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Citizen science, tutti i dettagli sulla prima conferenza italiana

Di Chiara Caproni

A seguito della First italian citizen science conference 2017, organizzata dall’Accademia nazionale delle scienze presso il Consiglio nazionale delle ricerche di Roma, si è tenuta presso il Museo civico zoologico una tavola rotonda che ha ripreso i temi affrontati nel corso dell’incontro. La citizen science è un nuovo modo di fare ricerca, caratterizzata da un’interazione a vari livelli tra società civile e comunità scientifica, che può toccare differenti ambiti, dalla biologia all’ecologia, alla climatologia e all’astronomia, dalle neuroscienze alla medicina e all’informatica. Diverse possono essere quindi le attività in cui i cittadini possono essere coinvolti. L’Istituto di biometeorologia del Cnr, per esempio, ha realizzato delle centraline mobili di rilevamento della qualità dell’aria, del traffico veicolare e persino dell’inquinamento luminoso, dispositivi portatili a basso costo che possono contribuire al monitoraggio atmosferico e ambientale, fornendo dati significativi ai ricercatori. Citizen science significa insomma scienza partecipata, una forma ancora poco conosciuta in Italia e tra i temi della tavola rotonda c’è stato proprio il rapporto che il mondo della comunicazione ha instaurato finora con essa e come possa contribuire ad ampliarne la diffusione.

La scienza partecipata può coprire vari ambiti e si è confermato come essa rappresenti un punto nodale non solo per la divulgazione della ricerca tra i cittadini e per il contributo di questi alle attività degli scienziati ma, come ha confermato Emilia Chiancone, presidente dell’Accademia delle scienze e organizzatrice della conferenza, per la costruzione di una cittadinanza scientifica compiuta e per l’inserimento definitivo e a pieno titolo della scienza nella cultura comune. “La citizen science è un tema importante proprio perché riguarda il patto tra pubblici e ricercatori e consente non solo di far capire a chi non è del settore ciò che le scienze fanno, ma di avvicinare i cittadini ai ricercatori”. Dello stesso parere Stefano Martellos, coordinatore del progetto CSMON-Life dell’Università di Trieste, che ha affermato come occorra un bilanciamento equilibrato tra le parti: “I cittadini devono avvicinarsi al metodo scientifico, in modo da conoscerlo e saper evitare le molte ‘bufale’ che circolano in rete e sui media. Dall’altro lato, l’importanza del comunicare la scienza sta anche in un rafforzamento della capacità divulgativa nella comunità scientifica. Spesso per un ricercatore è difficile comunicare, ma se in qualsiasi tipo di ricerca questa parte manca non si riesce a far passare il messaggio e questo elemento non può essere sottovalutato”.

Non è un caso se sul piano disciplinare la citizen science riguarda soprattutto monitoraggi ambientali e se proprio le tematiche ambientali sono, con quelle della salute, le più vicine ai pubblici, quelle meglio in grado di intercettare un ampio consenso popolare, come Marco Galaverni del Wwf ha testimoniato alla tavola rotonda. “La nostra associazione, oltre a impegnarsi direttamente in progetti come BioHunt, ha sempre perseguito l’obiettivo del networking tra scienza, cittadini e comunicazione”. Ha confermato Andrea Sforzi, direttore del Museo di storia naturale della Maremma e membro dell’Associazione europea di citizen science, ECSA: “Bisogna arrivare alla costruzione di una rete etica e civica. Al di là dei singoli progetti, è necessario mettere insieme stakeholders, istituzioni e cittadini a livello nazionale. Inoltre, dal momento che in ambito di scienza partecipata ogni paese agisce in base ai propri parametri, occorre creare una rete internazionale, attraverso piattaforme o network che consentano l’interoperabilità dei dati, cioè il loro utilizzo da parte di tutti”.

Per trovare linguaggi e strategie efficaci di comunicazione bisogna tener conto dello spostamento dal mainstream informativo ai nuovi modelli di comunicazione come i social, ma anche di strumenti e interfacce della divulgazione scientifica che troppo spesso si danno per tramontati. Lo ha sottolineato Fausto Barbagli, Presidente dell’Associazione nazionale musei scientifici, “‘luogo ideale per la ‘scienza partecipata’, i musei svolgono un ruolo fondamentale perché sono un ambiente sempre fruibile, strutture nelle quali il contatto diretto con il pubblico è la regola, anche se alcune potenzialità non vengono sfruttate del tutto, soprattutto perché nei musei scientifici territoriali la mission del soggetto proprietario non coincide quasi mai con quella del museo. I musei con i progetti di citizen science si confermano quindi un patrimonio essenziale, purché si attivi un circolo virtuoso e il progetto divulgativo venga restituito alla cittadinanza”. La Convenzione Faro ha introdotto un concetto ampio e innovativo di “eredità-patrimonio culturale” che stabilisce la centralità dei cittadini, ha confermato Sarah Orlandi dell’International council of museums–ICOM: “In un sondaggio ICOM in Lombardia è stato chiesto ai cittadini perché partecipassero alle attività aperte e la risposta è stata: per conoscere il territorio. La citizen science deve essere in grado di fornire delle risposte”.

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