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Vi spiego perché l’idea europea è in crisi. Parla Carlo Calenda

È un discorso improntato al realismo quello che il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha tenuto oggi al seminario “L’idea democratica e il futuro dell’Europa” organizzato alla Camera di commercio di Roma dal Partito democratico europeo di Francesco Rutelli e François Bayrou.

Chiamato a testimoniare la sua esperienza istituzionale a contatto con i palazzi di Bruxelles, Calenda non ha lesinato critiche a una certa idea di europeismo, debole lascito di una classe dirigente liberal-democratica che troppo spesso si accontenta dell’esaltazione astratta del commercio multilaterale, della globalizzazione, dell’apertura dei confini.

“Non riconquistiamo la maggioranza dei cittadini con la retorica, né dicendo che l’idea europea è valorialmente superiore. Alla base della frattura fra cittadini e politica”, ha riconosciuto il ministro, “c’è la responsabilità della classe dirigente liberale, di cui io stesso faccio parte, che ha presentato la globalizzazione come un fenomeno lineare positivo”. E questo non perché la globalizzazione non sia un fenomeno positivo in sé, ma perché “come tutti i fenomeni storici che accelerano, ha fasi di transizioni controverse, che mettono uno contro l’altro vincitori e vinti”.

Allo stesso modo i politici devono evitare di presentare il progresso tecnologico come panacea di ogni male, pena il rischio di allargare lo scollamento della società civile. “Non dobbiamo commettere gli errori del passato, l’innovazione tecnologica cambia profondamente il rapporto fra l’uomo e la società, parliamo di un salto antropologico di cui la gente è spaventata”.

Alle istituzioni Ue Calenda rimprovera la mancanza di capacità decisionale, l’esaltazione di un multilateralismo che talvolta degenera in un consensualismo lento, farraginoso, lesivo degli interessi dei cittadini e delle aziende. Nessun riferimento alla recente sconfitta di Milano nella corsa all’Ema, dove il sistema Italia ha perso l’Agenzia europea del farmaco per via di un sorteggio. Ma resta l’appello a “una governance europea più assertiva e forte, che abbandoni l’unanimità e lavori a maggioranza”.

Il ministro non ha nascosto la delusione per il naufragio del Ceta, l’accordo di libero scambio fra Europa e Canada arenatosi per un voto del parlamento autonomo della Vallonia, una regione del Belgio. “Cara Commissione, quando negozi per otto anni il Ceta lo concludi come processo europeo, con il Parlamento e la Commissione. Non lo porti in 27 parlamenti nazionali per esporlo al bombardamento dei critici”, ha chiosato Calenda. “Iniziamo a parlare il linguaggio del realismo contro l’ottimismo o il pessimismo che appartengono al populismo”, ha concluso il ministro: “La democrazia si salva se è forte, decisionista e in grado di proteggere”.

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