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L’appello di Papa Francesco per l’Ucraina

Di L'Osservatore Romano

«L’aspirazione alla giustizia e alla pace» della «cara nazione ucraina» è stata rilanciata dal Papa nella mattina di giovedì 9 novembre. Ricevendo in udienza la comunità del Pontificio collegio di San Giosafat in Roma, Francesco ha denunciato «il dramma della guerra, che genera grandi sofferenze soprattutto nelle zone coinvolte, rese ancora più vulnerabili dai rigori dell’inverno che si avvicina». E in proposito ha invocato la messa al bando di «ogni forma di prevaricazione, corruzione sociale o politica»: tutte realtà queste, ha avvertito, «di cui sono sempre i poveri a fare le spese». E siccome non solo in Ucraina ma anche in altri luoghi «il mondo è ferito da guerre e violenze», il Pontefice ha incoraggiato quanti lavorano per «realizzare una società più giusta e solidale», con l’auspicio che «siano sostenuti attivamente dall’impegno concreto delle Chiese, dei credenti e di tutte le persone di buona volontà».

L’incontro si è svolto in occasione dell’ottantacinquesimo anniversario della costruzione della sede dell’istituto sul colle Gianicolo, per volere di Pio XI. Papa Ratti, ha ricordato il Pontefice, «si fece promotore di una iniziativa che manifestava la sollecitudine dei successori dell’apostolo Pietro per i fedeli provenienti da zone di sofferenza o di persecuzione, che in questo modo potevano sentirsi a Roma come figli amati, preparandosi come diaconi e sacerdoti» della Chiesa greco-cattolica, secondo una tradizione che prevede il «sacerdozio celibatario» e «quello uxorato».

Ricorrendo a un’immagine suggerita dal panorama che si gode dal colle romano, il Papa ha invitato gli studenti a fare sì che il loro «cuore spazi sempre in orizzonti ampi, che abbiano la misura del mondo intero, dove molti figli e figlie dell’Ucraina si sono sparsi nel corso dei secoli. Amate e custodite le vostre tradizioni — ha raccomandato — ma evitando ogni forma di settarismo. E custodite sempre, in patria e fuori, il sogno dell’alleanza di Dio con l’umanità, i ponti che riconciliano il cielo e la terra e chiedono agli uomini quaggiù di imparare ad amarsi e a rispettarsi, abbandonando le armi, le guerre e ogni genere di sopruso».

Dopo aver accennato all’importanza del dialogo ecumenico, il Papa ha fatto memoria di quei vescovi e i sacerdoti — alcuni formati nel collegio di San Giosafat — «che hanno dato la vita o hanno sofferto persecuzione a motivo della fedeltà a Cristo e alla Sede apostolica». Infine Francesco ha confidato di conservare e venerare «una piccola icona ucraina della Madonna della tenerezza, dono del vostro arcivescovo maggiore quando eravamo insieme a Buenos Aires» e ha condiviso un ricordo personale: quello di «padre Stefano Chmil, poi consacrato vescovo di nascosto a Roma», conosciuto nel 1949 nella capitale argentina.

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