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Ecco la verità di Andrea Fontana sulle fake news

Il dibattito politico sulla post-verità e le fake news ci spinge a ragionare sul tema, anche in ottica “eretica”.
Ne abbiamo parlato con Andrea Fontana, sociologo della comunicazione, pioniere della narrazione d’impresa nel nostro Paese e guru dello storytelling italiano.
Ha recentemente pubblicato “#Iocredoallesirene – come vivere bene in un mare di fake news” (Hoepli) sui temi della post-verità e della gestione dei flussi informativi.

Millenium bug, John Titor, lo “scherzo” di Wells. Fino al lontano Lorenzo Valla. Il ruolo delle false notizie, delle “bufale”, è ora tema di dibattito politico. Un intreccio di realtà vera e simulata, la post-verità. Qual è il ruolo delle fake news nella nostra vita?

Dobbiamo capire un paio di questioni. La prima: la parola fake news ci sta confondendo. La stiamo usando per tutto, ma in realtà stiamo confondendo le “false notizie” con le “notizie ostili”. Una notizia può essere falsa per un errore, per una inesattezza, per una svista, senza per questo far male a nessuno o ferire carriere. Mentre le notizie ostili sono manipolazioni specifiche che servono per attaccare reputazioni personali, aziendali e/o politiche e fanno molto male.
Se cominciamo a fare queste distinzioni tra le notizie allora capiamo che le news ostili sono il vero problema e individuiamo davvero quello che è il male da combattere: non la deformazione della notizia, che avviene anche fisiologicamente, ma la notizia manipolata perniciosa. Chi la crea, perché, dove? Questo è il tema, non il fake.

La seconda questione riguarda il delicato tema: finzione-verità. E anche qui dobbiamo capire che ci sono due tipi di finzioni: quelle positive e quelle negative. Come le neuroscienze hanno ampiamente dimostrato, le finzioni positive sono quelle che usiamo per semplificare la complessità del reale. Per esempio: sappiamo che l’atomo non è un insieme di palline da tennis, ma ce lo siamo rappresentato così per facilità di comprensione. Sappiamo che la linea rossa che vediamo sul cartello in metro non è il reale tragitto del nostro treno, ma è più comodo e utile vederlo in questo modo. La finzione positiva fa parte della nostra esistenza, ci aiuta e ci semplifica la vita. La usiamo tutti i giorni nei nostri profili social. La carriera che un professionista descrive in linekedin, con i suoi post, le sue foto, non sono la totalità di una vita professionale, ma la rappresentazione finzionale – orientata e selezionata nelle informazioni. Per questo non esiste una verità-realtà senza finzione positiva, perché intorno a quel nucleo duro di realtà abbiamo sempre bisogno di rappresentarci una semplificazione. Altrimenti entriamo nel campo del mistero e della fede. Le finzioni negative invece sono quelle che usiamo per mentire consapevolmente, manipolare e aggreddire.

Per cui oggi non ci possiamo fare nulla, stiamo vivendo in società dove il vero si mescola inesorabilmente con il finto.
Dobbiamo diventare consapevoli della finzione positiva nella nostra vita e accorgerci della finzione negativa.
Consci che il vero-finto fa ormai parte della nostra esistenza e quindi diventando più vigili, critici, attenti, sensibili.

La soluzione che il legislatore ha dato e vuole dare è il rafforzamento del ruolo di controllori delle aziende private come Facebook o Google, rafforzando il loro monopolio informativo.
Soluzione utile o controproducente?

E’ un problema molto grande questo. E dobbiamo aprire un dibattito politico, sociale e informativo sul tema.
Il legislatore deve intervenire perché siamo, sopratutto in Italia, di fronte a un vuoto totale di norme e regole aggiornate con i tempi. E’ inevitabile passare dalle piattaforme private che gestiscono le nostre “identità digitali” ormai più vere del vero, d’altronde le abbiamo delegate noi a farlo (nel momento in cui – senza leggere – firmiamo gli “accordi d’uso”). Ma penso anche che ci debba essere un coinvolgimento di ogni parte sociale: pubblica e privata, esperta e non esperta, politicamente tri-partisan, evitando i soliti battibecchi campanilistici. Tutti ne dobbiamo discutere e insieme cercare di prendere una decisione su come gestire il “falso” e la conoscenza deformata, che ognuno di noi oggi usa e contribuisce a diffondere dai media che si trova addosso.

Viviamo in queste camere dell’eco, in cui le nostre convinzioni vengono autoalimentate. Delle filter bubble. Possiamo far scoppiare la nostra bolla?

Da un punto di vista tecnologico difficile. Come utenti – con competenze medie – non possiamo farci molto. Non siamo noi che programmiamo le “macchine” o i famigerati “algoritmi”. Però abbiamo un grande potere culturale e possiamo diventare più sensibili ai tempi. Quindi possiamo far saltare le “filter bubble” attraverso un doppio gesto:
Primo, diventando consapevoli che tutto quello che troviamo nella nostra vita informativa (on line e off line) oggi è un prodotto: creato da qualcuno per scopi specifici. E come tale, il prodotto, può essere: scaduto, errato, falsato, nocivo e così via, per cui sviluppare questa sensibilità ci aiuta a non identificarci troppo nel meccanismo della “verità assoluta”. Secondo, diventando responsabili rispetto a tutto quello che leggiamo e produciamo o condividiamo on line e off-line. Per cui: controllare le fonti, non condividere se non si è sicuri, pensare fino a dieci prima di mettersi a scrivere qualcosa che poi potrebbe essere non esatto, e ri-condiviso, aumentando la circolazione della “conoscenza deformata”.

La tesi contenuta nel libro è la convivenza con le fake news, con l’irreale. Ma la linea generale è il contrasto. Come continuare a “credere alle Sirene”?

Le norme sono sempre contrastanti. Dare una legislazione – sopratutto all’inizio della gestione di un problema epocale – produce conflitti. Tuttavia, dobbiamo capire che – come sostengono molti studiosi e ricercatori – stiamo entrando in un’epoca in cui l’immaginario, il fantastico e la simulazione la faranno da padroni e saranno (economicamente e tecnologicamente) il vero asset strategico. Pensiamo all’Intelligenza artificiale o alla realtà aumentata: vivremo con device che ci faranno “simulare mondi” – ci racconteranno parti fantastiche della realtà per intrattenerci, ci espanderanno la percezione mentale ed emotiva del reale che andrà ben oltre l’ingenuo: vero vs falso. Banalmente già i nostri smathphone e tablet con alcune app più evolute lo fanno adesso. Dobbiamo prepararci a convivere con le “sirene”, perché sarà una tendenza inevitabile quella di usare la “finzione positiva” e la simulazione per allargare la nostra esperienza di mondo. Allo stesso tempo dobbiamo attrezzarci per lottare contro la “finzione negativa” e le notizie ostili (non solo false). Qui sarà importante il dibattito politico, ma sopratutto sociale e la partecipazione di tutti noi: consapevolezza, responsabilità ed educazione. In questo senso, le scuole e le Università e anche le iniziative formative di singoli enti innovativi ci potranno aiutare a formarci per questo nuovo mondo che si affaccia all’orizzonte. Ci sono già diverse iniziative a riguardo in Italia. Certo, però, dobbiamo essere pronti a rinunciare a una cosa: la “forma mentis” Novecentesca: zero, uno; vero, falso, etc. etc che ha fatto il suo tempo ed è ormai inadeguata, come evidenziato dal dibattito scientifico in corso.

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