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Perché l’Eba a Parigi non è una buona notizia per la Vigilanza Bce

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Lunedì scorso per Angela Merkel è stato veramente quel giorno infausto che i latini definivano così: dies nigro signanda lapillo: da un lato, la constatazione delle enormi difficoltà, se non dell’impossibilità, di formare un nuovo governo; dall’altro, la mancata assegnazione dell’Eba, l’Authority di regolamentazione delle banche, alla stessa Germania che avrebbe voluto insediare, secondo un progetto a lungo coltivato, a Francoforte. Non è il caso di esercitarsi in quel gioire per le disavventure altrui, anche perché i problemi della Germania rischiano di acuire i problemi dell’Europa. Sta di fatto, però, che se anche la Germania desse dei segnali di instabilità politica dovremmo concludere che ormai la malattia si diffonde; i tedeschi ne hanno sofferto nel lontanissimo passato con la grave instabilità che portò a Weimar e alla ripetizione, a stretta periodicità, delle elezioni politiche, ma da settanta anni circa ne erano ormai immuni.

La vicenda politica si svolge a Bonn e a Berlino, ma riguarda tutte le capitali dell’Unione. Quanto all’Eba, essa, ovviamente, non è in un rapporto di stretta proporzionalità con il caso politico. Tuttavia, il governo tedesco annetteva molta importanza all’insediamento dell’Autorità nella stessa città in cui hanno sede la Bce e la Vigilanza unica. Sull’Eba ho spesso dato un giudizio drasticamente negativo che ribadiamo alla luce della contraddittoria esperienza sinora compiuta, anche nel campo della preparazione degli stress test, la cui realizzazione ha fatto emergere, a volte, risultati clamorosamente smentiti dai fatti veri successivamente accaduti. Questa Authority avrebbe potuto essere un importante elemento di scambio con la Germania per rafforzare la posizione italiana sull’Ema che ci ha visto beffati da un sorteggio-lotteria inconcepibile nel decidere un’assegnazione di particolare rilievo; l’adozione di un tale criterio avrebbe dovuto essere preventivamente contestato, in sede di approvazione delle procedure per l’affidamento della suddetta Agenzia del farmaco. Dopo Brexit, l’Eba, al di là della sua inadeguatezza, perde la ragion d’essere fondata anche su di una competenza oltre l’area dell’euro, ben potendosi valutare l’estensione delle attribuzioni della Vigilanza unica, previa la soppressione della Autorità.

L’assegnazione alla Germania e la coesistenza territoriale con la Bce forse avrebbe potuto accelerare questo necessario processo. Averla, invece, attribuita alla Francia, dove è già insediata l’Esma, l’Authority che sovrintende ai mercati, può allontanare la quanto mai opportuna aggregazione con la Vigilanza unica bancaria e potrebbe, semmai, favorire lo sviluppo di analisi e orientamenti sull’integrazione tra le due istituzioni allocate in Francia che non costituirebbe certamente l’opzione migliore. Occorrerà comunque verificare quali saranno gli indirizzi sulla rivisitazione dell’architettura delle Authority nella materia del credito e del risparmio che si affermeranno definitivamente tra i competenti organi europei, pur dovendo confermare che un’occasione di avvicinamento alla riforma è stata mancata. In ogni caso, oltre a una tale rivisitazione, c’è bisogno di rivedere criteri, metodologie e approcci della Vigilanza unica, come dimostra la vicenda dell’Addendum sulla gestione dei prestiti deteriorati, sulla quale si accentua la confusione.

Lunedì scorso, Mario Draghi, intervenendo per un’audizione presso la Commissione economica del Parlamento europeo, ha detto che, ai fini della sistemazione, si debbono considerare non solo le nuove sofferenze ma anche quelle del passato, lanciando un appello perché tutte le parti coinvolte convergano per una soluzione che non crei gli effetti destabilizzanti che vengono temuti. Poi si è dichiarato favorevole all’introduzione della discutibilissima moratoria di 5 giorni nei pagamenti da parte di istituti che si trovino in gravi difficoltà ( avviati alla risoluzione). Intanto, la Commissione Ue sta approntando una normativa per il trattamento delle nuove sofferenze. Si intrecciano, dunque, interventi di istituzioni e organi diversi sulla stessa materia, per cui si viene a rafforzare l’esigenza che si metta una buona volta ordine nelle competenze istituzionali e nella normativa, arrestando lo sviluppo di una vera Babele delle regole e delle istituzioni. Agli incombenti problemi di instabilità politica sarebbe grave aggiungere quelli di un assai insoddisfacente funzionamento di controlli e controllori, con la ciliegina sulla torta dell’introduzione, che vorrebbero proprio i tedeschi, di limiti agli investimenti in titoli pubblici da parte delle banche.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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