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Che cosa possono fare i giornalisti contro le fake news

Solo il giornalismo di qualità può arginare il dilagare delle fake news“. Parola del direttore dell’agenzia di stampa Dire Nico Perrone che in questa conversazione con Formiche.net ha affrontato uno dei temi di maggiore attualità nel dibattito pubblico italiano e internazionale: la moltiplicazione e sempre più rapida diffusione in rete delle bufale. Notizie false ma spacciate per vere che attraverso internet e i social network finiscono con il diventare virali e poi globali nell’arco di poche ore. Con tutte le ripercussioni del caso. “Ma sono sempre esistite“, ha ricordato Perrone, che poi ha raccontato: “Quando ero un giovane cronista, si parlava di polpette avvelenate“.

Solo che da allora – ha sottolineato ancora il giornalista – le cose sono cambiate e non poco. Nel senso che “la velocità di propagazione delle notizie – comprese quelle false – è aumentata vertiginosamente“. Ed è soprattutto sotto questo profilo, ad avviso di Perrone, che può parlarsi pienamente di “emergenza fake news“. “In pochi istanti una bufala si diffonde in tutto il mondo e in profondità con conseguenze in alcuni casi anche molto gravi“, ha aggiunto il direttore dell’agenzia Dire. Secondo il quale – come peraltro emerso in diverse occasioni nelle ultime settimane – dietro la creazione delle fake news si annidano interessi sia di carattere politico (qui l’approfondimento di Formiche.net con le accuse dell’ex vicepresidente Usa Joe Biden a proposito della presunta ingerenza russa in occasione della campagna referendaria del 4 dicembre 2016) che di natura economica: “L’avvento dei social network ha trasformato completamente il quadro. Perché ha fatto sì che ogni bufala – postata da chiunque in qualsiasi parte del mondo – possa diventare immediatamente virale e percepita come vera, o verosimile, da un numero incredibilmente alto di persone. E ciò vale per le notizie come per le immagini“.

A tal proposito Perrone ha citato quanto avvenne nel marzo del 2017 dopo l’attentato sul ponte di Westminster a Londra. In una delle foto scattate in quei momenti drammatici compariva una donna araba con l’hijab intenta a parlare al telefono: “Quando la foto venne diffusa sui social, in molti la descrissero e presentarono come se la signora fosse stata assolutamente indifferente alla tragedia che si era consumata accanto a lei. Addirittura in Italia ci fu chi la strumentalizzò in chiave anti Ius Soli. Invece quella donna stava semplicemente chiamando i soccorsi e avvertendo i suoi familiari“. Una fake news in piena regola dunque, una bufala divenuta globale sulla rete e sui social nell’arco di pochissime ore. Ma c’è forse, anche in questo episodio, una lezione da imparare: “Tocca a noi giornalisti fare il nostro mestiere e ricostruire rapidamente e correttamente i fatti. Per ogni falsa notizia, c’è sempre una verità che deve essere svelata il prima possibile. Dobbiamo puntare sul giornalismo di qualità, quello vero“.

D’altro canto – ha affermato Perrone – al tema delle fake news si collega anche “una questione di carattere culturale che attiene al corretto utilizzo dei social network, perché altrimenti la situazione rischia di degenerare ulteriormente“. Senza contare la necessità di intervenire anche sul versante della formazione per consentire alle persone di capire autonomamente quale notizia sia vera e quale, invece, no. Occorre, quindi, che i cittadini abbiano gli strumenti culturali necessari a orientarsi in questo mare magnum di informazioni che, in alcuni casi, risultano essere completamente false: “Un problema di educazione civica c’è senz’altro. Bisogna lavorare fin dalle scuole per insegnare ai ragazzi e alle ragazze come stare correttamente su internet e sui social e consentirgli di distinguere le notizie vere da quelle inventate. Un processo nel quale ritengo sia fondamentale coinvolgere anche l’ordine dei giornalisti“.

Per porre un freno al fenomeno – e, quindi, punire chi volutamente diffonde sul web bufale e falsità – c’è anche chi ha proposto di varare un’apposita legge. Prospettiva rispetto alla quale Perrone si è detto d’accordo, pur evidenziando la necessità di prevedere una serie di cautele per evitare che questa eventuale normativa possa, in qualche modo, sostanziarsi in una riduzione o compressione della libertà di stampa: “Ormai è noto che esistono vere e proprie centrali che vivono di fake news. Anche perché sul web la pubblicità si raccoglie con i click ed è ovvio che più grandi sono le bufale e più gli utenti finiscono con il cliccare determinati articoli. Credo si debba colpire soprattutto queste realtà: una legge in questo senso sarebbe importante. Sono d’accordo con chi la propone. Ma bisogna fare attenzione che attraverso l’introduzione di troppe regole non si vada a impedire la libera circolazione delle idee e delle opinioni“. In questo senso un’ipotesi sarebbe quella di stabilire che a molti portali web – almeno a quelli di informazione vera o presunta – vengano applicate le prescrizioni già contenute nella legge sulla stampa che impone una serie di limiti e attenzioni: “Fisserei un parametro ben preciso in virtù del quale prevedere che, in presenza di determinate condizioni, si debbano applicare ai siti web le stesse regole al cui rispetto siamo tenuti tutti noi giornalisti“. E infine – ha osservato ancora Perrone – sarebbe altresì necessario “responsabilizzare e coinvolgere i giganti della rete come Google, Facebook e Twitter nella lotta alle fake news“. La verità, insomma, può tornare a prevalere ma solo con uno sforzo condiviso a tutti i livelli: dalle istituzioni alle imprese fino ai giornalisti.

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