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Ecco come Matteo Salvini lavora per far attecchire la Lega al Sud

Dopo la Sicilia – dove il Carroccio è riuscito a entrare per la prima volta nella sua storia in Assemblea regionale – il progetto di una Lega non più solo padana, ma nazionale, continua. Un’ambizione confermata dalle recenti adesioni dei deputati Nuccio Altieri e Roberto Marti – rispettivamente di Bari e di Lecce – fino a pochi giorni fa membri di Direzione Italia, il partito fondato da Raffaele Fitto, storicamente radicato in Puglia. Dove ora l’ex governatore della regione attualmente amministrata da Michele Emiliano dovrà confrontarsi con la concorrenza – tutta interna al centrodestra – della Lega di Matteo Salvini, sempre più deciso a trasformare il Carroccio in una forza politica nazionale.

IL MODELLO PADANO PER IL SUD?

Una scelta in controtendenza per un meridionale come Nuccio Altieri, che però l’ha rivendicata con forza. “Sono profondamente d’accordo con la decisione di Salvini di esportare il modello di buon governo del Veneto e della Lombardia alle regioni del Sud“, ha dichiarato a Formiche.net Altieri. Secondo il quale il Mezzogiorno ha bisogno di “un messaggio chiaro, concreto, in alcuni passaggi anche ruvido“. Come quello del segretario leghista, le cui battaglie – ha sottolineato il neoesponente del Carroccio – sono a maggior ragione valide al Sud: “Abbassare le tasse, tutelare la sicurezza, dire no all’immigrazione clandestina è fondamentale sia a Milano che a Bari. Anzi più a Bari che a Milano. La battaglia di Salvini per tutelare l’agricoltura contro le regole europee che ci fanno arrivare l’olio tunisino dove serve? A Milano o a Bari?

LA LEGA AL SUD: UNA CONTRADDIZIONE IN TERMINI?

Eppure – quando si parla della Lega che sbarca al Sud – è difficile non ripensare ai lunghi anni di battaglie condotte dal Carroccio contro Roma ladrona e il Mezzogiorno inefficiente. Alle richieste di secessione. Agli slogan. Alla mission storica da sempre perseguita dal partito fondato da Umberto Bossi. Nessuna contraddizione, però, secondo Altieri, per il quale siamo ormai “in un’epoca completamente diversa” nella quale la Lega si presenta ormai pienamente trasformata rispetto alle origini. “Togliere la parola Nord è stata una rivoluzione per la Lega. Quella fase è superata. Se vogliamo fare gli storiografi, parliamo della Lega degli anni ’90 con i temi degli anni ’90. Se vogliamo invece fare politica, parliamo della Lega di oggi. Per la stessa ragione per cui il Pd non è più comunista e non ha più nei suoi uffici le foto di Mao o di Stalin, alla stessa maniera la Lega è diventata il partito dei territori: del Veneto, del Lazio, della Puglia o della Sicilia. Questa è la scommessa“.

LA PADANIA CHE RESISTE: I REFERENDUM PER L’AUTONOMIA

E pensare che neppure venti giorni fa si sono svolti i referendum per l’autonomia in Lombardia e Veneto, i cui esiti positivi – a dire di molti osservatori – avrebbero messo in crisi, almeno in parte, la svolta nazionale impressa da Salvini alla Lega. Una considerazione non condivisa da Altieri secondo cui, anzi, dovrebbero svolgersi iniziative simili anche in alcune regioni del Sud: “Mi piacerebbe che un referendum del genere si svolgesse in Puglia, che ha risorse straordinarie ma le può utilizzare solo al 20% perché imbrigliate in una selva normativa e burocratica“. Per Salvini – e anche per l’ex esponente del partito di Fitto – la soluzione sarebbe dunque quella di dare maggiore autonomia alle regioni meridionali: “Anche con l’obiettivo di responsabilizzare la classe dirigente. Dagli anni 50′ esiste un’enorme questione meridionale. Sono stati investiti miliardi e miliardi di euro: ma dove sono andati a finire? Non si capisce. Lo Stato deve limitarsi a fare il suo e permettere alle regioni di  vivere delle proprie risorse all’interno di un quadro di autonomia e solidarietà nazionale“.

GLI OBIETTIVI DELLA LEGA

Ma, credibilmente, quali percentuali la Lega è in grado di ottenere al Sud? Una domanda rilevante anche sotto il profilo degli assetti interni al centrodestra considerato che il Carroccio e Forza Italia viaggiano più o meno appaiati nei sondaggi, con l’obiettivo, da parte di entrambi, di prevalere sull’alleato-avversario. “Oggettivamente il messaggio di Salvini è chiaro è concreto: può piacere oppure no, ma non c’è quel pantano della mezza misura. Penso che si possano raggiungere percentuali a doppia cifra anche in Puglia“, si è sbilanciato Altieri. Che, invece, ha glissato sulla possibilità di essere il candidato di coalizione in uno dei collegi uninominali della sua regione: “Quello si vedrà quando saranno definiti i collegi. Ora si tratta soltanto di trasferire questo messaggio agli elettori: le candidature si costruiscono e non si disegnano sulla carta“.

L’ADDIO A FITTO

Una decisione – quella di Altieri e di Marti – commentata da Fitto con durezza. “Chi è già andato via o lo sta facendo ora, non ha nemmeno il coraggio di sostenere delle idee ma sta solo disperatamente inseguendo una poltrona. Certo, però, considerando le storie di ciascuno, c’è da capire come possano continuare a guardarsi allo specchio“, ha scritto ieri su Facebook il leader di Direzione Italia che dai tempi della decisione di rompere con Silvio Berlusconi ha già perso, oltre ad Altieri e Marti, anche altri parlamentari come la veneta Cinzia Bonfrisco – oggi nel gruppo parlamentare presieduto da Gaetano Quagliariello – e l’altro pugliese Rocco Palese, passato prima dell’estate in Forza Italia. “Sono scelte che hanno una forte componente di sofferenza. Ritengo che Fitto sia un ottimo amministratore e che lo abbia dimostrato come presidente della regione“, ha provato a stemperare i toni Altieri. Che, però, ha anche rivendicato le ragioni politiche della sua scelta: “Negli ultimi mesi c’è stato un lungo dibattito al nostro interno all’esito del quale alcuni colleghi ed io abbiamo ritenuto più coerente con il percorso di questi anni fare sintesi con una forza come la Lega. Piuttosto che provare a fare una terza, quarta o quinta gamba con un respiro diverso“.

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