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Ecco come sul Medio Oriente (e non solo) Bergoglio guarda a Putin e Erdogan

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È uno sguardo rivolto a est, quello di Papa Francesco, che emerge dalle cronache delle ultime ore, in particolare attraverso due notizie strettamente interrelate alla politica internazionale, e giunte praticamente in sequenza. La prima, quella che emerge dalla dichiarazioni rilasciate giovedì all’agenzia russa RIA-Novosti dall’ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede Aleksandr Avdeev, in cui ha parlato, con toni ottimistici, di “un’ampia cooperazione” tra Mosca e il Vaticano. La seconda, è quella della conversazione telefonica avuta venerdì dal pontefice con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in cui si è parlato dell’attuale situazione di Gerusalemme e del Medio Oriente, in seguito alla decisione del presidente americano Donald Trump di riconoscere giuridicamente la Città santa come capitale di Israele, spostandovi l’ambasciata.

LE PAROLE DELL’AMBASCIATORE AVDEED ALL’AGENZIA DI STAMPA RUSSA

“Come ha detto il Papa, Gerusalemme è la città sacra delle tre religioni abramitiche, e non va politicizzata facendone la capitale di uno Stato”, ha affermato Avdeev nell’intervista, che non si è però limitata a questa vicenda, ma ha toccato un ben più ampio spettro di temi, legati alla geopolitica, alla Chiesa Cattolico-romana, alle “fondamenta etico-morali” della civiltà cristiana “come la famiglia o i figli”, al Medio Oriente, alla visita di Putin in Vaticano e a un ormai sempre più probabile viaggio futuro di Bergoglio a Mosca. “La situazione attuale del mondo offre un ampio spazio di cooperazione, di fronte alla distruzione delle fondamenta etico-morali della civiltà cristiana, che si riferiscono sia ai credenti che ai non credenti”, ha infatti spiegato l’ambasciatore, parlando del rapporto tra i due Stati. “Entrambe le nostre Chiese vedono in questo una grande minaccia. Si sta distruggendo l’istituto della famiglia e del matrimonio, la nascita e l’educazione dei figli. Le persone cominciano a vivere non secondo le norme della civiltà cristiana, e questo non può non preoccupare sia i cattolici, sia gli ortodossi”.

“AL VATICANO INTERESSA LA NOSTRA ESPERIENZA CON I MUSULMANI, A NOI LA LORO SULLA FAMIGLIA”

Dialogo, a detta dell’ambasciatore, “molto aiutato” dalle dichiarazioni di Francesco sul rapporto dei cattolici con gli ortodossi. “Anzitutto ha condannato il proselitismo come un peccato”, ha affermato Avdeed. Poi, “ha sostenuto che la collaborazione e il dialogo” vanno svolti “alle condizioni di pari dignità, e secondo il principio per cui ciascuno deve rimanere se stesso”. Avdeed ha poi messo in evidenza la collaborazione tra le due Chiese “nel fornire aiuti umanitari in Medio Oriente”, nelle “esperienze di lavoro nella sfera sociale”, rivelando poi che “l’esperienza” russa “interessa molto al Vaticano, in particolare nell’ambito dei rapporti tra i cristiani e i musulmani nel nostro territorio” in “cinque secoli di convivenza”. Mentre “a noi russi interessa molto l’esperienza dei cattolici nel campo della formazione religiosa e della conservazione dei valori della famiglia”, ha spiegato il russo, citando nello specifico gli ultimi due sinodi della Chiesa Cattolico-romana sulla famiglia. Che hanno prodotto, ha aggiunto, analisi così dettagliate che “non sono state compiute nemmeno all’Onu”.

L’IMMINENZA DI UNA PROBABILE VISITA DI BERGOGLIO A MOSCA, DOPO QUELLA DI PAROLIN

Il punto di fondo è quindi che le relazioni tra i due “si distinguono per la crescita della fiducia”. Testimoniate, secondo l’ambasciatore, dalle visite di Putin in Vaticano. “C’è simpatia reciproca, che si basa non soltanto sulle questioni ecclesiastiche, ma anche nei confronti delle principali questioni internazionali”, ha detto ancora all’agenzia russa. Citando “lo spirito della dichiarazione dell’Avana” nel febbraio 2016, in cui ad incontrare Bergoglio, nella capitale cubana, è stato il patriarca di Mosca Kirill. Ricordando poi le varie collaborazioni attive tra la Santa Sede e la Russia, con l’allestimento di mostre comuni e di scambi di opere. E infine, parlando di un’eventuale viaggio di Francesco a Mosca, Avdeed ha rievocato le parole del metropolita Ilarion: “Ogni giorno che passa, ci avvicina a questo evento”. Così che gli uffici vaticani, secondo quanto ha scritto La Repubblica, starebbero lavorando assiduamente a questa visita, in particolare per mano del cardinale Parolin, reduce da un recente viaggio in Russia, di solamente lo scorso agosto, in cui ha incontrato a quattrocchi lo stesso presidente russo Vladimir Putin.

LA CHIAMATA DI ERDOGAN A PAPA FRANCESCO SU GERUSALEMME

La seconda vicenda invece, che vede lo sguardo di Papa Francesco sempre rivolto verso il vicino Oriente, riguarda il colloquio telefonico avvenuto nel pomeriggio di ieri con il presidente turco Erdogan su Gerusalemme. “La conversazione ha avuto luogo per iniziativa del Presidente turco”, ha subito precisato la vice direttrice della Sala Stampa vaticana Paloma Ovejero, senza però aggiungere alcuna indiscrezione sui contenuti della chiacchierata. Il quotidiano filogovernativo turco “Daily Sabah”, citato da Agenzia Nova, ha invece scritto che i due avrebbero ribadito ancora una volta, come avvenuto anche nei giorni scorsi, “l’importanza di preservare lo status quo della città santa per le tre religioni monoteiste – ebraismo, cristianesimo e Islam – al fine di garantire la stabilità nella regione”. Aggiungendo poi che entrambi hanno “accolto con favore la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite contro il riconoscimento statunitense di Gerusalemme come capitale di Israele”, e che è stata infine concordata una riunione imminente “per discutere della questione di Gerusalemme, delle relazioni bilaterali e degli sviluppi internazionali”. Quindi pare che, oltre a Putin, Papa Francesco abbia un altro importante incontro alle porte.

LO SCIOGLIMENTO SEMPRE MAGGIORE DELLE TENSIONI DIPLOMATICHE

La chiamata di Erdogan arriva subito dopo il ritorno del presidente turco da un viaggio in Africa, precisamente in Sudan, Ciad e Tunisia. Paesi in cui la Turchia punta a un maggiore impegno diretto, cercando quindi la sigla di accordi sempre più stringenti. Su Gerusalemme, la voce di Erdogan si era già sentita più volte, e sempre in reazioni immediate, segno del suo forte interesse per l’area. In particolare per le relazioni del suo Paese con Israele, storicamente rivolte verso l’Occidente, e per il fatto che allo stesso tempo Ankara vorrebbe ritagliarsi un ruolo di guida dei Paesi islamici. Già a inizio dicembre il “Sultano” aveva infatti alzato la cornetta per contattare Bergoglio e mettere in luce la sua volontà di conservare lo status quo nell’area della Città Santa. Interrompendo quella tensione diplomatica che aveva avuto origine dalle parole espresse da Bergoglio, nel suo viaggio apostolico in Turchia, sulle deportazioni degli armeni da parte dell’impero ottomano del 1915. Francesco nell’occasione li descrisse, in linea con diversi storici e studiosi come il tedesco Michael Hesemann o ancora prima il turco Taner Akçam, che venne arrestato per l’utilizzo dello stesso termine, “genocidio armeno”. Il governo turco invece ancora oggi non riconosce quello stesso termine, usato dal Papa. Ma il tema del conflitto israelo-palestinese, e in particolare la convergenza sulla soluzione cosiddetta “a due Stati”, è stata l’occasione per fare rimettere in contatto i due Stati.

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