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Perché chiediamo la grazia per Marcello Dell’Utri. Parla Chiocci (Il Tempo)

Chiocci

Oltre cinquemila sottoscrizioni in pochi giorni per l’appello alla grazia lanciato dal quotidiano Il Tempo a favore di Marcello Dell’Utri, ex senatore di Forza Italia condannato in Cassazione a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri ha 76 anni e soffre di diverse patologie. La scorsa settimana il tribunale di sorveglianza di Roma gli ha negato la sospensione della pena: la richiesta di scarcerazione presentata un anno fa dalla famiglia era stata avanzata per l’aggravarsi dei suoi problemi di salute. Dell’Utri, detenuto a Rebibbia, soffre di cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa e diabete mellito. Il quotidiano romano ha preso a cuore la questione, chiedendo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella la concessione della grazia. La campagna è stata lanciata dal direttore Gian Marco Chiocci (per la sottoscrizione basta scrivere a firmaperdellutri@iltempo.it) a cui Formiche.net ha chiesto le ragioni dell’iniziativa.

Direttore, perché il vostro giornale ha intrapreso questa iniziativa?

Siamo stati i primi e gli unici a sollevare il problema che ora vede partecipi anche deputati e senatori di Forza Italia. Con Dell’Utri c’è da tempo uno scambio epistolare. Siamo venuti a conoscenza dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute negli scorsi mesi: oltre a un diabete in fase avanzata e alla sua anzianità, si è aggiunto un tumore alla prostata. Per i medici del carcere il suo stato di salute è incompatibile con la detenzione. Perciò tempo fa ci siamo fatti promotori di un primo appello, in attesa di conoscere la decisione del Tribunale di sorveglianza. Nei giorni scorsi siamo rimasti sorpresi: la richiesta è stata bocciata. Per loro può rimanere benissimo in carcere. Perciò abbiamo lanciato questa provocazione che è una proposta, sulla base dei benefici ottenuti da altri – come Ovidio Bompressi – nelle stesse condizioni di Dell’Utri. Non vogliamo per lui trattamenti di favore: facciamo semplicemente appello al rispetto della persona.

Nei confronti di Dell’Utri, secondo voi, si tratta di persecuzione politica?

Stiamo parlando di problemi di salute oggettivi e tutti documentati. Abbiamo in mano sentenze di casi molto simili che hanno ricevuto un trattamento diverso da quello di Dell’Utri. Non so è persecuzione politica, di certo è un problema politico. Dell’Utri è un personaggio noto in quanto politico, ha ancora un processo in corso che coinvolge la politica (la trattativa Stato-Mafia) e noi de Il Tempo lo seguiamo con grande attenzione. Non facciamo questa campagna perché è un vip: la facciamo per tutti i detenuti che vivono nelle sue condizioni.

Lontano dal campo del centrodestra avete raccolto messaggi di condivisione?

Abbiamo avuto persone che hanno firmato il primo appello dei mesi scorsi ma non il secondo, e altri che avrebbero voluto sottoscriverlo ma hanno ricevuto l’ordine di non esporsi così tanto per evitare strumentalizzazioni. Possiamo capirlo, siamo in campagna elettorale, a breve ci saranno le elezioni, ed esponenti di altre forze politiche non possono farsi strumentalizzare. Però noto che c’è un po’ più obiettività a sinistra rispetto al passato: lo dimostrano ad esempio le parole di Pier Luigi Bersani ed altri.

L’appello per Dell’Utri poteva valere anche per il boss Totò Riina?

Noi siamo iper-garantisti, vale anche per Riina e Bernardo Provenzano, nonostante quello che hanno fatto. Uno Stato forte ha delle regole, non può esistere questo scempio. C’è un limite a tutto, è ingiusto che i parenti non possano vedere e toccare i propri cari in quelle condizioni.

Il vostro appello ha raccolto tante firme, però probabilmente è un tema poco considerato dalla maggioranza degli italiani. Il nostro è un Paese che fatica a ragionare su temi che riguardano la giustizia? 

C’è un po’ di tutto questo. Se non si chiamasse Dell’Ultri ma avesse un altro cognome, la situazione sarebbe molto diversa. Purtroppo viviamo in uno Stato di perenne odio. Questo clima si è creato dalle monetine lanciate a Bettino Craxi nel 1993 all’uscita dall’hotel Raphael: siamo ancora fermi lì. C’è una voglia di vendetta, di rivalsa, dei cittadini sui politici. E Dell’Utri viene visto come rappresentante della politica. A me fa schifo questo modo di ragionare. La gente è stanca e poco informata, ma su queste vicende bisognerebbe fermarsi a pensare se non ci si è mai passati sopra. Sono battaglie che non portano voti e consenso, ma noi non siamo certo alla ricerca di quello, come giornale.

Siete in contatto anche in questo periodo con Dell’Utri?

Ci ha scritto di recente una lettera in cui spiega di non volere la grazia né sconti. Vuole solo essere curato e chiede giustizia, perché si reputa innocente rispetto a quella sentenza. Nel nostro scambio epistolare racconta le sue giornate in carcere, ma ora la situazione è preoccupante. Non vuole mangiare né assumere farmaci. Qualcuno deve intervenire al più presto mettendo mano al problema, altrimenti si aggraverà.

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