liberali. Di tutt’altro avviso, invece, si mostrava ancora poco dopo le 18 il capo dei cristianosociali Horst Seehofer. A dire il vero a quell’ora i quattro partner in pectore di una futura coalizione “Giamaica” avrebbero già dovuto comunicare se quella coalizione si poteva fare o no. E invece c’era stato l’ennesimo rimando a un’ora da definire.

Ma tornando a Seehofer, che si era mostrato fiducioso, anche se uno dei motivi del contendere riguardava proprio il tema che a lui da sempre sta a cuore: come contenere l’arrivo dei migranti. I Verdi non avevano ceduto – o almeno non del tutto – sulle loro richieste iniziali: volevano che non venisse cancellata la possibilità del ricongiungimento familiare per coloro che hanno ottenuto solo la protezione sussidiaria. All’inizio i cristianosociali bavaresi non avevano voluto intendere ragioni in proposito. A loro avviso, chi ha ottenuto questo status deve essere rimandato a casa, non appena la situazione nel suo paese di origine si fosse normalizzata. Ma nonostante questo iniziale muro contro muro, a un certo punto un accordo era parso possibile, grazie alla Cdu. I Verdi accettavano l’idea di un numero-quadro all’anno (cioè fisso ma non scolpito nella pietra) di migranti che possono entrare in Germania; in cambio, chi ha la protezione sussidiaria, vive in Germania da due anni, ha un lavoro, parla la lingua e si è concretamente integrato, può chiedere il ricongiungimento familiare.

Anche il capo di Stato Frank-Walter Steinmeier ieri si era fatto sentire, ammonendo tutti a non farsi tentare da giochi tattici ai quali lui non si sarebbe prestato: per esempio far saltare il banco per tornare alle urne, nella speranza di un esito questa volta più gestibile tra futuri possibili partner di coalizione.

I tedeschi amano usare l’espressione “italienische Verhältnisse” (situazione all’italiana) quando vogliono descrivere la politica italiana o più in generale una situazione caotica. Questa volta le “italienische Verhältnisse” le hanno prodotte da sé però. Perché dietro al fallimento di questi colloqui esplorativi non è difficile intravvedere – come dicevano ieri sera già a giochi non ancora conclusi, anche gli ospiti del talk show domenicale Anne Will – innanzitutto una guerra per procura che si sta consumando in Baviera, tra il capo della Csu e governatore del Land Horst Seehofer e il suo principale contendente Markus Söder. Alcune settimane fa l’organizzazione giovanile della Csu aveva dichiarato apertamente che il tempo di Seehofer stava finendo, che loro appoggiavano un cambio alla guida del Land a favore del più giovane e più assertivo Söder. In Baviera si vota l’anno prossimo e alle parlamentari di settembre il partito aveva subito una doppia batosta perdendo la maggioranza assoluta e vedendo aggiudicarsi il 10 per cento dei voti dai nazionalisti dell’Afd.

Ma anche nella Cdu c’è parecchia agitazione. L’elettorato magari non è ancora stanco di Merkel, il partito a quanto pare sì, visto che si formano sempre più spesso gruppi, frange, soprattutto di stampo conservatore, che manifestano apertamente il loro dissenso verso la politica di Merkel. Da qui dunque la vera domanda che il fallimento delle passate quattro settimane di colloqui esplorativi solleva: che ne sarà di Merkel? Già ieri qualcuno diceva che, anche nel caso si fosse infine trovata la quadratura del cerchio e una coalizione Giamaica si fosse messa in piedi, difficilmente questa avrebbe retto per tutta la legislatura, perlomeno sotto la guida di Merkel.

Adesso resta solo da vedere quale sarà il primo passo di Steinmeier, al quale Merkel oggi andrà a riferire.

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