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Mps, Carige, Unicredit, Intesa Sanpaolo. Ecco tutti gli effetti dell’ideona Bce sugli Npl

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Lo scorso 4 ottobre la Vigilanza bancaria delle Banca Centrale Europea (BCE) ha avviato una consultazione pubblica su un’aggiunta (addendum) al regolamento sulle linee guida della BCE in tema di crediti deteriorati (NPL). Scopo dell’addendum è quello di delineare dei livelli minimi di accantonamento che prudenzialmente le banche sottoposte alla vigilanza diretta della BCE dovrebbero avere. Attraverso queste misure la BCE punta a evitare che in futuro si possa ripetere l’eccessiva accumulazione di NPL con tassi di copertura non adeguati.

Nello specifico, questi livelli minimi sono definiti sulla base di due parametri: i) l’anzianità del credito deteriorato, ovvero da quanto tempo la banca ha riconosciuto il credito come non performante; ii) la presenza o meno di garanzie reali. Per i crediti su cui la banca non vanta alcuna garanzia reale l’addendum propone di raggiungere un livello di accantonamento pari al 100% dell’importo del credito deteriorato entro 2 anni dalla sua iscrizione nel portafoglio dei finanziamenti deteriorati. Gli impieghi su cui è presente una garanzia reale dovrebbero invece raggiungere una copertura del 100% entro sette anni. L’addendum specifica inoltre che il raggiungimento del livello minimo di copertura dovrebbe avvenire in modo graduale e che si dovrebbe applicare, quanto meno in prima battuta, ai crediti definiti come deteriorati a partire dal primo gennaio 2018. La consultazione si concluderà l’8 dicembre e dopo aver raccolto tutte le osservazioni la BCE deciderà se procedere o meno con le modifiche proposte. Una stima per l’Italia L’Italia è uno dei paesi europei con maggiore incidenza degli NPL sul totale dei finanziamenti. Solo Cipro, Grecia, Portogallo e Slovenia hanno una situazione peggiore (grafico 1).

grafico 1

Per la maggior dimensione del mercato bancario italiano, però, l’Italia è il paese dove è concentrato l’ammontare più rilevante di NPL (un quarto degli oltre mille miliardi di euro i crediti insoluti nell’Unione Europea a 28 paesi sono in Italia, secondo le statistiche EBA relative a giugno 2016). Per tale motivo è particolarmente importante stimare l’impatto dell’addendum sui conti delle banche italiane.

Lo stock complessivo di finanziamenti a imprese e famiglie era pari a circa 1.350 miliardi di euro ad agosto 2017. Tale consistenza è formata sia da prestiti in bonis che da crediti deteriorati. Escludendo la parte più grave di questi ultimi, ovvero sofferenze e past-due, lo stock di finanziamenti in bonis è stimabile in 1.100 miliardi di euro, di cui il 44% in capo alle famiglie consumatrici e il restante 56% alle imprese.

Dalla relazione annuale della Banca d’Italia si riscontra che il tasso di decadimento dei crediti deteriorati delle famiglie consumatrici è stato pari, nel 2016, all’1,7%, mentre quello delle imprese al 4,1%. Nel caso in cui gli stessi tassi di decadimento permanessero anche nel 2018 (ipotesi di invarianza di comportamenti), si può stimare per il prossimo anno un ammontare di nuovi crediti deteriorati pari a 33,9 miliardi di euro.

Utilizzando le statistiche della Banca d’Italia circa l’incidenza delle garanzie reali tra i finanziamenti andati in sofferenza, pari al 38% del totale, si può poi stimare che il flusso di deteriorati non garantiti sarebbe pari a circa 20,9 miliardi di euro, mentre quelli garantiti sarebbero pari a 13 miliardi.
Sulla base delle recenti statistiche circa i tassi di copertura dei crediti deteriorati delle banche italiane emerge come per le sofferenze si tocchi il livello del 62%, mentre per le inadempienze probabili la copertura è pari al 33%. Ipotizzando gli stessi tassi di copertura per il 2018, gli accantonamenti a fronte dei nuovi crediti deteriorati dovrebbero essere, sotto le attuali regole, pari a 18,6 miliardi di euro.

Rispetto ai 33,9 miliardi di copertura che verrebbero richiesti sulla base dell’addendum, sarebbero dunque necessari 15,3 miliardi di euro di accantonamenti aggiuntivi per l’intero sistema bancario italiano. Posto però che le nuove regole si applicheranno solo sui gruppi bancari direttamente vigilati dalla BCE, che rappresentano circa l’88% del mercato italiano, il maggior livello di accantonamenti per gli istituti italiani sarebbe pari a 13,4 miliardi di euro (tavola 1).
Considerando il profilo temporale più rapido imposto per i crediti deteriorati non garantiti, che rappresentano la componente più ampia degli NPL, nei primi due anni si possono stimare maggiori accantonamenti per circa 5 miliardi di euro all’anno, mentre dal terzo al settimo anno sarebbero pari a 700 milioni.

Va sottolineato che nella stima non si tiene conto degli effetti legati al flusso di nuovi crediti deteriorati negli anni successivi al 2018. Le somme recuperate sui crediti deteriorati emersi già nel 2018 potrebbero infatti compensare, in tutto o in parte, le nuove esigenze di accantonamento per i successivi crediti deteriorati. Al riguardo va ricordato che i tassi di recupero sulle sofferenze sono stati pari, nel 2015, al 45,1% e al 29,2%, rispettivamente per i prestiti con e senza garanzie reali.

tavola 1

Conclusioni

In definitiva, se venisse varata la modifica alle linee guide sugli NPL per le banche italiane vigilate dalla BCE il conto da pagare sarebbe pari 10 miliardi di euro nel biennio 2018-19, fino a toccare i 13,4 miliardi dopo altri cinque anni. É un conto “salato”, ma alla portata degli istituti italiani, per cui le conseguenze in termini di razionamento del credito potrebbero essere limitate.

Ciò non toglie che la misura prudenziale proposta dalla BCE appaia eccessiva. Anche nel caso peggiore in cui non vi siano garanzie reali, gli istituti di credito sono riusciti a recuperare almeno un terzo del credito concesso, quindi prevedere accantonamenti al 100% sembra un’ipotesi estrema.

Nel complesso l’impianto ideato dalla vigilanza BCE appare troppo rigido. I criteri di accantonamento andrebbero tarati sulle caratteristiche dei singoli istituti. Se una banca ha dimostrato di essere abile nel recuperare il credito prestato, anche in condizioni macroeconomiche molto difficili come quelle vissute nei paesi periferici dell’Area euro, imporre un accantonamento del 100%, e particolarmente rapido per i prestiti non garantiti, può impattare negativamente sulla gestione finanziaria e sulle decisioni di business. Inoltre, scadenzare rigidamente le politiche di accantonamento può offrire un vantaggio agli operatori specializzati nell’acquisto di NPL, che potrebbero attendere l’avvicinarsi dei tempi necessari per una svalutazione al 100% prima di fare offerte (scontate) per rilevare pacchetti di crediti deteriorati.

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