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Ecco le proposte del M5s sullo sviluppo economico italiano

Economia circolare, ridiscussione dei trattati europei con possibile rimozione dei vincoli, nuovi obiettivi – non solo di profitto economico – per le società pubbliche e partecipate. Le politiche di sviluppo economico sono al centro dell’ultima votazione sulla piattaforma Rousseau del Movimento 5 Stelle, in cui gli iscritti da mesi esprimono le loro preferenze nella composizione del programma di governo targato 5 Stelle. In attesa dei risultati del voto, ecco quesiti e proposte presenti su Rousseau in questa ultima votazione.

UN NUOVO MODELLO PER L’ITALIA

Quali linee politiche deve seguire il modello di sviluppo economico italiano? Su questo quesito, tanto generico quanto inclusivo, è chiamata a pronunciarsi la base del Movimento esprimendo tre preferenze su una lista di sette proposte (che, a rigor di logica, rientrano tutte nel programma): meno globalizzazione e più localizzazione della produzione; prolungamento della durata d’uso dei prodotti; promozione della cultura del consumo consapevole; maggiore tutela dei prodotti italiani nei mercati esteri; spinta all’innovazione tecnologica per il superamento del gap innovativo e lo sviluppo di nuovi ambiti e nuovi settori produttivi; vincolo delle risorse economiche pubbliche destinate alle imprese alle sole finalità di investimento sul territorio nazionale; coinvolgimento diretto dello Stato e della Pubblica Amministrazione nei processi di rilancio del Paese, attraverso le società pubbliche e partecipate. Questi sette punti compongono il primo quesito sul programma sviluppo economico e che ne disegnano l’impalcatura generale.

SOCIETÀ PUBBLICHE E PARTECIPATE

In un’ottica di ottimizzazione delle risorse nazionali, alla base del Movimento si chiede come sfruttare al meglio le società pubbliche e partecipate (come Eni, Enel, Fincantieri, Saipem, Snam, Terna, Ansaldo Energia, Italgas). Su cinque proposte, la base deve indicare una priorità scegliendo tra “rigida valutazione dell’azione delle società pubbliche statali in base a obiettivi predefiniti”; “stringente definizione dei requisiti di onorabilità e contrasto ai conflitti di interesse nelle nomine dei vertici delle società pubbliche”; “razionalizzazione e riorganizzazione delle società e partecipate pubbliche valutandone i servizi e le funzioni offerte”; “aumento della percentuale di utile delle imprese pubbliche da dedicare al comparto della ricerca e dello sviluppo”; “ridimensionamento degli investimenti esteri delle imprese pubbliche a favore di investimenti sul territorio nazionale”.

INDUSTRIA ITALIANA E ECONOMIA CIRCOLARE

Come rilanciare, invece, la produzione delle imprese italiane e la creazione di valore? Tre le proposte: 1) Estensione delle agevolazioni a favore delle imprese per l’acquisto di nuovi beni strumentali e servizi ad alto valore tecnologico; 2) creazione di un modello collaborativo PA-Imprese-Università per le nostre città intelligenti; 3) incentivazione dei corsi di formazione universitari dedicati agli innovatori di domani. Di queste, una sarà la priorità su cui si concentrerà il programma del Movimento. A queste proposte (contenute nel quesito sull’Industria 4.0) si aggiunge anche la domanda su “Innovazione e industria”, in cui si chiede su cosa puntare per rilanciare l’industria attraverso modelli di economia circolare. Tra le proposte, l’uso di strumenti che mostrino l’impatto ambientale della produzione dei prodotti; lo sviluppo e l’utilizzo della reportistica integrata che evidenzi la capacità di creare valore (non solo economico); poi ancora politiche di coinvolgimento della cittadinanza in modo da renderla più responsabile e consapevole negli acquisti; regolamentazione che incentivi il riuso il recupero e il riciclo di materiali e incentivi per superare le barriere tecnologiche che bloccano l’innovazione nelle piccole e medie imprese.

SVILUPPO DEL MADE IN ITALY

La politica commerciale italiana e europea ha bisogno di crescere, ma non solo economicamente. Un nuovo modello italiano, più efficiente e innovativo, potrebbe aprire ambiti di crescita anche in Europa. Per questo, la base del Movimento è stata chiamata a pronunciarsi sui punti fondamentali su cui si dovrebbe concentrare la politica commerciale ed europea, scegliendo una priorità tra sette proposte: 1) agevolazione della nascita di nuove imprese mediante l’eliminazione delle barriere (come, ad esempio, il contributo minimale INPS per i soci amministratori e dipendenti); 2) istituzione di nuovi spazi condivisi di lavoro (coworking) da realizzare presso locali in disuso della pubblica amministrazione, previa riqualificazione energetica e antisismica delle strutture; 3) incentivazione delle esperienze di rete di imprese per scambiare conoscenze e prestazioni industriali, commerciali e tecnologiche; 4) promozione all’estero dei procedimenti e dei casi di successo italiani evidenziando le opportunità che il Paese presenta per gli investitori; 5) potenziamento dei sistemi di Visto per le professionalità nel campo dell’alta tecnologia, quando si trasferiscano in Italia per costituire società innovative o per prestare servizio presso società innovative; 6) conversione dei sistemi della pubblica amministrazione verso gli standard di interoperabilità, i quali garantiscono un più efficiente funzionamento della macchina amministrativa attraverso la maggiore capacità di cooperare e scambiare informazioni tra sistemi di amministrazioni e istituzioni differenti; 7) massimo sfruttamento degli open data, per rendere il cittadino più consapevole e per favorire la nascita di nuove imprese in grado di sfruttare i dati e creare nuovi servizi innovativi.

LO SGUARDO ALL’ESTERO

Potenziare le imprese italiane da una parte e capire come guardare all’Europa e all’estero dall’altra. La base del Movimento si deve esprimere sulla politica commerciale che dovrebbe perseguire l’Italia (e poi, di conseguenza, l’Europa). La scelta è tra la “completa e rapida rimozione di tutte le barriere al commercio globale, come già avviene, sostenendo in modo incondizionato la logica dei trattati di libero scambio e le attuali politiche europee in materia di commercio”; oppure sulla “ricerca di un giusto equilibrio tra apertura del mercato (import/export) e tutela degli interessi sociali ed economici dei cittadini prevedendo, qualora fosse necessario, anche politiche di protezionismo economico e commerciale, quali dazi doganali e quote di importazione” oppure su “politiche di protezionismo totale e di chiusura radicali, puntando su produzione e consumo interno, sull’aumento o introduzione di dazi doganali, accettando però rischi quali l’aumento dei prezzi di alcuni beni, la penalizzazione delle esportazioni e la minore competitività della produzione italiana sul piano globale”.

TRATTATI E VINCOLI EUROPEI

Gli ultimi due quesiti si concentrano sui trattati europei e sui vincoli di bilancio. Alla base si chiede se si ritiene che tali vincoli europei, contenuti nei trattati, vadano “rinegoziati radicalmente” e “nel caso in cui le negoziazioni conducano a compromessi al ribasso debbano essere rigettati per il bene degli italiani”. Si chiede, infine, le priorità da perseguire nelle rinegoziazioni dei vincoli: 1) investimento di risorse in settori produttivi e nella politica industriale attraverso lo sforamento del 3% deficit/Pil; 2) esclusione delle spese di investimento per l’istruzione e per la ricerca dal vincolo del 3% deficit/Pil; 3) sostegno alle imprese esportatrici tramite svalutazione monetaria nei confronti delle valute concorrenti; 4) abbattimento del rapporto debito/Pil attraverso lo sviluppo economico del Paese e la ricerca di una inflazione moderata; 5) finanziamento di misure di integrazione dei redditi sotto la soglia di povertà e di sostegno economico per le famiglie senza reddito; 6) riduzione drastica della pressione fiscale sui redditi d’impresa e sui redditi da lavoro.

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