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A tu per tu con “i compagni” Andrea Camilleri e Massimo D’Alema

La nostalgia per i bei tempi andati, la preoccupazione per un presente carico di incognite e di problemi ma anche un pizzico di speranza, dettato dalla fiducia che l’uomo – e, quindi, i cittadini e le istituzioni, insieme – possa alla fine essere in grado di invertire il senso di marcia. C’è tutto questo (e molto altro) nella chiacchierata tra lo scrittore Andrea Camilleri e l’ex presidente del Consiglio – ed esponente di spicco di “Liberi e Uguali” – Massimo D’Alema pubblicata nell’ultimo numero della rivista Italianieuropei diretta da Peppino Caldarola ed edita dall’omonima fondazione creata e presieduta dallo stesso ex premier. Una conversazione dal tono intimo e personale nella quale i due si sono concentrati su una pluralità di temi di attualità e non – dalle insidie e le opportunità della rete alla crisi economica, passando per l’Europa e il futuro della sinistra – senza, peraltro, tralasciare alcuni ricordi comuni. Come quando nel 1995 D’Alema – in qualità di segretario dell’allora Pds – organizzò e moderò un dibattito pubblico tra Camilleri e lo scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán alla festa dell’Unità. “Un uomo simpatico, con una travolgente passione per il buon cibo e per le donne”, ha ricordato il lider maximo. Che in questo dialogo tra compagni – entrambi si definiscono “fieramente” di sinistra” – ha assunto in alcuni casi i panni dell’intervistatore e in altri quelli dell’intervistato.

E, inevitabilmente, la conversazione è scivolata sulla politica, a cominciare da un malcelato senso di nostalgia per le classi dirigenti del passato, quelle che seppero ricostruire l’Italia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’avvento della Repubblica. “Ai miei tempi la politica era fatta da gente come De Gasperi, Togliat­ti, Nenni, Sforza, Parri“, ha sottolineato Camilleri. Che poi ha aggiunto: “Si riscopriva la politica democratica come una cosa nuova, si gioiva della possibilità di esporre liberamente le proprie idee e di confrontarsi con gli altri, che non erano nemici ma avversari. E c’era una gran voglia di rifare l’Italia. Ora, a 92 anni, sento come se mancasse un autentico slancio nel tentare di rifare l’Italia“. Un sentimento che D’Alema ha trasferito anche a Bruxelles, il cuore dell’Unione europea, dove ci sarebbe bisogno “di riprendere slancio“. Ma, secondo l’ex presidente del Consiglio, le chance che ciò accada sono assai ridotte: “Non vedo una classe diri­gente europea che abbia la forza politica e il coraggio di decisioni forti. In fondo, quando Kohl decise di unificare la moneta tedesca dando ai tedeschi dell’Est un marco vero per ognuno dei marchi finti che avevano in tasca, prese una decisione che era contraria a ogni lo­gica economica ma che aveva la forza della politica e il coraggio della leadership. Era un investimento sul futuro: fare qualcosa che in quel momento non sembrava ragionevole ma che, garantendo la pace, ri­unificando la Germania, creava le condizioni per il futuro. Oggi una classe dirigente europea che abbia questo coraggio e questa visione io non la vedo“.

Fisiologico anche qualche riferimento polemico al Pd e al suo segretario Matteo Renzi, verso il quale – in più di un’occasione – sia Camilleri che D’Alema hanno speso parole fortemente critiche. “Oggi la realtà del Partito Democratico è quella di una forza che appare prigioniera di una guida personale: è diventato il partito di una persona”, ha commentato D’Alema che, non a caso, ha guidato la scissione dello scorso febbraio e poi il processo che ha portato al naufragio della possibile alleanza elettorale con i dem, senza dimenticare i tempi dell’opposizione interna a Renzi culminati nel No convinto espresso al referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. “Come il partito di Grillo è di Grillo e il partito di Berlusconi è di Berlusconi. Si è adeguato anche il Pd“, ha invece replicato secco Camilleri.  Secondo il quale, in sostanza, i democratici si sono spostati troppo al centro, fino al punto di dimenticarsi le loro origini di sinistra: “Mi sembra che in questo momento parlare di centrodestra e di centrosinistra sia un po’ un modo di barare al gioco. Perché il cen­trosinistra in realtà è centro, ed è già tanto che non sia solo destra. Anche se continua a spacciarsi per centrosinistra. A un certo punto avevo sperato veramente che si riuscisse in Italia a ripetere il miracolo che in Grecia fece Tsipras quando riuscì a riunire vari gruppi della sinistra. Ma la vedo difficile“. Come a dire che il Pd, con la sinistra, ha ormai poco a che vedere. Un’opinione, ovviamente, confermata pure da D’Alema: “Bisognerebbe cercare di fare emergere in Italia una possibilità diversa. È lo sforzo di queste settimane, di questi mesi: mettere in campo una possibilità diversa. Incontro molte persone che mi dicono: datemi qualcosa per cui votare, perché altrimenti rimango a casa“.

Idee, in fondo, analoghe i due le hanno espresse anche a proposito della rivoluzione tecnologica e digitale in corso, ritenuta una grande opportunità a patto, però, che venga governata nell’interesse collettivo. “Io di fronte alla tecnologia non mi spavento, mi spavento per l’uso che se ne fa“, ha rilevato Camilleri, prima di aggiungere: “Come l’invenzione dell’aereo, che è stata una cosa meravigliosa, ma poi è servita per sganciare la bomba su Hiroshima. Bisogna che la politica futura si interessi al corretto uso della tecnologia. Non so come potrà farlo, ma è una questione molto seria“. E lo stesso lo ha sottolineato pure D’Alema per il quale occorre che le istituzioni accompagnino la rivoluzione tecnologica con politiche di carattere sociale, per evitare che qualcuno resti troppo indietro o venga escluso, dimenticato o abbandonato in virtù dell’impatto inevitabile che il progresso sta producendo sulla società. Che poi è anche (o soprattutto) positivo, ha ricordato Camilleri che ha sottolineato quanto sia cambiato negli ultimi anni il lavoro di scrittore: “Tante cose sono diventate più facili. Molte ormai si fanno sen­za muoversi di casa, lavorando con la rete, da remoto. Per me è stato così“. Ed è un beneficio per tutti noi che possiamo ancora goderci i suoi libri e i suoi personaggi.

 

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