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Perché l’Italia continua a dividersi su fascismo e antifascismo

Barbagallo

Purtroppo, in Italia, l’antifascismo continua ad essere un valore divisivo. Il che è prima di tutto responsabilità di chi – a tanti decenni di distanza – non si è ancora liberato di quella ingombrante coda di paglia che lo induce a sottovalutare episodi inquietanti come quelli che sono avvenuti nelle ultime settimane. Ma si portano appresso anche una parte di responsabilità coloro che pretendono di avere la chiave d’accesso al club dell’antifascismo e di mettersi sulla soglia per giudicare chi abbia diritto o meno di entrare. Magari senza accorgersi che il fascismo vero dei nostri giorni non indossa la camicia nera.

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E’ stato giusto andare a Como per rispondere alla provocazione degli skinheads veneti. E’ stato giusto scendere in piazza contro il blitz neofascista davanti alla sede di Repubblica e l’Espresso. Ma poche ore prima che migliaia di persone si riunissero a Como in difesa della democrazia minacciata, manipoli di teppisti avevano nuovamente preso d’assalto, con il lancio di bombe carta, i cantieri della Tav in Val di Susa. Come dobbiamo definire queste azioni: espressioni di disagio sociale, legittima protesta sfuggita di mano ai pacifici organizzatori o quant’altro possa giustificare il silenzio assordante dei media tanto ciarlieri in altre occasioni?

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Aspettiamo il momento in cui Massimo D’Alema spiegherà (come già in un’altra corcostanza) che il M5s è nato da una costola della sinistra.

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A norma di regolamento l’emendamento sulla nuova governance dell’Inps e dell’Inail (sostenuto da un parare unanime della Commissione Lavoro della Camera) sarà dichiarato inammissibile. I suoi proponenti lo sanno e si aspettano questa decisione – peraltro corretta – già in Commissione Bilancio. Ma hanno voluto mandare un avvertimento a Tito Boeri, reo, a loro avviso, di tentare il salvataggio di quel poco che è rimasto della riforma Fornero.

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Quando mi capita di vedere (mi bastano pochi minuti, poi mi scappa lo zapping) qualche puntata di Non è l’Arena mi chiedo perché Massimo Giletti sia andato a fare il varietà su La7 anziché sulla Rai come gli avevano proposto.

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