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Il carattere retroattivo del discredito

La rilettura di Pasolini è spesso – letteralmente – illuminante. Badate bene: non delle sue pagine più lodate e citate, e per ciò stesso – temo – oggi rese inservibili dalla curvatura imposta dagli esegeti prevalenti.

Quindi, non del “processo al Palazzo”, fonte di tanti equivoci e torsioni illiberali. Non dell'”io so”, alimento di troppi complottismi.

Non (Dio ce ne scampi!) delle chiose e degli esercizi di stile dei “pasolinologi ufficiali”, addetti professionali (oltre che alla loro autopromozione sulla pelle di Pasolini) alla negazione delle interpretazioni differenti, all’eliminazione delle sfumature, delle contraddizioni, che invece erano la parte più viva e drammatica del pensiero di Pasolini, e della sua stessa umanità.

Così, spariscono sistematicamente i momenti di rabbia lucida (non accecata: anzi, razionale e direi illuminata) verso i burocrati comunisti (“li assiste l’ombra del compagno Zdanov…”); spariscono le pagine candide e scandalose di “Gennariello”, il piccolo e incompiuto trattato pedagogico di Pasolini.

Sparisce l’essenza della sua condizione dell’ultimo decennio almeno, fatta di isolamento e impossibilità di essere compreso, proprio – per paradosso – mentre i “giornaloni” si contendevano i suoi commenti.

Spariscono anche alcune osservazioni umane, psicologiche, intime (non politiche, non civili), di profonda intelligenza del cuore e della mente umana.

Ho ritrovato in una lettera, parte della sua immensa corrispondenza, un’intuizione disarmante sul carattere retroattivo della delusione, della disillusione rispetto agli altri. Detto in termini grevi: lo “sputtanamento” ha effetto retroattivo, proietta una luce cupa sul passato, sui nostri rapporti pregressi con un’altra persona. Se ti accorgi ora del fatto che qualcuno è pessimo, la verità è che era pessimo anche prima. E sei ancora più colpevole tu ad essertene accorto soltanto adesso.

Un’intuizione semplice, eppure profonda: e quante volte, nella nostra vita, cadiamo in questo errore fatale…

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