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La Strategia di sicurezza nazionale di Trump, la Nato e l’Europa secondo Paolo Alli

trump, Paolo Alli

Il nuovo richiamo di Trump agli alleati affinché spendano di più per la difesa è legittimo, ma non può esaurirsi nel parametro quantitativo del 2% del Pil. Parola del presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato Paolo Alli, che ad Airpress ha commentato l’Nss presentata ieri, a Washington, dal presidente americano.

TRA HARD POWER E SOFT POWER

“Per quanto non sia facile dare un giudizio sintetico su un documento così ampio”, ha detto Alli, emerge con evidenza “la parola chiave per la presidenza Trump: America first”. Eppure, ha aggiunto, “nonostante il focus principale sia sugli interessi americani e sul ricorso all’hard power delineato dal terzo pilastro del documento (intitolato Preserve peace through strength, ndr), il quarto e ultimo pilastro (intitolato invece Advance America influence, ndr) prevede il riposizionamento internazionale del Paese, richiamando al soft power”. In questo, “essendo dentro il dialogo con l’alleato americano in qualità di presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, non mi è parso di trovare grandissime novità”, ha rimarcato Alli. Il documento, infatti, “riafferma in modo forte le priorità dell’amministrazione americana”, ribadendo “una chiara preoccupazione riguardo la difesa dei confini americani, le nuove minacce e il terrorismo: tutte cose notoriamente in cima all’agenda politica della nuova presidenza”.

LA MANO DI MATTIS

“Direi che il documento è ben fatto dal punto di vista della completezza, per quanto ciò non significa che ne condivida tutti i punti”, ha spiegato ancora Paolo Alli. Sulla Strategia, “la mano di Jim Mattis, segretario alla Difesa, è abbastanza evidente. Nell’ultimo mese sono stato a Washington due volte e ho avuto l’impressione che Mattis sia il vero punto fermo dell’amministrazione, l’unico a non essere mai messo in discussione”. Ne consegue il “ruolo forte che il Pentagono ha ormai negli equilibri americani”, e che si legge soprattutto nel fatto che venga “sottolineata molto la necessità di forza e deterrenza per preservare la pace”. Si tratta, secondo Alli, di un’impostazione “ragionevole per un Paese che ha fronti aperti ovunque nel mondo ed ha a che fare con interlocutori dotati crescente assertività”.

LE SFIDE DEGLI USA

Tra questi resta la Russia “con cui, nonostante le dichiarazioni iniziali di amicizia tra Trump e Putin, lo scontro è aperto; d’altronde, il mood americano è strutturalmente e tradizionalmente anti-russo”. C’è poi la Cina, “che ormai si pone come attore geopolitico globale con cui gli Usa hanno un confronto vero, e anche muscolare, nel teatro nell’estremo oriente”. Anche la questione nordcoreana , ha ricordato il presidente dell’Ap della Nato, “nasconde dietro le quinte il confronto sempre più ampio tra Pechino e Washington, in cui la prima spera in un arretramento della sfera di influenza della seconda per allargare la propria”. Considerano poi l’instabilità Medio Orientale e il terrorismo internazionale, “il fronte di sfide che gli Stati Uniti devono affrontare è molto vasto; lo è da sempre, ma oggi gli attori sono molto più potenti di quanto non lo siano mai stati prima”.

LA NATO E LE SPESE PER LA DIFESA

Riguardo il nuovo invito lanciato agli alleati Nato affinché spendano di più per la difesa, “il tema è sul tappeto da molti anni. Già nell’ultimo periodo della presidenza Obama – ha affermato Alli – furono proprio gli alleati, durante il Summit in Galles, a concordare sul parametro del 2% del Pil per la difesa e del 20% di questo in capacità. Non è affatto una novità”. Ribadirlo “serve però a Trump all’interno del Paese per far vedere che gli americani non pagano per gli impegni di altri”, ha aggiunto. Difatti, “rispetto alle dichiarazioni iniziali, quando Trump definiva l’Alleanza obsoleta, c’è stato un cambio di rotta notevole”. Ora, il presidente “non può far altro che ripetere all’ossessione il mantra del 2% anche se all’interno dell’Assemblea parlamentare stiamo da tempo discutendo sul fatto che non sia l’unico parametro per misurare il contributo a sicurezza collettiva”. In altre parole, ha rimarcato Alli, “va bene misurare quanto un Paese spende, ma bisogna anche capire quanto fa”. Esempio evidente di questo approccio qualitativo alla spesa per la difesa, più volte ribadito anche dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, è proprio l’Italia. “Il nostro Paese – ha ricordato il presidente Ap Nato – è a un livello di spesa dell’1,2%, ma rappresenta il secondo contributore mondiale a livello di truppe impegnate nelle missioni internazionali; tutt’altro rispetto a Paesi che superano il 2% ma non hanno dispiegato sul campo nemmeno un soldato”.

GLI SVILUPPI SUL FRONTE EUROPEO

Sulle spese per difesa e sicurezza, ha spiegato ancora Alli, l’integrazione europea apre a ulteriori e nuovi sviluppi: “Non è più solo la Nato che richiama i Paesi membri; la questione diventa un problema europeo”. Per quanto, infatti, “l’Alto rappresentante Federica Mogherini ribadisca che l’Unione europea non ha il parametro del 2%, e che il vero contributo europeo sarà aiutare gli Stati a spendere meglio i soldi che già spendiamo, non si può pensare che basti l’accordo sulla Pesco”, ha concluso. “Occorre iniziare a mettere in campo più risorse in un campo geopolitico sempre più complesso tra minacce in continua evoluzione”.

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