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No arresti ma Sì Tap. Ecco perché

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La decisione assunta durante le discussione parlamentare sulla legge di bilancio di stralciare la norma proposta dal Governo di punire con l’arresto manifestazioni violente contro il cantiere della Tap in Puglia merita qualche riflessione.

Contro l’approdo del metanodotto – che porterà il gas dall’Azerbajan in Europa e che approderà in Italia nei pressi della spiaggia di San Foca nel Comune costiero di Melendugno nel Salento – da lungo tempo è in corso una battaglia politica che vede contrapposti da un lato il Governo, le imprese che dovranno realizzare l’opera, e alcuni parlamentari salentini, e dall’altro il sindaco di Melendugno irriducibilmente contrario all’approdo nel suo territorio dell’opera, i movimenti No Tap, i Vescovi di alcune diocesi della provincia – che sulla scia dell’Enciclica Laudato Si di Papa Francesco sono contrari ad opere tuttora legate la trasporto di combustibili fossili – e numerosi sindaci che della zona che solidarizzano con il collega del Comune interessato.

Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano a sua volta vuole il gasdotto, ma da tempo ne propone l’approdo più a nord e cioè nel territorio di Brindisi, anche per ridurre il costo delle opere di allacciamento del nuovo metanodotto alla rete di trasmissione del gas verso Nord. Inoltre, dopo l’incidente in Austria nella stazione di interconnessione del gasdotto che arriva dalla Russia ha presentato un esposto alla Magistratura, affermando che per l’opera sarebbe necessaria l’applicazione della Direttiva Severo per il rischio di incidente rilevante, mentre Ministero dell’ambiente e il Consorzio per la realizzazione del metanodotto la escludono.

Ora la proposta del nuovo approdo da parte della Regione – oltre ad incontrare la dura contrarietà degli amministratori e della popolazione di Brindisi che già in passato si erano opposti alla costruzione del rigassificatore della British Gas, altra vicenda locale, ma di rilievo internazionale, durata dieci anni e conclusasi con l’abbandono dell’investimento da parte della società inglese che pure aveva già speso 200 milioni per costruire la piattaforma su cui edificare l’impianto – non è in alcun modo praticabile non avendo superato in passato la valutazione di impatto ambientale.

La soluzione alla fine scelta dal Governo e dalle imprese è quella che ha superato tutte le valutazioni in materia di ricadute sugli ecosistemi territoriali, ma i nullaosta ricevuti dalle competenti Autorità ministeriali non hanno in alcun modo tranquillizzato i comitati NO tap che, dopo ripetute e pacifiche manifestazioni di massa contro la costruzione del gasdotto, sono arrivati con alcune loro frange più estremiste a promuovere invece dimostrazioni non proprio pacifiche nei pressi dei primi cantieri dell’opera che di fatto è stata presidiata dalla forza pubblica.

Ora la decisione che era stata assunta in sede governativa di giungere all’arresto di coloro che avessero manifestato con violenza contro i cantieri, come ha scritto qualcuno, avrebbe potuto anche apparire eccessiva e rappresentare un getto di benzina sul fuoco: e tuttavia, quando un’opera ha ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie e la sua realizzazione viene eseguita con i più accurati accorgimenti costruttivi per ridurne al massimo l’impatto sull’ecosistema di arrivo e di attraversamento, come potrebbe essere tutelato il diritto dei proponenti il progetto alla sua realizzazione che sul versante italiano è già in ritardo?

Certo, nessuno auspica arresti di massa fra i gruppi sociali ostili all’opera, ma è anche vero che deve essere garantito operativamente e sul cantiere un diritto costituzionalmente sancito alla realizzazione di un intervento economico – peraltro di importanza strategica per l’Italia in quanto ne diversifica le fonti di approvvigionamento – che abbia superato il vaglio tecnico severo delle Autorità competenti. Come isolare allora le frange più consistenti di oppositori che rifiutano ogni dialogo con l’azienda e che potrebbero anche sentirsi implicitamente autorizzati a intensificare le loro azioni violente contro il cantiere del gasdotto? Il sindaco di Melendugno certo le condanna pubblicamente, bisogna dargliene atto, ma un’irriducibile opposizione come la sua all’opera prevista senza neppure volersi confrontare con i tecnici che l’hanno accuratamente progettata, non rischia al di là delle sue intenzioni di costituire alimento per un dissenso che, pur volendo restare sul terreno della protesta pacifica, rischia tuttavia in molti casi anche per infiltrazioni di elementi facinorosi di sfuggire al controllo degli amministratori locali più equilibrati?

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