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L’immigrazione al centro dell’incontro (scontro?) fra Macron e May

Macron

Per Iain Dunca Smith, storico esponente del mondo conservatore inglese, è una “richiesta  assurda” quella del presidente francese. La stampa inglese tutta è impegnata a commentare un Emmanuel Macron che ha messo in agenda un imminente viaggio al numero 10 di Downing Street e, in cima agli ordini del giorno, una richiesta in particolare: che l’Inghilterra aiuti a finanziare i controlli a Calais. La Francia avrebbe, pare, tutte le intenzioni di presentare a Theresa May, infatti, il conto per nuove ‘postazioni alla dogana’ lungo la Manica dopo la Brexit.

Quello che la stampa inglese ha battezzato come ‘il caso francese‘ nasce dalla probabile necessità di nuovi accordi doganali necessari quando la Gran Bretagna avrà lasciato ufficialmente la Ue. L’immigrazione, una delle motivazioni principali che ha condotto l’Inghilterra di Cameron al referendum sulla Brexit, continua ad essere, pertanto, uno degli aghi della bilancia nel corso delle trattative di divorzio.

May sta già spendendo milioni per ‘aggiornare’ la dogana a Dover e in altri porti chiave dell’isola al fine di essere pronti anche al famoso ‘no-deal’. Ma Parigi ritiene che la Gran Bretagna debba anche condividere i costi aggiuntivi nell’ambito del trattato Le Touquet. Si tratta dell’accordo – che prende il nome dall’omonimo comune francese situato nel dipartimento del Passo di Calais – che francesi e inglesi firmarono nel 2003, quando la tensione nei campi profughi di Calais diventava imponente e preoccupante. Il Trattato decretò che la polizia britannica potesse svolgere la sua attività di controllo sulla sponda francese del Canale, e il Regno Unito si impegnava a fornire un contributo economico per fronteggiare i costi di recinzione pari a circa 15 milioni di euro, a cui se ne aggiunsero altri 10 nel 2015.

Dopo il voto al referendum sulla Brexit, Xavier Bertrandt, presidente della Regione Nord-Passo di Calais-Piccardia, twittò, “gli inglesi hanno voluto riprendersi la propria libertà, ora devono riprendersi anche il proprio confine”. E una dichiarazione analoga è arrivata, più tardi, anche da Macron. La paura di vedere l’accordo fallire ha trasmesso un po’ di isteria ai francesi, perché vorrebbe dire ancora più disordine nel girone dell’immigrazione incontrollata. E lo sanno bene sia inglesi che francesi.

Il Telegraph infatti ha riferito che già da tempo alti funzionari e politici francesi stanno tenendo riunioni con le loro controparti britanniche sulla questione. La stampa francese spera che il Regno Unito ceda al corteggiamento di Macron, tirando in ballo cifre astronomiche in sterline, ma gli inglesi non intendono farsi sfilare ancora il portafogli.  E Duncan Smith ribadisce, “non vi è alcun motivo logico o giuridico per cui la Gran Bretagna dovrebbe pagare. È un’assurdità. Theresa May può sorridere dolcemente al bel Macron e dirgli che non ci sarà un soldo in più rispetto a quanto già concordato. Abbiamo già detto quanto pagheremo, e se poi la Ue vuole dare un po’ di quei soldi alla Francia, sono problemi loro, non nostri”.

Anche il cancelliere Philip Hammond ha confermato che il budget proposto prevede già denaro da assicurare ai porti britannici per la Brexit. Insomma, il messaggio per Macron è chiaro: non siamo degli sprovveduti e l’immigrazione è in cima alle nostre preoccupazioni.  Ma lo stesso vale per monsieur Macron. Il presidente celebrato dall’élite e che si è presentato come il paladino di un’Unione europea che doveva tornare agli antichi splendori, dopo essersi scontrato con la realtà francese, è tra i leader più anti europei del vecchio continente, come denuncia anche un ritratto comparso sulle pagine di Politico un po’ di tempo fa.

Il presidente francese, infatti, sta aumentando le espulsioni dei migranti e stringendo misure e controlli.  I critici sostengono che la politica sempre più severa di Macron sui migranti – sebbene avvolta in un manto di bontà – contraddica la sua immagine di ‘umanista’, che ha vinto contro la populista e anti-immigrazionista Le Pen, e che sta superando la linea dei diritti umani come pochi altri presidenti prima.

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