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Seguire il Vasari per ritrovare Raffaello e il senso della Bellezza

E Giulio e Giovanfrancesco si misero subito d’ordine del Papa a finire tutti lieti la detta sala di Gostantino, e gettarono per terra tutta la facciata coperta di mistura per dovere essere lavorata a olio; lasciando però nel suo essere due figure, ch’eglino avevano prima dipinte a olio, che sono per ornamento intorno a certi papi: e ciò furono una Iustizia et un’altra figura simile. Era il partimento di questa sala, perché era bassa, stato con molto giudizio disegnato da Raffaello, il quale aveva messo ne’ canti di quella, sopra tutte le porte, alcune nicchie grandi, con ornamento di certi putti che tenevano diverse imprese di Leone, gigli, diamanti, penne et altre imprese di casa Medici.
Siamo nel 1568 e Giorgio Vasari ci consegna un’opera fondamentale ancora oggi fonte essenziale per comprendere le vicende connesse ai pittori con il relativo inquadramento storico per farci capire tecniche ed evoluzioni.
Nel suo “Vite dei più brillanti pittori, scultori e architetti” Il Vasari dunque ci informa che nell’ultimo periodo di vita Raffaello iniziò a lavorare ai dipinti di due figure femminili, sperimentando una nuova tecnica di pittura a olio.

Siamo alla fine del 2017 e i due dipinti sono stati ritrovati, durante le operazioni di pulizia e di restauro.
Con un suggeritore speciale: proprio il Vasari.
Una storia affascinante che ci fa riflettere su quanto le fonti siano importanti perché ci guidano e ci indicano la strada anche a distanza di secoli. Come è stato giustamente osservato si tratta di un ritrovamento sensazionale e una tappa evolutiva della tecnica pittorica. Parole che diventano realtà.

Giulio (Romano), intanto, e Giovanfrancesco (detto il Fattore) diedero fine a molte cose di Raffaello ch’erano rimaste imperfette, e s’apparecchiavano a mettere in opera parte de’ cartoni, che egli avea fatto per le pitture della sala grande del palazzo, nella quale aveva Raffaello cominciato a dipignere quattro storie de’ fatti di Gostantino imperatore, et aveva, quando morì, coperta una facciata di mistura per lavorarvi sopra a olio, quando s’avvidero Adriano, come quello che né di pitture o sculture, né d’altra cosa buona si dilettava, non si curare ch’ella si finisse altrimenti.

Questa scoperta ha un significato importante perché è lo stesso concetto di bellezza sublime che prende forma e si materializza in tempi in cui tutto sembra già visto e sfuggente. Le due figure rivestono non solo un altissimo valore artistico, ma contengono un messaggio di grande attualità. La Giustizia e l’Amicizia: sembra quasi che Raffaello si sia fatto ritrovare per comunicarci il Valore di due parole che nel corso dei secoli sono molto cambiate. Tradite dall’agire umano. Sommerse da una crosta e celate dall’occultamento che li priva alla vista di chi li sente dentro come gemme preziose. Così la Giustizia torna a splendere con i suoi colori cangianti e con i suoi elementi di equilibrio e senso della misura. E poi l’Amicizia ormai persa nella fretta di superare il prossimo. Una fedeltà che stenta ormai a riprendere la sua tinta originale.
E allora la mano di Raffaello trasmette ancora oggi il senso della purezza e questo ritrovamento nelle sue Stanze nei Musei Vaticani ci deve stimolare a generare bellezza, a dare maggiore spazio nelle nostre vite al colore e alle sfumature. Dobbiamo avere quale obiettivo quello di difendere il senso delle nostre ricchezze. Non solo con affermazioni di principio ma con azioni concrete. Vedere un’opera da molto vicino e fermarsi a contemplare. Capire il “cartiglio” nascosto dell’artista. Osservare il sospeso, il dettaglio. Lo stesso Vasari nella pagina dedicata a Raffaello ha riservato parole altissime quasi sacrali. Insomma il pittore di Urbino è stato una figura divina capace di stupire all’epoca come adesso con la stessa forza. E allora scoperte del genere ci dicono che per taluni perfetti la morte è davvero un passaggio verso la vita, verso una nuova vita. Ecco allora che il ricordo del Vasari si fissa per sempre tra le pagine immortali, come l’opera di questo giovane di Urbino pieno di grazia.


Quanto largo e benigno si dimostri talora il cielo nell’accumulare in una persona sola l’infinite richezze de’ suoi tesori e tutte quelle grazie e’ più rari doni che in lungo spazio di tempo suol compartire fra molti individui, chiaramente poté vedersi nel non meno eccellente che grazioso Raffael Sanzio da Urbino. Il quale fu dalla natura dotato di tutta quella modestia e bontà che suole alcuna volta vedersi in coloro che più degl’altri hanno a una certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d’una graziata affabilità, che sempre suol mostrarsi dolce e piacevole con ogni sorte di persone et in qualunche maniera di cose.

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