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Brexit, ecco perché May bistratta la Russia

Due giorni fa la primo ministro inglese Theresa May è stata piuttosto chiara: “La Russia, ovviamente, è la prima” delle minacce che il Regno Unito continuerà ad affrontare insieme all’Europa e all’Occidente anche dopo la Brexit. “Ho un messaggio molto semplice”, ha aggiunto la premier: “Sappiamo quello che state facendo, ma non avrete successo”. La leader inglese si riferisce alle continue campagne di interferenza russe che i paesi occidentali stanno denunciando: operazioni di guerra informativa (“Militarizzare le informazioni” ha detto May), fatte attraverso la diffusione online di contenuti mirati, falsi, alterati, che hanno come obiettivo creare ulteriore caos e confusione all’interno dei singoli stati; una campagna di cyber condotta da Mosca in simbiosi con la frustrazione verso gli establishment locali, l’incertezza economica, i problemi sociali come l’immigrazione, che hanno aperto certi spazi all’interno dei paesi occidentali.

RESTEREMO UNITI

“Sottostimate la forza delle nostre democrazie, l’attrazione perpetua che esercitano le società aperte e libere, l’impegno delle nazioni occidentali nel sistema di alleanze che ci unisce”. Le parole della May sono pesanti, e forse si possono inquadrare anche all’interno della gestione incerta dei negoziati sull’uscita dall’UE: la primo ministro vuole dimostrarsi forte e committed almeno su uno dei grandi punti strategici europei, il contrasto a queste ingerenze – che si registrano in Germania, Olanda, Grecia, Italia, Spagna, Francia e su tutto il fronte orientale.

IL RUOLO DI FACEBOOK

In questi giorni anche Facebook ha ammesso – per la prima volta – che la Russia ha provato a interferire nel voto del referendum Brexit: in uno statement “accuratamente formulato” ottenuto da BuzzFeed “sembra ammettere per la prima volta che alcuni account connessi con la Russia potrebbero aver usato la piattaforma per interferire nel referendum dell’UE” anche se il contenuto è stato rapidamente sminuito da un portavoce dell’azienda californiana, che però dice che “non c’è stato un coordinamento significativo”. Come dire, qualcosa, ma niente di eccezionale (solo che l’eccezionale sono già di per sé stesse queste interferenze, o tentativi di, con cui la Russia cerca di deviare il corso delle vita pubblica democratica di altri stati).

LA COMMISSIONE E GLI ATTACCHI RUSSI

Nel Regno Unito è stata istituita una commissione parlamentare che sta indagando il meddling russo nel referendum del 2016 sulla falsa riga di quella che negli Stati Uniti sta indagando sul Russiagate, l’interferenza russa durante le presidenziali. In questi giorni l’account Twitter dell’ambasciata russa a Londra ha attaccato il presidente di quella commissione, usando un virgolettato del nazista Goebbels, e la premier May (c’è una sua foto mentre beve vino rosso che riporta le parole “sappiamo quello che state facendo”: “Anche noi” dice il tweet, e fa riferimento a una delle varie fake news contro di lei, dedita all’alcool), sfottendo Londra su queste denunce.

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LA PROVA

Il 10 novembre la rivista Wired ha pubblicato “la prima prova” di come la Russia ha utilizzato Twitter per veicolare il proprio sostegno alla Brexit. La prova sarebbe contenuta nei documenti che il social network ha presentato alla commissione parlamentare d’inchiesta: ci sarebbero qualche decina di account – attualmente tutti sospesi – che hanno fatto rimbalzare in rete contenuti divisivi sui temi a latere del referendum (immigrazione, anti-immigrazione, sovranità, indipendenza) che hanno raggiunto oltre duecentomila follower, da cui sono stati ritwittati e diffusi a loro volta.

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