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Vi spiego come Intesa Sanpaolo, Unicredit e non solo si muovono su Fintech e Bitcoin

Dopo “S32” ovvero più semplicemente il “Fintech District” creato a Milano a fine settembre per condividere e sviluppare progetti sul tema (si veda qui), un’altra sigla alfa-numerica segna il passo del fintech: “R3”.

È notizia recente che “R3”, ovvero il consorzio cui partecipano un centinaio di banche e realtà finanziarie per lo sviluppo della tecnologia “Distributed Ledger Technology” (DLT – per intenderci quella alla base della blockchain che permette circolazione dei bitcoin), ha avviato una partnership con Sia per lavorare congiuntamente ed a livello globale ad applicazioni DLT. In particolare, Sia includerà sulla propria infrastruttura denominata “Siachain” l’infrastruttura “Corda” gestita da R3 e che include le “Cordapps” ovvero applicazione appositamente create per agevolare gli scambi di dati tra operatori bancari e finanziari. L’obiettivo di tale accordo è quello di permettere ai soggetti finanziari la verifica automatica di accordi e contratti, la gestione di servizi finanziari, la tracciabilità della proprietà di un bene, la gestione di accessi autorizzati, il tutto grazie alla rete di Sia (già attiva su 170 mila chilometri con modalità alta velocità e nella disponibilità dei maggiori players) ed alle “Cordapps”, che sono state create con funzionalità specifiche per il settore creditizio-finanziario. In altre parole, R3 e Sia lavorano entrambe allo sviluppo di piattaforme ed applicazioni per la “Distributed Ledger Technology” (DLT) ovvero di quella tecnologia che permette di distribuire e certificare dati tra privati, senza ricorso ad intermediari, come nel caso più noto del blockchain. Interessante notare che le principali banche italiane (Intesa Sanpaolo, UniCredit e Banca Mediolanum) prendono parte a R3 insieme a partner del calibro, ad esempio, di Bank of America, Merrill Lynch, Hsbc, Ubs, e ciò a testimonianza dell’interesse concreto che le banche tradizionali dimostrano rispetto ai prodotti offerti dal fintech.

Un altro recente caso di coinvolgimento delle banche in progetti ad alto contenuto innovativo è rappresentato dal consorzio composto da Deutsche Bank, Hsbc, Kbc, Natixis, Rabobank, Société Générale, Santander e l’italiana UniCredit per la creazione di “Wetrade” una piattaforma comune per la gestione di operazioni commerciali transfrontaliere, soprattutto per le Pmi, che permette di evitare l’utilizzo delle tradizionali forme (cartacee) di assicurazione del credito. Anche “Wetrade” sarà basata su tecnologia blockchain e mira a fornire certezza e velocità agli operatori che necessitano di assicurare i crediti, eliminando i processi cartacei, nonché rendendo le operazioni automatiche ed estremamente rapide.

Sul versante normativo, occorre segnalare che lo schema di D.lgs. per il recepimento in Italia della nuova direttiva sui servizi di pagamento (PSD2) a fine ottobre ha ricevuto il parere positivo delle commissione Finanze di Camera e Senato con una importante apertura al settore del fintech. In particolare, l’attuale schema di D.lgs. prevede che “al fine di favorire lo sviluppo del settore fintech in Italia”, il governo è chiamato a valutare l’adozione di un decreto del Mef che contenga norme dirette a favorire le c.d. start-up innovative – anche in deroga alle disposizioni vigneti. Tale proposto decreto dovrebbe stabilire “i requisiti, anche prudenziali, gli adempimenti e le procedure semplificate, anche di controllo, da applicare rispetto a quelli altrimenti in vigore per l’avvio e l’esercizio di servizi di pagamento, nel rispetto del principio di proporzionalità”. In sintesi, sembrerebbe che la nuova normativa stia recependo quelle esigenze di semplificazione che erano emerse durante l’inaugurazione del Fintech District, e che si erano tradotte nella richiesta esplicita – da parte di molteplici operatori – di un sand-box regolamentare per tali tipologie di imprese (si veda qui).

Nel frattempo le audizioni parlamentari, partite ad inizio settembre specificamente sul tema fintech, proseguono e sono già stati ascoltati sia importanti e consolidate realtà quali Banca Sella e Moneyfram, ma anche start-up meno note ma ad alto potenziale. Il protrarsi di tali audizioni e l’ampia partecipazione mostra l’interesse istituzionale per cercare di approfondire questo nuovo fenomeno finanziario-tecnologico. Naturalmente questa esigenza di approfondimento si fa più attuale soprattutto ora che anche le principali banche italiane stanno partecipando, e investendo, in progetti fintech, che vedremo nel 2018, ma che necessitano tuttavia ancora di un quadro normativo più chiaro.

Il tutto mentre il bitcoin sta segnando nuovi record, sfiorando Euro 7.000, e soprattutto destando l’interesse di molti ed entrando nel lessico finanziario degli investimenti con la proposta di uno strumento finanziario (future) basato su bitcoin.

Avv. Andrea Brancatelli
Senior Legal Counsel, Southern Europe, di MoneyGram International

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