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Come il pizzaiolo napoletano è diventato patrimonio dell’Unesco

Alla fine l’Italia ce l’ha fatta. Dopo anni di raccolta firme, dove si annoverano anche personalità prestigiose e internazionali come il sindaco di New York, Bill de Blasio, con voto unanime l’arte del pizzaiolo napoletano è diventata patrimonio dell’umanità. L’obiettivo è stato raggiunto ieri a Jeju, isola della Corea del Sud, dove era riunito il consiglio dell’Unesco e durante il quale è stato premiato e riconosciuto un mestiere che rende orgogliosi gli italiani nel mondo e soprattutto i napoletani che hanno ricevuto la notizia con esplosioni di gioia nella città.

La candidatura è stata proposta da più di 2 milioni firmatari, sostenitori attraverso la mobilitazione della Coldiretti insieme con l’Associazione Pizzaiuoli Napoletani e con la fondazione UniVerde dell’ex ministro dell’Agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio.

La decisione è stata annunciata con un tweet trionfante dall’attuale ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e vicesegretario del Partito Democratico Maurizio Martina.

Le parole dell’Unesco per la premiazione recitano così: “Il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da ‘palcoscenico’ durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale”.

Anche Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, ha commentato la scelta di riconoscere il pizzaiolo napoletano patrimonio dell’umanità: “Riconoscimento storico: grazie ai pizzaioli napoletani, che vivono ed operano a Napoli e in tutto il mondo, grazie a tutti quelli che hanno firmato per questa petizione. È il segno della potenza di Napoli attraverso la sua arte, la sua cultura, le sue tradizioni, le sue radici, la sua creatività, la sua fantasia. Una grande vittoria per Napoli e per la pizza napoletana”. Per l’Italia questo è l’ottavo riconoscimento nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Unesco ed è la terza iscrizione nazionale nell’ambito della tradizione enogastronomica. Nel 2013 la “Dieta Mediterranea” è stata iscritta come bene transnazionale, mentre nel 2014 è stato il turno de “La vite ad alberello di Pantelleria”. L’Italia ha raggiunto il Giappone, che finora deteneva il primato con tre iscrizioni enogastronomiche.

Anche Dario Franceschini, ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha espresso la sua soddisfazione, come anche Mara Carfagna, napoletana consigliere comunale a Napoli, Alfonso Pecoraro Scanio presidente della Fondazione UniVerde e già ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente e Angelino Alfano ministro degli Esteri.

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